Vukovar e l'imbroglio etnico

Creato il 18 novembre 2014 da Pasudest
Ventitre anni fa cadeva la città croata di Vukovar dopo quasi tre mesi di pesante assedio da parte dell'esercito ancora ufficialmente federale jugoslavo ma di fatto serbo, e delle milizie paramilitari - le "Aquile bianche" e le "Tigri" del Comandante Arkan - che nei giorni seguenti si resero responsabili di una feroce pulizia etnica. Tutt'oggi Vukovar è considerata dai croati "città martire" della guerra e il suo nome appare sempre nel triste rosario delle località teatro dei crimini contro l'umanità compiuti durante le guerre jugoslave degli anni '90. Tuttavia, quella etnica è solo una delle chiavi per comprendere la natura dei conflitti che accompagnarono la dissoluzione della Jugoslavia. I popoli balcanici erano divisi, certo, ma quanto ha pesato la propaganda nazionalista, la manipolazione della storia e l'uso distorto delle mitologie nel far esplodere in maniera tragica la ormai irreversibile crisi del sistema titino? Quella etnica è stata certamente una componente, ma non ne è stata la causa che va ricercata, invece, nei giochi di potere e negli interessi di politici senza scrupoli, dentro e fuori i Balcani.
In occasione dell'anniversario della caduta di Vukovar, come utile elemento di riflessione, riporto qui di seguito l'articolo di Matteo Zola pubblicato due anni fa su Eastjournal,net
Quando i serbi sparavano sui serbi. Vukovar e l’imbroglio etnico
di Matteo Zola - 17 ottobre 2012
Quello di Vukovar non fu un assedio, fu un sacrificio rituale, un urbicidio. Fu il trionfo dell’inganno, il giro di valzer del gran ballo in maschera dove demoni e lupi danzavano sulle macerie della Jugoslavia. La storia ci racconta che Vukovar, città che in quel 1991 di guerra era al 44% croata e al 37% serba (il resto si divideva in sedici nazionalità minori, tra cui la tedesca, la magiara e l’italiana), fu assediata dalle truppe dell’Armata Popolare (l’esercito jugoslavo, nda) che presto lasciò il campo ai paramilitari serbi di Arkan e Seselj, le famigerate Tigri e Aquile bianche. L’esito fu un eccidio e un esodo dei croati dalla “loro” città mentre, il 17 novembre 1991, i serbi entravano tra le macerie di Vukovar. Poi, all’alba del 4 agosto 1995, la città veniva “riconquistata” dai croati che, a loro volta, si abbandoneranno alla pulizia etnica nei confronti della popolazione serba. Una doppia pulizia etnica che ha, di fatto, consacrato la chiave di lettura “razziale” del conflitto jugoslavo. Certo i crimini ci sono stati, ambo le parti, ma la chiave di lettura etnica convince poco. Vediamo perché.
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