Lungi da me essere irriverente, soprattutto verso tutti i credenti che hanno un rapporto con dio pulito e di intensità straordinaria.
Ma certe volte si supera la decenza.
Io rispetto il ministero del pontefice, la sua azione costante e incalzante per mantenere viva l'attenzione su sulle sue attività, teologiche e sociali e politiche.
Mi sembra un po' quella sequenza del viaggio nel tempo di Troisi e Benigni in 'Non ci resta che piangere', in cui continuano a incontrare il religioso ortodosso, credo seguace di Savonarola o chi per esso, che gli urla in faccia un inquietante 'ricordati che devi morire', e Troisi da buon napoletano superstizioso risponde dopo un po': 'Mo' me lo segno ...'?
Ecco i giovani si chiedono e chiedono: ma perché io devo avere la fede e non il posto di lavoro?
Perché devo essere disoccupato, o sottoccupato, o precario, a trent'anni, senza prospettive né sicurezze e poi avere la fede?
E perché non si nomina il ministro delle attività produttive da quattro mesi, e il capo dei capi, nella fede e nell'appoggio completo sia elettorale sia dell'attività di governo da parte delle autorità ecclesiastiche, si fa in modo schifoso gli affari suoi?
E perché, soprattutto, sempre noi dobbiamo rinunciare e chinare la testa?
Forse mischio il diavolo con l'acqua santa; forse qualcuno mi dirà che la missione del papa è proprio quello di ricordare di avere la fede; forse sono anch'io invelenito da un paese ormai in disarmo culturale e in abbandono sociale; ma io vedo in tutto questo, se non un tentativo scientifico di distrarre dai veri problemi intere generazioni, almeno una mancanza di attenzione, di rispetto e, perché no?, di stile.
I miei figli sono ormai su un treno virtuale che li allontana inesorabilmente da questa Babele invereconda.
Si tratta solo di scegliere quello vero.