Dicheno che chi ha voluto portare in Italia questo film saudita, Wadjda per l'appunto (ah si pronuncia Uashda, credo), l'ha voluto chiamare La Bicicletta Verde perché ci ha trovato anche quel po' di neorealismo che gli ha fatto ricordare quelli che le bici le rubavano.
Non so, io nell'esegesi mi addentro sempre poco perché rischio le famose figure da cioccolataia.
Anyway a me il film è piaciuto, ma proprio tanto. Perché si può parlare della condizione della donna là dove "la sua voce non deve oltrepassare la porta di casa" o dove il nome di una figlia femmina non è importante su un ramo di un albero genealogico senza per forza usare la cifra del dramma.
Perché il film, in sé, è leggero, con quegli sprazzi di ironia che non nascondono la realtà, semmai la rendono ancor più vivida nella sua quotidiana semplicità.
Brava la regista Haifaa Al-Mansour, ancor più spettacolare Waad Mohammed, che interpreta Wadjda, con il suo sorriso meraviglioso, così come ho trovato bellissima, nel suo candore, anche la figura di Abdullah, interpretato da Abdullrahman Algohani.
Entrerà a far parte della cineteca di casa?
Si senza dubbio.