Nell'attesa di vedere uno dei film che si preannuncia fra i più straordinari dell'anno e probabilmente degli ultimi anni vista la sua concezione, uno spolvero nella filmografia passata di Richard Linklater è d'obbligo.
Il regista che in 18 anni c'ha fatto scorgere la nascita, il ritrovo e la crescita di un amore, quello di Jesse e Celine, si appresta ad appassionarci con Boyhood ad un'altra crescita, quella di Ellar Coltrane che lui ha personalmente seguito per 12 anni, in modo da poter dare credibilità al suo Mason.
Tornando indietro nel tempo, quasi all'epoca in cui questo suo sperimentale progetto prende piede, si incappa in un altro progetto altrettanto sperimentale, quello di Waking Life.
Per realizzarlo, Linklater è andato a ripescare una tecnica direttamente dagli anni '20: il rotoscope, che prevede di disegnare direttamente sopra ogni fotogramma del girato, per creare un film di animazione che si basa però sul live action.
Nel farlo, ha assunto una squadra di artisti di eccezione, che a differenza di Ralph Bakshi (pioniere della tecnica) hanno lavorato sul materiale digitale a computer.
Il risultato è decisamente straniante, fluido e mutevole.
Tutto bene, dunque?
Purtroppo no, perchè se a livello tecnico il film conquista (anche se la visione e lo stile dei disegni non è certo tra i preferiti per la sottoscritta), a livello di storia si è davanti ad un altro esperimento che a fatica può dirsi riuscito.
La trama ruota infatti attorno ad un giovane, imprigionato nel mondo dei sogni da cui non riesce a svegliarsi, passando continuamente ad oscillare e viaggiare in una città non meglio identificata. In questo suo vagare, gli incontri si moltiplicano, e ogni incontro corrisponde ad una lezione di filosofia che si concentra sul senso della vita, sullo scopo dell'esistenza, sull'importanza dei sogni.
Va da sé, che già dopo la quarta conversazione l'attenzione si abbassa, l'interesse cala, e il dover assistere ad una lezione non richiesta, per quanto utile e interessante se presa a piccole dosi, diventa assolutamente pesante.
Un peccato dunque, che non ha però ostacolato la pellicola dal venir premiata per il suo coraggio e la sua originalità a Venezia (premio CinemAvvenire) e a New York (Film Critics Circle).
E certo, il senso ultimo del film, se visto con la dovuta calma e soprattutto con molta attenzione, affascina, e il ritrovarsi all'improvviso tra filosofi, insegnanti, scrittori e anche registi (Linklater stesso), quei Jesse e Celine provoca un piccolo tuffo al cuore, ma il cuore, proprio questo, manca in un film che sembra pendere tutto e troppo dalla parte del cervello.
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