A cavallo dell'anno 2000, Warren Ellis si cimentò con tre racconti di genere supereroico: The Authority (realizzata con Brian Hitch, 1999-2000), Nextwave (con Stuart Immonen, 2006-2007), Planetary (con John Cassaday, 1999-2009).
L'autore inglese sfruttò tre approcci distinti e, se è forse esagerato sostenere che siano tre versioni della stessa storia, leggerle in parallelo consente di apprezzare tre visioni possibili del genere supereroico o, se si vuole, tre possibili prospettive nella scrittura di racconti supereroici:
- l'estetizzazione spettacolare (The Authority);
- la parodia (Nextwave);
- il senso del meraviglioso (Planetary).
Questo non significa che siano esercizi di stile, basati ciascuno su un unico principio: Ellis sfrutta tutti i luoghi comuni del genere e sono il peso e il ruolo di ciascun elemento a determinare e caratterizzare fortemente il tono di ogni racconto.
Raccontare supereroi: da dove parto?
I supereroi sono esseri con abilità/natura "superiori" a quelle degli esseri umani o sono esseri "diversi" dagli umani?
La risposta, più che una scelta fra due casi estremi, è la ricerca di un punto di equilibrio fra essi. Il carattere di un "racconto di supereroi" deve molto alla posizione di quel punto, poiché essa influenzerà profondamente sia il campo tematico (di che cosa racconto) sia quello narrativo (come racconto). Considerando le due possibilità estreme, avremo storie basate sul confronto, rispettivamente, fra super esseri (supereroi e super villains) o con l'ordinarietà umana. Ancora: Il primo estremo porta a una sorta di corsa agli armamenti, per costruire esseri sempre più vari: se le loro super abilità sono le protagoniste, il racconto sarà tale da valorizzarle. Nel secondo caso, la qualità intrinseca diventa meno importante e ciò che verrà valorizzata sarà la distanza che, in forza di quelle supercapacità, nasce fra il supereroe e gli umani ordinari. Se nel primo estremo possiamo avere racconti senza esseri umani ordinari, nel secondo il supereroe è, di fatto, un essere umano ordinario fortemente caratterizzato.
The Authority, Nextwave e Planetary si collocano decisamente al primo estremo: nell'intreccio gli umani ordinari sono presenze sullo sfondo e la loro diversa importanza è apprezzabile sul livello tematico, più che strettamente narrativo.
Originalità, pastiche, consumazione?
Il genere superoico costituisce un immaginario largamente condiviso: offre cioè a narratori e lettori un campo di riferimenti che possono essere sfruttati come elementi narrativi: non un linguaggio, ma quantomeno un insieme di regole, icone e simboli su cui fondare le strategie narrative alla base sia della composizione sia dell'interpretazione. Chi racconta storie che abbiano a che fare con supereroi e superpoteri può contare sulla conoscenza da parte del lettore di nozioni fondamentali di quella letteratura e quindi può giocare con allusioni, travestimenti, imitazioni, per creare non solo suggestioni ma anche una dialettica con il materiale originale, dialettica a cui il lettore è invitato a partecipare. Detto altrimenti, la narrativa supereroica è largamente ipertestuale e il suo effetto e pieno godimento conta sul ruolo attivo del lettore che deve essere in grado di seguire i riferimenti proposti. Di seguirli non tanto all'interno di una specifica continuity, bensì nella immensa rete costituita dall'innumerabile corpus supereroico, o almeno attraverso quello che potremmo definire il canone supereroico, che di quell'immaginario a cui accennavamo sopra sarebbe una sorta di mappa.
I tre lavori di Ellis di cui qui ci occupiamo appartengono pienamente a questa fase ipertestuale. Sfruttano grammatica, sintassi e simboli del genere e la stessa definizione dei protagonisti può essere vista come risultato di trasformazioni di personaggi esistenti. Non solo nel senso stretto di essere personaggi appartenenti a uno specifico universo narrativo, fatti agire portando all'estremo le loro caratteristiche, fin quasi a trasformarle in nevrosi o caricature ( Nextwave), ma come ripresa di tipologie già sfruttate in altri universi. Per gli appassionati, la ricostruzione della genealogia dei personaggi di The Authority e Planetary è un gioco/sfida che fa parte del piacere della lettura e del processo di interpretazione, secondo un contratto che, come scritto, è ormai convenzione nel genere supereroico.
The Authority, ovvero: ho dei supereroi, che ci faccio?
In The Authority le supercaratteristiche dei personaggi vanno dalla tecnologia al misticismo e il palcoscenico è il multiverso delle dimensioni parallele: il quartier generale del supergruppo è il Carrier, un qualcosa la cui natura non è mai esattamene definita, " capace di solcare le dimensioni superiori [...] fluttua attraverso il Regno Devachanico alla velocità di venticinque sogni al secondo ". Questa meraviglia viene presentata in una doppia splash page, occupandone quasi interamente la superficie ma è solo un contorno, luci e linee: immenso, di grande impatto visivo ma senza dettaglio alcuno che ce lo caratterizzi: irriducibilmente alieno o elegantemente gratuito?
Gli scontri sono spettacolarizzati e le motivazioni strumentali, al limite di semplici pretesti narrativi. Gamorra, il primo avversario del supergruppo è mosso dall'odio puro, un odio che arriva quasi a un livello estetico: intende distruggere Mosca, Londra e Los Angeles per imprimere " il marchio del clan Gamorra sulla superficie del pianeta". È Decisamente un tipo di cattivo che associamo agli albori della narrativa: non evita nemmeno la risata ghignante, un " HA HA HA HA HA HA" in caratteri rossi e poi " Non ho nessuna politica da portare avanti attraverso il terrore, nessun ideale da trasmettere. Il terrore per il terrore ".
Il fatto è che, poiché The Authority è una macchina per esaltare le supercapacità, le motivazioni sono un elemento di secondo piano. Come in una gara, è importante mostrare la macchina (e l'uomo in quanto atleta è esso stesso una macchina) in movimento, non perché ha iniziato a muoversi. Motivazioni e obiettivi sono infatti convenzionali e condivisi con il pubblico: rispettivamente il "Via!" dello starter e superare per primo la linea del traguardo. Nel mezzo, adrenalina.
The Authority è puro stile e convenzione narrativa e tutto si svolge sulla tavola, a beneficio dell'occhio, a favore dell'effetto.
Il virtuosismo tecnico di Ellis e Hitch crea un'avventura roboante, mirabolante, dove ogni elemento è spettacolo di superficie. Ogni personaggio recita con un proprio birignao, è sempre in posa a beneficio di camera, è consapevole di recitare e consapevolmente trasmette l'idea di star recitando. Questo perché sono appunto i personaggi in se stessi a essere l'elemento fondamentale e ogni scena è costruita in modo da evidenziarne gli atteggiamenti, con una caratterizzazione che sfiora il caricaturale.
Ellis fugge qualsiasi mimesi col reale, perché il reale non fa parte dell'ambientazione. L'enfasi di ogni scena marca proprio questa alterità e la splash page che conclude ogni episodio amplifica esattamente questo punto di vista: siamo messi di fronte a eventi su una scala che non riusciamo ad afferrare: qualcosa di grande, grandissimo, enorme, che possiamo solo guardare da fuori.
Ma che, in fondo, non è poi così importante.
The Authority, insomma, è pura autoreferenzialità, o, per usare una frase a effetto, pornografia supereroica.
Nextwave: supereroi al secondo grado?
Composta da dodici episodi, la serie racconta le avventura del supergruppo Nextwave, formato da personaggi di secondo piano dell'universo Marvel più un originale Captain, che " riassume tutti i personaggi che si chiamano Captain qualcosa ". Il motore narrativo è la scoperta da parte di Nextwave dei rapporti fra la loro organizzazione governativa di riferimento (H.A.T.E.) e un gruppo terroristico. Tema drammatico, raccontato attraverso episodi intrisi di comicità.
Nextwave è senza dubbio una parodia, poiché utilizza e mette in evidenza luoghi comuni del genere supereroico trasponendoli dall'originario (tipico) registro drammatico/tragico a quello comico.
La linea che divide epica e parodia è particolarmente sottile e sfumata e il lettore stesso, conoscendo le convenzioni di genere, contribuisce in maniera decisiva a stabilirla e mantenerla nel corso della lettura. Il lettore deve infatti essere consapevole dello sfasamento fra stile e tematiche davanti al quale si trova, perché la parodia sia riconosciuta come tale. Per questo, generalmente le parodie si rivolgono a un pubblico che conosce l'opera o il genere parodiato e possono essere considerate una forma di metaletteratura, che, nel caso di un genere, ne indica un avanzato stato di consumazione.
Questo aspetto, per così dire, tecnico non significa che l'efficacia di Nextwave dipenda esclusivamente dai riferimenti di genere: la serie è innanzitutto una brillantissima opera comica di genere superoico, in particolare può essere considerato senza troppe forzature come la versione comica de The Authority, e si aggiunge a una sparuta pattuglia di titoli accomunati, oltre che dallo spirito, anche dallo scarso successo. L'approccio comico al racconto supereroico sembra infatti non suscitare entusiasmi e questo è un punto di sicuro interesse, se non strettamente letterario, almeno per una possibile sociologia/psicologia del lettore.
In Nextwave, Ellis e Immonen riprendono non solo alcune tipiche ricorrenze narrative e stereotipi dei personaggi, ma anche elementi legati alla parte editoriale/produttiva. Lo stereotipo più platealmente deformato è quello che vede i supereroi affrontare dilemmi morali. È vero che i buoni sono mossi da un senso profondo di giustizia, ma tutte le loro gesta sono disseminate di frustrazione, pettegolezzi, meschinità e voglia di rivalsa spicciola. I cattivi ne sono naturalmente il corrispondente negativo, e sono messi grottescamente alla berlina: si pensi a Dirk Anger, ovvia caricatura di Nick Fury.
Fra gli elementi "editoriali", abbiamo l'utilizzo di personaggi di seconda e terza schiera, procedimento che mima quello che, con tentativi più o meno riusciti (dallo Swamp Thing di Alan Moore al Demon di Matt Wagner), segnò il rilancio del genere nella seconda metà degli anni 1980.
Ben più plateale è poi l'irrisione della strategia editoriale degli "eventi": la copertina dell'undicesimo numero imita platealmente il design delle copertine di Civil War, di cui lo scozzese Mark Millar curava la storyline principale. Vediamola: divisa in due, con sottotitolo " Non fa parte di alcun evento", la metà inferiore è decorata con un motivo da tartan scozzese, mentre in quella superiore i membri di Nextwave reggono cartelli con le scritte " Non ce ne importa - Per favore, vogliateci bene - Mark Millar lecca capre ".
Carichi di sarcasmo sono infine alcuni messaggi, espressi in elementi paratestuali quali copertine e titoli: dal "g uarire l'America picchiando le persone" del numero iniziale al sottotitolo della raccolta dei primi sei episodi: " È quello che il pubblico vuole ", la più classica delle giustificazioni editoriali per le produzioni a basso livello qualitativo.
A tutto questo, Ellis aggiunge il fatto che il personaggio dotato di maggior fascino è l'inglese Emma Bloodstone, mentre i componenti statunitensi di Nextwave sono di una dabbenaggine e stolidità irrimediabile.
Tutti questi elementi, che riflettono in maniera deformata la prassi della produzione supereroica mainstream statunitense, sono efficacemente fusi in un intreccio scanzonato, che allinea malestri e disastri, al tempo stesso spettacolari e grotteschi.
Se in The Authority la realtà supereroica si pone come un potenziale universo mitico lontano da quello umano, in Nextwave vediamo esseri superpotenti dalla psicologia narcisistica e isterica e riconosciamo senza difficoltà i luoghi comuni di genere.
A margine, merita comunque ricordare che The Authority vendette assai meglio di Nextwave: The Authority si assestò da subito su una media di 31.000 copie, Nextwave vide gli ordinativi in calo costante stabilizzarsi intorno a 21.000.
Per soli fan?
The Authority e Nextwave sono quindi delle scorribande in cui i costrutti di genere sono portati all'estremo e declinati in forma rispettivamente epica e parodica. Possiamo considerarli due spettacolari esperimenti di racconto supereroico, abbondanti di coolness e comicità ma emotivamente carenti. Planetary si discosta da quelle storie proprio sotto questo aspetto.
Al centro di Planetary c'è la ricerca del senso del meraviglioso, dell'annullamento della distanza fra lettore e racconto. Nextwave e The Authority sono epigoni di quella lunga serie di opere che porta i meccanismi narrativi al primo livello di lettura.
Sono frutto dell'applicazione della consapevolezza di quei meccanismi al racconto e offrono sempre al lettore sia il racconto sia il meccanismo e il lettore si compiace tanto dell'uno quanto degli altri, che offrono soddisfazione alla propria competenza di appassionato. Leggerli è confrontarsi immediatamente con i meccanismi narrativi e i luoghi ricorrenti del genere; la tecnica narrativa diventa racconto e spettacolo essa stessa. In modo diverso, offrono al lettore la possibilità di distaccarsi dalle vicende raccontate, di seguirle "da fuori". La linea che risale a Watchmen e The Dark Knight returns, se non evidente, è certo ricostruibile. The Authority, in questo senso opera profondamente manierista, segnala quanto questa linea rischi l'inaridimento. Nextwave lo fa platealmente con le sue avventure strampalate.
Alla fine, tutto quello che rimane da questa visione è la constatazione che il re è nudo; tuttavia, all'ennesima ripetizione, la rivelazione diventa ritornello e il suo valore (euristico, interpretativo, narrativo) è fortemente svalutato: è consumato e viene assorbito senza dare stimoli, perché ormai parte della lettura canonica.
Planetary: è il fine del racconto la meraviglia?
Anche Planetary abbonda di riferimenti all'universo supereroico. Al centro della serie c'è lo scontro fra due quartetti: non solo possiamo considerarli l'uno il riflesso dell'altro, dove a cambiare è la morale che ne informa le azioni, ma entrambi i gruppi possono essere visti come una versione dei Fantastici Quattro (leggi questo nostro articolo per un approfondimento specifico). Inoltre, fra le tante vicende narrate, abbiamo delle versioni alternative a quelle di Superman, Wonder Woman e Lanterna Verde.
Il punto importante è che queste versioni non sono semplici omaggi o parodie, atti di consumazione, sono episodi con un proprio significato all'interno della storia principale. Sono esempio del fatto che l'idea stessa del supereroe e anche sue forme già utilizzate possono essere usate per muovere nuove storie (la condizione? uscire dalla serialità infinita). In particolare, quei racconti, sfruttando il riferimento simbolico ai tre storici personaggi DC, significano da una parte l'uccisione degli ideali di speranza, uguaglianza e fratellanza; dall'altra che la sopravvivenza di quegli ideali non può essere affidata ad alieni: è una responsabilità umana. E i membri di Planetary sono umani. Siamo quindi nel cuore della storia: Ellis non sfrutta quegli elementi per mettere in luce particolari caratteristiche della narrativa supereroica, ma per dare eventuali ulteriori riferimenti tematici.
Con il suo intreccio sfilacciato, i suoi frequenti scioglimenti forzati, Planetary, invece di volgere lo sguardo sui propri meccanismi, lo apre al cosmo. Mette l'uomo di fronte all'immensità dell'universo, al proprio futuro. Quegli spunti che in The Authority erano rimasti agganci per un po' di patetismo, qui diventano inviti a pensare a cose "più grandi della vita".
C'è un carattere ingenuo, in Planetary, che per certi versi richiama la visione del mondo della golden age della fantascienza (suggestione che tornerà ne Il ministero dello spazio). Se The Authority e Nextwave dimostrano il perfetto controllo del raccontare, Planetary forza le regole elementari e offre in cambio un sogno. Tanto più imperfetto tecnicamente quanto più ricco emotivamente: se con The Authority il lettore può sentirsi decisamente cool e spargere qualche lacrimuccia (compiaciuta) nel finale; se con Nextwave può sentirsi brillante nel decostruire il genere, con Planetary ha l'occasione di guardare il mondo con gli occhi di bambino.
Planetary si getta alle spalle il disincanto e invita a farsi carico del proprio futuro.
Un futuro che, come il mondo, è qualcosa da amare e capire. Non semplicemente dominare.