Negli ultimi tempi è cresciuta la fronda di chi imputa a Warren Haynes di essere troppo prolifico e troppo esposto, quindi di stancare. In rete si è formata una schiera critica che accusa di ripetitività il nostro, di fare dischi fotocopia, di aver smarrito l'ispirazione che aveva coi Gov't Mule. Liberi di pensarla come si vuole ma non si può imputare ad un artista di limitare la propria creatività, è come dire ad un centroavanti di razza di impegnarsi di meno e fare meno gol. Haynes è un musicista a 360 gradi, vive per la musica, si nutre di musica, non si accontenta di quello che ha fatto ieri, oggi è di nuovo alla ricerca di stimoli, esperienze nuove, suona coi Muli e con gli Allman, coi residui dei Dead, da solo e con la sua nuova band oltre a jammare con chiunque, scava nel passato e lo adegua al presente, reinterpreta album storici del rock rispettandone lo spirito originario, sperimenta e innovare pur nel campo classico del blues inventa nuovi ibridi col rock, il soul, il jazz, il R&B, il reggae, il songwriting cercando di dare sempre il massimo. Mostra un fervore espressivo in continuo movimento. A Man In Motion per l'appunto, come dice il titolo del suo disco solista a firma Warren Haynes. Naturale quindi aspettarsi un live con la sua nuova band, la stessa che qualcuno ha visto all'opera lo scorso luglio a Genova. Ad un anno da A Man In Motion esce il potente Live at the Moody Theater di Austin un album dal vivo come si usava negli anni settanta: doppio disco, copertina che si apre a libro, belle foto, parecchie cover e immancabile assolo di batteria. Sarà perché sulla copertina troneggia il marchio Stax ma tutto qui profuma di glorioso, antico, prezioso. La tecnologia ha poi permesso di riportare, contrariamente agli anni settanta, tutto il concerto, cosa che coi vinili non era possibile e lo stesso show, per intero e con qualche canzone in più rispetto ai due CD è documentato da un DVD. Insomma Warren Haynes Band Live at the Moody Theater è un live degno di entrare nell'antologia delle cose imperdibili di Haynes, centosessanta minuti di musica in CD più altre tre ore in DVD, un pranzo pantagruelico.
C'è molta differenza rispetto a quando Haynes è con i Muli, non è il cruento power-blues venato di psichedelia dei Gov't Mule a salire in cattedra ma un più avvolgente soul-blues jazzato che lascia spazio alle virtù strumentali del leader e della band, al formidabile tastierista Nigel Hall e al vulcanico tenor sassofonista Ron Holloway, due colossi in mezzo ad un titano. Warren Haynes da par suo è una forza della natura, una quercia resistente in mezzo alla tempesta, tutto attorno è un turbinio di suoni, ritmi e improvvisazione e lui, implacabile, serio, concentrato è lì fermo, immobile, panciuto e tranquillo, che dirige e canta con quella sua voce commovente un soul parente del blues nato a Memphis cinquanta anni fa e adesso restaurato da una mano che accarezza veloce e sicura le corde di una Gibson rinvenuta in qualche magazzino di strumenti usati. Un gigante a capo di una band galattica. La stessa vista a Genova la scorsa estate, Ron Johnson è il bassista, Terence Higgins il batterista, Alecia Chakour fa sporadiche entrate vocali e si limita al suo copione, come cantante di spalla se ne sono viste di migliori ma sta bene in questa all blacks band che fonde eleganza, tecnica, maestria, feeling, fantasia, solidità, una band che conosce a memoria la storia del blues e del soul e quando sconfina nel jazz è una festa per i sensi.
I brani di A Man In Motion fanno da perno alla serata ma sono allungati, jammati, vissuti con l'enfasi dello show. Si parte con la canzone titolo e subito dopo arrivano River's Gonna Rise dove Haynes sciorina l' amore per Albert King con una magistrale prova vocale e chitarristica e Alecia Chakour fa sentire la sua ugola arroventata, Sick Of My Shadow funkeggiata ad arte e impreziosita da un sax da brivido e la bluesata A Friend of You. La matrice è un soul-blues di matrice Stax con il marchio chitarristico dei tre King ma aggiornato e revisionato secondo canoni moderni, con le canzoni che mantengono il refrain e la melodia ma adesso libere di espandersi in un orizzonte strumentale di musica totale, dove gli strumenti si sovrappongono, si rincorrono, giocano a chiamata e risposta, si fondono. È una sorta di evoluzione new century della band di Booker T e Steve Cropper alla luce di tutto quello che è passato ed è stato incorporato dopo Green Onions.
Tra gli highlights del primo set va detto di On A Real Lonely Night, dodici minuti di estasi in mano ad un quintetto be-bop di straordinaria bravura e feeling, in Power & The Glory sale in cattedra il tastierista (Hammond e piano) Nigel Hall raggiunto in Take A Bullett, nel formidabile blues di Hattiesburg Hustle e in Everyday Will Be Like A Holiday del repertorio di William Bell e Booker T qui arricchita da un memorabile assolo di Haynes in chiave Duane Allman, da Ian Mc Lagantanto per rendere la combriccola ancora più vispa e trascinante.
Lo show è lungo, c'è tempo per offrire A Man In Motion in tutta la sua interezza, poi, dopo il ripescaggio di Frozen Fear da By A Thread dei Muli iniziano le cover: Dreaming The Same Dream scritta da Haynes con Ziggy Marley risplende di calore reggae, Pretzel Logic è un omaggio al soul-pop degli Steely Dan fuso in un bagno di jazz, per Change Is Gonna Come di Sam Cooke si scomoda una ricca sezione fiati a fianco delle voci di Haynes, Alecia Chakour e Nigel Hall, Spanish Castle Magic di Hendrix è in unarrangiamento free-jazz con la voce della Chakour che stride un pò. Una cosa va detta, nelle cover i Muli sono più convincenti e devastanti, la Warren Haynes Band rende di più nei propri pezzi. La conclusione di questo monumentale Live at Moody Theater è affidata a Tear Me Down, alla lenta e sudata Your Wildest Dreams e all'immancabile Soulshine l'encore che tutti aspettano. Potenza e gloria del blues.
MAURO ZAMBELLINI