Stavo bevendo il caffè quando il telegiornale lo ha annunciato: Brittany ha deciso di morire.
E non me l'aspettavo, perché solo poche ore prima aveva detto di voler aspettare, di sentirsi ancora tutto sommato bene e di volersi godere qualche altro giorno la sua famiglia.
E invece no, è andata fino in fondo.
E sono rimasta lì, con la tazza della colazione in amno a chiedermi cosa avrei fatto io, mentre un buco mi si allargava nello stomaco.
Per chi non lo sapesse o fosse stato su Marte questa settimana, Brittany Maynard, una ragazza ventinovenne amercicana colpita da un cancro aggressivo in fase terminale, aveva annunciato di voler mettere fine alla sua vita prima che la malattia la devastasse e obbligasse i suoi cari ad assistere allo spettacolo impotenti. Nello specifico aveva dichiarato di voler morire il giorno dopo del compleanno del marito, il primo novembre.
Vi immaginate le polemiche? Negli Stati Uniti la legislazione sull'argomento è così varia che a Brittany è bastato trasferirsi in Oregon per poter godere dei benefici del suicidio assistito. In Italia, paese laico sulla carta, ma nella realtà dominato da un falso cattolicesimo occorre invece pagare per ottenere lo stesso risultato. Sì, basta prendere, sborsare un bel pacchetto di danari ed andare in Svizzera.
Siamo e restiamo un paese del terzo mondo, dove la libertà di scelta non esiste.
Sì, perché in realtà Brittany non ha fatto nulla di male, ma nemmeno nulla di eroico.
Ha solo scelto. Una scelta difficile, la più complessa.
Ha scelto per sé e per i suoi cari. Ha scelto di non soffrire per una malattia devastante ed inclemente, ha scelto di non far attraversare ai suoi cari il calvario della malattia. Si è arresa. Sì, si è arresa. E' un peccato questo? C'è chi nasce lottatore, è vero, ma c'è anche chi messo di fronte a questa sconvolgente realtà non ce la fa.
Non è ugualmente una scelta coraggiosa ed apprezzabile?
C'è Brittany con la sua scelta, e poi ci sono persone come Leonardo Cenci, un ragazzo umbro colpito da un tumore non operabile che ha fatto la scelta inversa. Ha deciso di lottare contro tutto e tutti: contro la malattia, contro i referti dei dottori che non davano speranza, contro il suo corpo che si ribellava e si ribella tutt'ora alla sua voglia di vivere. Ma non solo: non si è nascosto, ma è diventato portabandiera di una ONLUS che si propone di aiutare i malati oncologici ad affrontare la malattia in un modo diverso.
Un uomo coraggioso, un eroe dei nostri giorni forse, di certo una persona eccezionale. Oppure soltanto un uomo, che però ha deciso di lottare per sè e per gli altri.
La vita è fatta di scelte, e giuste o sbagliate che siano ne paghiamo sempre il prezzo. In questo caso, quel che manca nel nostro paese è proprio la libertà di scegliere il proprio percorso. sarebbe bello un mondo fatto di tanti Leonardo, ma non è così. Non siamo tutti uguali, abbiamo a volte anche la necessità di dire basta.
E non solo per le malattie oncologiche, quelle in cui il "miracolo" può ancora avvenire, ma in tutte quelle che degenerano corpo e mente fino alla completa distruzione.
Sembrerebbe logico, ma non lo è. Soprattutto nel nostro paese in cui l'eutanasia è un tabù molto più invincibile delle adozioni da parte di coppie omosessuali, così intoccabile che non esiste nemmeno un piccolo progetto di legge abbandonato sotto una delle scrivanie del potere.
E voi, come la pensate??