1976
Nuova Zelanda
Regia: David Blyth
Scritto: David Blyth, Richard von Sturmer
Più che del ritmo circadiano classico, della giornata di 24 ore, ci troviamo a fare un giro introspettivo della vita, dalla nascita in poi. La prima scoperta della sessualità, di quella stigmatizzata, "curata" con infantile leggerezza di piuma, perché i primi tempi sono immaturi e ci si può ancora "salvare". Ma quando lo scontro con la carne si fa più acceso il buio avanza, diventa difficile collocarsi, il circolo circadiano della prassi, macchinosa come non mai, vuole dominare, ci si ritrova ad essere colpevoli e vittime nello stesso tempo, è forte l'esigenza di voler vomitare fuori il proprio istinto. Continua l'autoanalisi, si cade nel rifiuto di se stessi ed è inutile chiedere al tempo di portar consiglio, la risposta è netta, è quella di sempre, e si arriva anche a convincersi di essere aberranti. Poi tocca all'atto della presa di coscienza, c'è un piccolo rilassamento, ma è solo una parentesi: si fa il bilancio di tutto il proprio trascorso, e il senso di colpa — ma quel colpa? — fa apparire tutto come un gioco perverso, in cui è compreso anche un impaurito sguardo al futuro. Le morale pone il veto finale, l'estasi anestetizzante termina e si imbocca un oscuro tunnel...