Lo spartiacque fra il vecchio e il nuovo è un momento così stucchevolmente retorico da far venire la nausea.
I tempi dei sorrisi e di auld lang syne, che partiva in testa allo scoccare della mezza, sono lontani anni luce.
Mi vedo in flashback, bambola recitante un copione in buona fede: perchè si deve esser grati, sempre, e ci si deve predisporre all’ottimismo e alla speranza.
Normalmente la concretezza va a puttane, fra un sorso di prosecco e un frammento del messaggio a reti unificate.
E invece è proprio l’attaccamento alla realtà che non dovremmo perdere di vista nemmeno per un secondo.
Tralascio volentieri le considerazioni socio-politiche: c’è chi scrive di questo molto meglio di me.
Poi, si sa, sono una liberale “spatriata”, quindi che diavolo potrei dire?
Quest’anno che arriva non sarà buono: per le mie previsioni ho basi concrete.
Temo da uno a tre seri peggioramenti delle condizioni di salute di familiari stretti (non posso essere più dettagliata, perchè i tumori sono animaletti molto astuti).
Temo l’ufficializzazione di una delle più grosse cazzate che la mente di mio figlio potesse partorire.
E che sarà mai tutto ciò, dato che l’unica certezza è che dobbiamo schiattare tutti?
Ora che ci penso, una novità toccherà anche a me: un’anca nuova, lucida e fiammante.
Ne avrei fatto, e ne farei ancora a meno, ma accontentarsi di passeggiate a tempo è deprimente.
Fra tutto questo grasso che cola, facendomi largo a bracciate, a voi auguro, con tutto il cuore, di
arrangiarvi.
Dopotutto non è ciò che facciamo a partire dal momento in cui, ahinoi, veniamo al mondo?
* foto tratta dal web