Alzi la mano chi non storcerebbe il naso quando qualche critico ha affermato che uno dei migliori film degli ultimi mesi vede come protagonista un giovane batterista e il suo insegnante di conservatorio. Beh, è probabile che pensiate qualcosa del tipo:"non fa per me". In realtà questo film viene incontro alle aspettative del pubblico grazie (soprattutto) ad una regia instancabile e dal ritmo vertiginoso. In lessico musicale Whiplash sarebbe un "crescendo" continuo, visto anche che il suo autore si è dimostrato capace di trasformare il più (potenzialmente) prevedibile e soporifero dei film in un sorprendente duello con tanto di climax estenuante. Lavorando su tonalità tendenzialmente calde (ocra, arancio) che rievocano il colore degli strumenti musicali e del jazz in genere (anche se non manca qualche ambiente improvvisamente freddo), Damien Chazelle spinge il suo Whiplash in un territorio di confine tra il musicale e i film sulla boxe, dove sputare sangue è funzionale a spingersi oltre i propri limiti. Dove il Jack Black di School Of Rock insegnava a divertirsi, il Fletscher di Simmons è un uomo pronto a tutto pur di regalare all'umanità (e a se stesso) un nuovo talento. Vi è indubbiamente qualche falla da un punto di vista ideologico in entrambi i personaggi, ma il film ha l'attenuante di essere costruito come esperienza puramente sensoriale (fantastiche alcune inquadrature) piuttosto che come parabola morale. Sarebbe quantomai antipatico aggiungere altro su un film che preferisce la musica alle parole, il corpo alla mente. Lasciamoci allora trasportare da questo Whiplash, che dice tutto con la sua musica senza bisogno di essere commentato.