La Base è uno dei luoghi più fertili della terra.
Si parla, con tutta la profondità che potere attribuire a questa parola. Si ascolta musica. Direi, in era virtuale, che si vive, persino. Mentre discutevo ascoltavo questa canzone, che dà il titolo all’articolo.
Due spunti, l’intimismo borghese e il nuovo film di Bertolucci.
L’intimismo borghese ha spappolato le palle, come dice la mia Lucy. A tutti quelli che, come me, vivono.
Bertolucci torna con un film sull’adolescenza. Non so come sia, se possa essere considerato il suo ultimo capolavoro, oppure un atto dovuto da parte di chi ha fatto cinema tutta la vita. Non importa e non è, in tutta sincerità, lo scopo di questo post. Ma… il fatto che il protagonista di Io e Te abbia quattordici anni, unito all’intimismo borghese e a una certa cultura italica, del ricordo e della malinconia dei tempi di quando si stava bene soffrendo, mi hanno fatto pensare.
L’Italia, eccetto casi sparuti che hanno conosciuto la disgrazia sociale proprio a causa delle loro inclinazioni, è il paese che aborre il fantastico, la fantascienza e, nella fattispecie, qualunque argomento che si sleghi dalla verosimiglianza, per rifugiarsi nel tangibile, nella sua storia attuale, noiosa.
Un po’ sa di generazione. La generazione di quegli autori diventati uomini o donne negli anni ’70 e che, solo per superbia, dato che quegli anni furono caratterizzati da contrasti sociali pagati col sangue, credono di aver capito come va il mondo, meglio ancora di chi, decenni prima, il mondo l’aveva quasi distrutto a colpi di bombe.
L’umanità non cambia mai.
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L’adolescenza è un’età orribile per tutti. Scompensi ormonali e altre stronzate. L’età delle prime esperienze. D’accordo, non so per voi, ma uno dei ricordi più forti di quando ero adolescente, a parte il primo bacio a una ragazza bionda, short bianchi, sandali bassi e t-shirt nera col baffo Nike, sono state la selva di monetine lanciate a Craxi davanti al Raphael, a Roma.
E non l’ho percepita come una rivoluzione. Da adolescente pensavo alle ragazze e fantasticavo dei miei mondi, già più fantastici di questo, creavo storie, personaggi.
E quel pensiero, la crescita, papà che stava male, la paura, dettata dall’ignoranza, di finire in mezzo a una strada, non le ho vissute con la tronfia ampollosità che la maggior parte degli autori italiani che trattano di questi argomenti si ostinano a mettere in scena. L’adolescenza è un periodo parzialmente inconscio, dove non si ha netta la percezione di ciò che succede, dove il futuro, come quando si è bambini, sembra inarrivabile. L’adolescenza è tutto fuorché poetica.
Tutte quelle stronzate malinconiche, la bellezza di certi baci che sovrasta la timidezza e l’impaccio, tutto quel sognare grandi cose, sono impalcature che costruiamo con l’età, quando a trent’anni, sopraffatti dalla vita sociale, guardiamo agli anni in cui ce ne potevamo fottere di tutto e… non lo sapevamo.
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Il sesso è rivoluzione, il dramma borghese essenza della nostra penisola. Guardiamo alla realtà, a quei momenti d’estate mentre, vecchi, osserviamo i nipotini rincorrersi nel cortile della nostra villa in Toscana.
Questa è l’immagine che ho del cinema (e della narrativa) italiana.
Be’, devo dire che mi ha proprio rotto le palle.
Perché, nascosto nei cespugli intorno al cortile, che scruta la famigliola felice, io ci vedo il prodigio, in attesa di scatenarsi.
Se avete pensato a un mostro che distrugge la famigliola, è solo un problema vostro, io non l’ho mai scritto.
Come tutti gli autori, pretendo di mettere in scena la mia adolescenza che, sorpresa, mai è stata costituita da lotte politiche sterili e fini a se stesse, da turbamenti insondabili, ho avuto anch’io le mie cotte e le mie esperienze con le mie coetanee e, tutto sommato, me la sono cavata bene, mai sono stato in conflitto coi docenti, coi genitori e col mondo, mai le ho prese dai bulli, perché, ricordate, il bullo ero io. Il mondo me lo sono lasciato scorrere addosso, perché, nel frattempo, vagheggiavo qualcosa di meraviglioso: il fantastico.
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A una cultura fatta di stereotipi, perché al trecentesimo (tendente all’infinito) autore italiano che pretende di convincerti che, quando era ragazzo lui e i suoi lo spedivano nelle case coloniche, e i terroristi facevano stragi le cose erano meglio, solo perché la compagna di banco si faceva concupire ai giardinetti e dopo di fumavano una canna che sapeva di ribellione, io dico no. Le cose non erano meglio, e soprattutto non erano fantastiche. Erano solo cose da adolescenti. E nemmeno voi le avete mai capite del tutto. Solo, abbiate la compiacenza di non sbattercele in faccia come fossero verità rivelate, perché è falso. E soprattutto è stupido pretendere, dai nuovi autori, che si ripropongano schemi e storie che sono ormai fuori tempo massimo, solo perché, chi occupa le sedie del potere, ora, è stato adolescente in quel periodo e crede, come già detto, di sapere come va il mondo, e che la sua visione da ragazzo sia l’unica giusta.
Ho una notizia per voi, cari, il mondo è cambiato.
Il mondo è diventato inelegante e brutale, un posto dove tutto è dovuto? Forse. Ma il problema, se c’è, non si combatte a colpi di retorica, imprigionando branche della narrativa solo perché non vi piacciono e non le avete sognate, e al posto dei fumetti leggevate trattati di politica spiccia. Chi vi credete di essere?
Tocca ad altri raccontare la loro versione della storia. Quella del loro tempo. Il vostro, ormai, è un’età da sogno, come l’era Hyboriana, ma, a differenza di questa, una in cui giammai vorrei svegliarmi.