WHO ARE YOU | Luca Bortolato, siamo esattamente le nostre foto

Da Roberto Arleo @robertoarleo

Luca Bortolato, 31 anni che scorrono troppo veloci, trasferito da non molto a Noale, un bel borgo medievale con torri, rocca, fossato e tutto il resto in provincia di Venezia che uso come base perché appena posso mi sposto in giro per l’Italia a trovare i tanti amici seminati per lo stivale.
Chi sei?
Lavoro come grafico da più di 6 anni e proprio grazie al lavoro mi sono avvicinato alla fotografia.
Non è stato un amore questo nato fin da bambino o, come leggo in molte interviste, da quando a 5 anni presi in mano la macchina di mio padre e scattai la prima foto e da quel momento sogno il MOMA di NY ecc ecc.
Lavoro con le immagini da molto tempo ma vedevo la macchina una cosa molto complicata da usare, come quando da ragazzo provai a suonare il basso rinunciandoci dopo poco perché non capivo la differenza fra una diatonica e una scala minore naturale e non riuscivo ad aprire la mano sulla tastiera tipo uomo di gomma.
Poi grazie al lavoro ho cominciato a conoscere persone che con la fotografia ci lavorano e collaborando con loro, di colpo, mi sono accorto che forse tempi e diaframmi non erano così mostruosamente ostici. Allora raffiche di domande, uscite a fotografare insieme, e tanta tanta tanta curiosità mi han fatto superare sin da subito i problemi tecnici e poter pensare di mettere nero su bianco quello che sono io, quello che amo e odio di me.
Il resto l’han fatto tanti libri, tante mostre e tanta rete.
Io vedo ME in ogni mia foto, forse i lati peggiori, forse quello che agli altri non dico. La fotografia che mi mette di continuo in discussione.
La domanda che mi pongo sempre con la macchina in mano non è come fare una bella foto, ma “come sono io?”, “come sono ora e cosa vorrei essere?”.
La fotografia come proiezione di me stesso.
Per questo motivo i miei soggetti sono quasi sempre persone, quasi sempre donne…Sempre, loro sono me. Attraverso i loro occhi, i loro abbracci, i loro sorrisi volutamente celati, sono quello che io forse per primo faccio fatica a raccontarmi.
Naturalmente non si può passare illesi da questo continuo affrontarsi... A volte è difficile essere veri anche con sé stessi, è più facile non ascoltare e vivere la propria pantomima.
Ecco perché in questo periodo mi definisco egoista, troppo concentrato su me stesso…Magari prenderò una pausa e tirerò un lungo sospiro di sollievo cimentandomi in foto di fiori e api che hanno comunque un loro perché, senza togliere nulla a nessuno eh!
Non chiedetemi “analogico o digitale?” e soprattutto non annoiatemi con sproloqui su obiettivi, ultimi modelli di digitali, ecc.
Non ho mai ritenuto che la macchina fosse l’elemento fondamentale e determinante per raccontare una storia, qualsiasi essa sia.

Accidenti! Uno dei nostri più grandi maestri, Giacomelli, non sapeva quasi che macchina utilizzasse, l’importante era andare in camera oscura e pensare a come poterne tirar fuori qualcosa di buono da quella scatola di metallo.
Siamo NOI il solo veicolo fondamentale per creare un’immagine.
Siamo quello di cui ci nutriamo, siamo i rapporti con le altre persone, siamo i libri che leggiamo, siamo le parole che ascoltiamo, siamo gli amori che viviamo, i dolori che proviamo, i viaggi che facciamo…
Credo che molte persone che conosco possano essere degli ottimi fotografi, non consapevoli ora della loro ricchezza che portano e regalano. Provate a dare loro una macchina in mano, provateci… Io ne sarei spaventato!
Insomma noi siamo esattamente le nostre foto, che siano foto di moda, di architettura, macro, micro…
Ci sarà sempre quel NOI dentro a qualsiasi cosa, come le cose che facciamo ogni giorno d'altronde… Ma la fotografia non è forse un modo come un altro per canalizzare in qualcosa di tangibile il nostro io?
C’è chi scrive libri, c’è chi dirige film, c’è chi canta davanti a migliaia di persone... Io fotografo.
Guardate le mie foto e se proprio dovete farlo, non chiedetemi che macchina ho usato, che tempi o che diaframma. Domandatemi il perché? E poi io vi chiederò il vostro di perché.
L’immagine viene vissuta da ognuno di noi in maniera molto diversa, perché fondamentalmente ognuno di noi è diverso dall’altro, facendo suo quello che vede.
Siamo o non siamo contenitori fertili di emozioni?
Dovremmo dichiararci proprietari di tutte le foto che vediamo.
La prima cosa a cui pensi appena sveglio?
Che sono maledettamente in ritardo.
Di cosa hai una scorta?
Di caffè! Mia madre mi ha cresciuto a caffè fin da bambino.

Una parola o un'espressione che ami? E una che odi?
Amo la risolutezza. Odio l’ignoranza sottovalutata.
Di cosa hai bisogno per essere felice?
Prima dovrei capire com’è fatta questa felicità.
Sto ancora cercando qualcuno che me la venda a poco prezzo… Ma dubito che ci siano i saldi di fine stagione.
Di solito sono comunque le persone che mi fanno star bene, non le cose.
In questo mondo le persone si dividono in?
Belli, brutti e cattivi.

Un politico, una popstar o un artista che ammiri particolarmente vari motivi?
Di politica non parlo. Trovo sia troppo guasta ora, da qualsiasi parte la si guardi.
Artisti? Ce ne sono molti si.
Penso che Ilana Yahav, la pittrice della sabbia, sia un artista meravigliosa.
Penso che il comandante Marcos abbia scritto delle ottime poesie, che io sia un “reazionario estremista” o meno, leggo le sue parole e sento le foreste e l’umile gente del Chapas.
Penso che Emilio Salgari sia un gran avventuriero.
Penso che Caravaggio sia un ottimo fotografo.
Penso che Alda Merini sia stata una perla d’orata gettata in un mare troppo sporco.
Penso che Oriana Fallaci sia stata una delle più grandi, vere e intense giornaliste italiane che abbiamo avuto. Non condivido forse molto il suo periodo arrabbiato ma accetto e adoro questo suo carattere così forte, così vero. Una donna d’acciaio.
Di fotografi, di maestri, non voglio parlarne, sono quelli che comunque tutti conoscono.
Non posso non citare però Francesca Woodman per l’enorme lavoro su sé stessa, cosa che io assolutamente non riuscirei a fare, Sarah Moon per il suo nuovo modo etereo di interpretare la moda, Mario Giacomelli, un signore che non aveva mezze misure ne mezzi toni. I reportage di guerra dei mostri sacri come Capa, Burrows, Nachtwey, uomini molto più che fotografi.
Potrei parlarne per ore.
Il luogo più importante di casa tua?
La terrazza. Dove abito ora non c’è e per questo adesso è diventata ancora più importante, soprattutto per i miei libri con sigaretta e caffè d’estate.
Tre posti dove non sei mai stato e che vorresti vedere?
Chiedimi delle persone che non ho ancora incontrato e che vorrei conoscere.

Pensando all'Italia, qual è la prima cosa che ti viene in mente?
Ora? Un po’ di tristezza.
Quale città d'Italia ti attrae per il suo ambiente creativo?
Cosa volevi fare a 14 anni?
Cosa forse non lo sapevo ancora (non lo so nemmeno ora!).
Però sapevo benissimo che NON volevo fare l’odontotecnico come invece volevano i miei.

Cosa non indosseresti mai?
I tacchi! Penso siano una tortura disumana!
Che cos'è per te la creatività?
Nulla di così eccezionale. Mia nonna era molto creativa quando per tagliare la polenta non aveva il coltello e usava allora uno spago tenuto fra le due mani.
Da cosa trai ispirazione per i tuoi progetti?
Da me stesso e dalla persona che voglio fotografare.
Lei è il veicolo per vedermi.
Lei vede me e io vedo lei.

Che definizione hai per la fotografia?
Parola di cui si abusa spesso, come quella di fotografo.
Qual è il posto dove riesci a trovare più idee?
Leggendo e guardando. Ma soprattutto parlando. Tutte cose che possono avvenire ovunque.
Che cos'è per te il lusso?
Ora per me? Pagare l’affitto e andare in ferie ai Caraibi in agosto (non perché io voglia necessariamente andare ai Caraibi, basterebbe qualche giorno nel Salento magari).

Un film recente che ti è piaciuto?
Mmm…recente? Mmm... Non me ne viene in mente nessuno... La tv la guardo poco.
Al cinema forse l’ultimo che ricordo che mi è piaciuto è stato “Il grinta” dei fratelli Coen.
Rivoglio le urla isteriche adolescenziali delle ragazzine in sala ad ogni inquadratura di Di Caprio in “Titanic”!
L'ultimo libro letto?
“Se il sole muore” di un’Oriana Fallaci ancora non troppo arrabbiata ma ancora sognatrice.
Una colonna sonora delle tue giornate?
“Rising” di una dolcissima e ispirata Lhasa de Sela. R.I.P.

Un sito che tutti dovrebbero visitare?
Lei: www.thestrangehabit.com. Una ragazza che a 20 anni fotografa con molta maturità. Da tenere d’occhio, cresce a vista d’occhio.
Lei: www.saralando.com/blog. Si un’altra donna! Una con le palle. Una delle poche donne che mi fanno arrossire.
Cosa o chi consideri sopravvalutato oggi?
L’intelligenza di alcuni.
Cosa provi quando rivedi alcuni progetti di due o tre anni fa?
Mi chiedo come mai allora quei lavori mi piacevano così tanto.
Credo che finchè continuerò a pensarlo sia un bene, significa che son cambiato e con me il mio metodo di giudizio e di visione.
Credo sia un processo che non finirà mai. Questo però può significare vivere spesso con il peso di essere eternamente scontenti cercando continuamente di migliorarsi.
Le due facce di una stessa medaglia.

L'ultima cosa che fai prima di dormire?
Fumo una sigaretta.
Progetti per il futuro?
Bhè fin da subito ho visto il mio mondo in bianco e nero, probabilmente per l’ostinatezza di seguire tutto il processo della pellicola dallo sviluppo alla stampa.
Nell’ultimo periodo sto avendo un occhio di riguardo per il colore. Devo capirlo. Devo capire cosa voglio.
Cerco comunque di continuo collaborazioni di qualsiasi genere e con qualsiasi persona, anche lontana dal mondo della fotografia. Spesso ne nascono lavori molto molto interessanti per entrambi le parti. Ognuno regala qualcosa all’altro.
Link dove è possibile vedere quello che fai o dove seguirti?
Flickr: http://www.flickr.com/photos/emilio_di_roccabruna/
You tube: http://www.youtube.com/user/EmilioofRoccabruna?feature=mhee
Linkedin: http://www.linkedin.com/profile/edit?trk=hb_tab_pro_top
Facebook: https://www.facebook.com/profile.php?id=1120981441
Sito personale: www.lucabortolato.com (ancora da finire… Portate pazienza!)
Giovani Artisti Italiani: http://www.giovaniartisti.it/luca-bortolato

Una frase o un pensiero per concludere l'intervista?
Ho passato le notti con “Sottovoce” di Marzullo e sognavo che alla fine dell’intervista qualcuno mi chiedesse: “Si faccia una domanda e si dia una risposta”.
E apparentemente in maniera banale vi lascio con questa sua frase: “Un giorno per amare, per sognare, per vivere. Buonanotte”
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