Giornalisti in tutto il mondo stanno continuando a studiare e a scandagliare l’enorme mole degli ultimi cablogrammi statunitensi diffusi da Wikileaks a fine agosto. Una vera e propria miniera di notizie. Una delle ultime, passata apparentemente inosservata: in Iraq funzionari della polizia locale avrebbero abusato sessualmente di monorenni detenuti illegalmente per estorcere confessioni.
La notizia è stata riportata dal sito statunitense The Dissenter, che, dallo studio dei dispacci diplomatici provenienti dall’ambasciata di Baghdad, ha anche scoperto come l’allora ministro dell’interno irakeno, Jawad al-Bulani, si sia opposto alla rimozione di un funzionario di polizia accusato di aver ordinato le violenze.
Maggio 2006: dopo le contestate elezioni legislative del dicembre 2005, il nuovo premier, lo sciita Nouri Al Maliki, presenta il suo esecutivo al Parlamento il 20 del mese. Deve affrontare la situazione di un paese sconvolto, oltre che dall’occupazione militare statunitense, da una vera e propria guerra civile. Ad aprile si contano in media 30 morti al giorno: a Baghdad sono oltre mille le morti imputabili alla violenza settaria.
In questo contesto, il 30 maggio, un gruppo di ispettori statunitensi e irakeni, visita un centro di detenzione a Baghdad gestito dalla polizia e quindi dipendente dal ministero dell’Interno. Il centro è denominato “Site 4“. Viene descritto come una struttura fatiscente e sovraffollata che richiude oltre 1.400 persone. Dopo una serie di interrogatori, gli ispettori scoprono quarantuno detenuti con contusioni e ferite compatibili con “violenti abusi fisici”, nonché trentasette minori, molti dei quali denunciano di aver subito violenze sessuali.
Ecco cosa si legge nella comunicazione del 10 giugno, classificata come “Confidenziale”:
Alcuni minori detenuti, per lo più adolescenti, hanno denunciato di aver subito degli abusi sessuali da parte deil personale del ministero dell’Interno - nello specifico, i funzionari deputati agli interrogatori hanno usato minacce e atti di violenza anale per indurre confessioni e hanno costretto i minori a praticare loro delle fellatio durante gli interrogatori. Queste accuse sono state avanzate agli ispettori spontaneamente anche da allcuni detenuti adulti che ne erano a conoscenza.
Oltre ciò, gli ispettori scoprono una stanza vuota con un gancio sul soffitto e delle macchie di sangue sul pavimento. Alcuni detenuti che riportavano segni di violenza avevano in effetti raccontato di essere stati appesi per le manette e di essere stati percossi sotto le piante dei piedi e sulle natiche.
Secondo i diplomatici Usa era impossibile non sapere:
È difficile, se non impossibile, per i funzionari ministeriali responsabili del Sito 4 non essere a conoscenza degli abusi sui detenuti. Ciò è deducibile dal grande numero di detenuti con segni di violenza, dalla presenza illegale di trentasette minori, e dal fatto che ganci e carrucole utilizzate per appendere i detenuti erano tenute in bella vista
Di certo non è la prima notizia del genere, e già allora era nota la brutalità della polizia e delle forze speciali irakene. Più grave è il fatto che, in seguito alla richiesta di rimozione di un funzionario, l’allora ministro degli Interni si sia opposto.
Nonostante la richiesta Usa di chiudere il Sito 4, nel luglio 2006 il centro ospitava ancora 700 persone, mentre i minori sono stati trasferiti subito dopo l’ispezione. Una task force investigativa, aiutata dall’Fbi, ha individuato anche alcuni responsabili, tra cui il generale Mahdi Sabeh, comandante della seconda divisione della polizia nazionale.
Il marzo dell’anno seguente, il primo ministro si oppone all’arresto del generale, appellandosi ad un articolo del codice penale. Nel frattempo Mahdi Sabeh lavora per i servizi di intelligence. L’ambasciata Usa lo viene a sapere da un funzionario da un altro funzionario del ministero, Mazen Kamel Al-Qoraishy. In un altro cablo del 23 aprile 2007 si legge:
Mazen ci ha informato che il generale Mahdi – accusato di aver direttamente ordinato torture e altri abusi – sta lavorando adesso per i servizi di intelligence del ministero dell’Interno. La sola punizione per le accuse che gli sono state rivolte è stata la perdita di quattro giorni di stipendio. Mazen dice che il generale Mahdi è noto per la sua corruzione tra gli impiegati del ministero. tuttavia, ha aggiunto, sfortunatamente ha “contatti poiltici ad alto livello” che lo proteggono
Perché il ministro dell’Interno avrebbe coperto il generale? Per i suoi legami politici con il Consiglio Supremo per la Rivoluzione Islamica in Iraq, un partito sciita che ha sempre sostenuto Bulani. Ma Mahdi Sabeh avrebbe contatti anche con le Brigate Badr, braccio armato del partito. Non è un caso dunque che gli abusi si siano concentrati su detenuti sunniti.