Con sette pazzi ma splendidi anni di matrimonio alle spalle, il lutto della madre -suo baricentro, migliore amica e compagna di studi-, una gravidanza non programmata, sola come un cane e reduce da una vita promiscua come eroinomane, Cheryl decide di intraprendere un percorso fisico e spirituale per i luoghi più sperduti e meno frequentati della sua terra
In accordo col topos- o forse clichè-, che accompagna la cultura occidentale da Chaucher a Kerouac, passando per Proust, secondo cui il vero viaggio di scoperta non consistenel cercare nuove terre, ma nell'avere nuovi occhi, ancor prima di giungere a destinazione la protagonista riesce ad avere una visione gestaltica sulla sua realtà e a liberarsi dai fantasmi che la perseguitano. Se Cheryl riesce a raggiungere la sua meta, lo stesso non si può affermare con certezza per Vallée, che, attraverso metafore e allogorie imbarazzanti (una su tutte: come Cheryl deve disfarsi di certi fardelli ereditati dalla sua vita passata, così le persone che incontrerà sulla via l’aiuteranno a gestire meglio l’enorme bagaglio), imbastisce una narrazione sì evocativa e suggestiva, ma carente di continuità e logica. In questo senso l’utilizzo del flash-back, oltre che avvicinare pericolosamente "Wild" a "Into the Wild" –per il percorso di liberazione del protagonista– e Nynphomaniac –per l’abuso del sesso quale mezzo di evasione–, crea un vero e proprio iato concettuale tra il prima e il dopo, rendendo poco chiari i motivi che hanno condotto la giovane a compiere certe scelte.
La pellicola è cosparsa da una qual certa aura femminista, inindagata e del tutto gratuita. Dicotomica è anche la presentazione della figura maschile: se prima di iniziare il percorso gli uomini erano per Cheryl legati solamente ad una vita insana all’insegno di sesso droga –e poco rock and roll ma molta poesia-, ora più volte la salvano donandole acqua e cibo nel momento del bisogno. Più che di un viaggio di scoperta si tratta per Cheryl di un percorso di purificazione: in negativo, di liberazione dall’eroina e da un’esistenza selvaggia, in positivo di accettazione e –letteralmente- com-prensione dei moniti della madre, come you can put yourself in the way of beauty, che risuonano lungo tutto il percorso e la pellicola sotto forma di un’invadente flusso di coscienza. Erica Belluzzi