Wilfred Owen (1917).
DULCE ET DECORUM EST
Bent double, like old beggars under sacks,
Knock-kneed, coughing like hags, we cursed through sludge,
Till on the haunting flares we turned our backs
And towards our distant rest began to trudge.
Men marched asleep. Many had lost their boots
But limped on, blood-shod. All went lame; all blind;
Drunk with fatigue; deaf even to the hoots
Of gas-shells dropping softly behind.
Gas! GAS! Quick, boys!—An ecstasy of fumbling
Fitting the clumsy helmets just in time,
But someone still was yelling out and stumbling
And flound’ring like a man in fire or lime.—
Dim, through the misty panes and thick green light,
As under a green sea, I saw him drowning.
In all my dreams before my helpless sight
He plunges at me, guttering, choking, drowning.
If in some smothering dreams you too could pace
Behind the wagon that we flung him in,
And watch the white eyes writhing in his face,
His hanging face, like a devil’s sick of sin,
If you could hear, at every jolt, the blood
Come gargling from the froth-corrupted lungs,
Obscene as cancer, bitter as the cud
Of vile, incurable sores on innocent tongues,—
My friend, you would not tell with such high zest
To children ardent for some desperate glory,
The old Lie: Dulce et decorum est
Pro patria mori.
(Piegati in due, come vecchi barboni sotto sacchi,/ con le ginocchia strette, tossendo come streghe, imprecavamo nel fango,/ fino ai bagliori inquietanti voltavamo la schiena/ e verso il nostro lontano riposo cominciavamo ad arrancare./ Uomini marciavano assonnati. Molti avevano perso i loro stivali/ ma traballavano, calzati di sangue. Tutti zoppicavano; tutti ciechi;/ ubriachi di fatica; sordi anche ai fischi/ di granate che cadevano piano dietro di noi.// Gas! Gas! Presto, ragazzi! – Un brancolare eccitato,/ ficcandosi i goffi elmetti appena in tempo;/ ma qualcuno stava ancora urlando e inciampando,/ e agitandosi come un uomo nel fuoco o nella calce…/ Pallido, attraverso i vetri appannati e la fitta luce verde,/ come sotto un mare verde, l’ho visto affogare./ In tutti i miei sogni, prima che la mia vista si indebolisse,/ si getta verso di me, traballando, soffocando, annegando.// Se in qualche ansimante sogno anche tu potessi marciare/ dietro al vagone in cui lo gettammo,/ e guardare gli occhi bianchi contorcersi nel suo volto,/ il suo volto abbassato, come un diavolo stanco del peccato;/ se tu potessi sentire, ad ogni scossa, il sangue/ che arriva come un gargarismo dai polmoni rosi dal gas,/ osceno come un cancro, amaro come il bolo/ di spregevoli, incurabili piaghe su lingue innocenti, –/ amico mio, tu non diresti con tale alto entusiasmo/ ai figli desiderosi di una qualche disperata gloria,/ la vecchia Bugia: Dulce et decorum est/ pro patria mori.)