Wim Kieft, nato ad Amsterdam il 12 Novembre 1962, arrivato dal parco attaccanti del Ajax e scarpa d’oro nel 1987, ora 51enne, si racconta mettendo in luce il problema che lo perseguita da anni: la droga. Diciannove anni di tossicodipendenza, un matrimonio fallito, quattro figli, e 400 mila euro di debiti con il fisco olandese, è questa la vita ad oggi di colui che ha vestito in italia le maglie di Torino e Pisa.
Debutta a soli 17 anni nell’Ajax, più di 200 reti segnate e una scarpa d’oro ottenuta, ma tutto questo è ormai un ricordo lontano: Mi sono sempre sentito inadeguato. A Parigi, mentre mi consegnavano la Scarpa d’Oro, pensavo: ecco un perdente in giacca e cravatta. Guardavo Platini e Paolo Rossi accanto a me, si muovevano disinvolti, io me la facevo sotto”.
Non che con le donne le cose andassero meglio: “La mia prima ragazza l’ho avuta solo a 19 anni, ed è poi diventata mia moglie. Il mio complesso di inferiorità scompariva solo quando bevevo. A 17 anni presi la mia prima sbronza, alla giornata di pesca con l’Ajax”.
Nella sua autobiografia Kieft ripercorre anche l’avventura in italia, e la sua prima volta con la droga: “Mia madre mi comprò un giaccone rosso. Arrivai a Pisa e c’erano 35 gradi. I primi mesi volevo scappare, al terzo anno avrei voluto rimanere in Italia in eterno, nonostante Radice mi avesse detto che dopo l’infortunio al ginocchio non sarei più tornato quello di prima. Poi mi cercò il Psv, uno squadrone, e così me ne andai”.
A carriera ormai finita invece, ecco la prima volta con la droga:“Ho provato la coca per la prima volta a 33 anni, in discoteca. Da allora ne avrò sniffata una quantità pari a mezzo milione di euro. Oggi vivo con 20 euro al giorno, se ne avessi 100 li spenderei tutti. Giro in treno e in bici, non posso permettermi un taxi. Per fortuna il lavoro, da opinionista o commentatore tv, non mi manca”.
Nel 2013 Kieft prova per la terza volta di disintossicarsi, ma senza grandi risultati: “Almeno dalla cocaina, perché sull’alcol ci sto lavorando. È un processo lungo e difficile, frequento ogni giorno le riunioni del Narcotics Anonymous, interiorizzando il loro motto: se ti svegli alle 6 di sera, ricordati che la tua malattia è già in piedi da un’ora”.
Una storia terribile quella del campione olandese, un racconto che però non è cosi raro, non è il primo e non sarà l’ultimo ”famoso” a cadere nel vortice della droga, si prova una volta, una seconda, e poi non se ne esce più, convinti che sia quella la soluzione a tutte le preoccupazioni e paure, e invece no, quello è solo un modo per sfuggire a tempo determinato dai problemi, i quali una volta che ”l’effetto è terminato” tornano sempre puntualmente da te.