di Nicola Pucci
Sorprendente e incerto fin dal giorno dell’apertura, il Torneo di Wimbledon 2013 celebra l’ultimo atto, la finale maschile, e mette in bacheca il nome di Andy Murray.
Murray vince Wimbledon – da eurosport.fr
Un evento atteso a lungo, in terra britannica. L’albo d’oro reclamava un vincitore figlio di Sua Maestà dal giurassico 1936 quando ad imporsi sul Centre Court più prestigioso fu Fred Perry. Da quel dì ne è passata di acqua sotto i ponti del Tamigi, c’è infine voluto un ragazzo brontolone e piagnucoloso, oltretutto scozzese di nascita… ma fa lo stesso, è giorno di festa grande per i londinesi e l’Andy nazionale può infine gioire davanti al Royal Box dopo le lacrime di dodici mesi orsono per la sconfitta con Federer e la rivincita a cinque cerchi del mese di agosto.
Torneo ricco di colpi di scena nel suo abbrivio, Wimbledon 2013. Con la prematura e clamorosa eliminazione di Nadal al primo turno per mano del belga Darcis e l’ancor più inattesa sconfitta del Magnifico Federer con Stakhovsky. Gli infortuni hanno tolto di mezzo un outsider importante come Tsonga, ma poi il corso della competizione si è allineato secondo pronostico ed in semifinale sono giunti i due principali favoriti della vigilia, Djokovic e Murray, accompagnati da Del Potro tornato competitivo come ai bei tempi degli Open Usa 2009 e dall’emergente Jerzy Janowicz, che esplose a Bercy 2012 e già chiede un posto tra i più forti del ranking.
Venerdì 5 luglio il programma ha proposto due sfide intense e appassionanti, con Nole il serbo che in cinque set e poco meno di cinque ore di lotta serrata con Delpo si è garantito l’accesso alla sua seconda finale sui prati inglesi e Murray che prima ha rischiato di andar sotto di due set con il bombardiere polacco, poi è riuscito a disinnescarne l’arma letale, il servizio che può raggiungere i 230 km/all’ora.
L’attesa per la finale era febbrile. Si respirava la storia tra i Doherty Gates e Murray non ha fallito l’appuntamento. Sostenuto e sospinto da un regno intero vince in agilità il primo set; risorge da 1-4 nel secondo parziale; apre il terzo col break che pare affossare definitivamente Djokovic. Appunto, pare. Il serbo è lottatore indomito, ha un sussulto, recupera lo svantaggio, strappa ancora il servizio all’avversario ma non riesce ad allungare la sfida. L’ultimo game è passione e paura, ma la palla che vale la carriera la mette giù Andy lo scozzese.
E da lassù Fred Perry può finalmente applaudire il suo erede designato.
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