Il mio voto
La mia recensione
Terrificante. Questa è una storia che distrugge. Quando ho iniziato a leggere questo libro pensavo di finirlo subito perché il formato era piccolo, lo stile scorrevole, la trama interessante. Tutti questi elementi, però, non mi hanno assolutamente aiutata ad affrontare i temi trattati dalla Anderson e, così, mi sono ritrovata a dover centellinare le pagine per evitare di rimanere sepolta dietro i tormenti di Lia, la protagonista di “Wintergirgls” di Laurie Halse Anderson. Lia è una ragazza come tante, ma la sua vita è segnata da un disturbo terribile, quello dell’anoressia. È ossessionata dal cibo e dal suo peso, dal numero che appare sulla bilancia. Il suo obiettivo è quello di arrivare a zero perché zero chili equivale al nulla. I genitori di Lia sono divorziati, suo padre si è risposato, sua madre è un medico che passa tutto il suo tempo in ospedale, ha una sorellastra, Emma, e una matrigna, Jennifer. Potrebbe essere felice e avere un futuro brillante, nonostante le difficoltà che deve affrontare quotidianamente, ma il suo unico obiettivo è quello di svuotare il suo corpo, solo allora potrà sentirsi bene, potrà sentirsi libera, potrà sentirsi se stessa. In questo incubo, nessuno riesce a comprenderla tranne Cassie, la sua migliore amica, anche lei affetta da disturbi alimentari. Tuttavia, la ragazza è più debole di Lia e non riesce a superare la malattia. La sua morte segnerà profondamente la vita di Lia, vittima di una depressione terribile e, soprattutto, carnefice di se stessa. Non è semplice parlare di un libro di questo tipo perché si rischia di cadere nel banale, ma la verità è che non c’è niente che non sia stato già detto su questo argomento e che, tuttavia, non valga la pena di ripetere. L’anoressia e la bulimia, accompagnate dalla depressione e dall'autolesionismo, sono tra i disturbi psicologici più subdoli al mondo. Miliardi di ragazze ne sono vittime, consciamente o inconsciamente, ed è difficile che le persone che sono accanto a loro riescano a comprenderle. Laurie Halse Anderson ha svolto un grande lavoro scrivendo questo libro e si guadagna il merito di aver dato voce ai pensieri di tutte quelle ragazze intrappolate in se stesse e di aver reso visibili nel loro intimo i cuori delle “ragazze d’inverno”. Tralasciando il tema trattato, il romanzo in sé mi è piaciuto, anche se è stata una vera tortura leggerlo. Siamo stati tutti adolescenti e possiamo immedesimarci in molti degli stati d’animo, delle paure e delle insicurezze di Lia. Almeno per me è stato così ed è stata una lettura difficile sotto questo punto di vista. Mi faceva tornare alla memoria tanti brutti ricordi e ho faticato per costruire una sorta di muro tra me e la storia, ma se non mi fossi distaccata non avrei potuto proseguire. Ho amato e odiato lo stile dell’autrice. È perfetto per raccontare fino in fondo l’ossessione di Lia, ma non posso non ammettere che spesso mi ha infastidito e, in alcuni punti, addirittura nauseato. È un tipo di scrittura particolare che tende a seguire il pensiero della protagonista, una prosa cruda e realistica che mette a fuoco ogni dettaglio, ma in un certo senso è distorta e contorta. Contraddittoria, ecco. Una scrittura vivida e nitida, eppure sfocata e confusa. È una scrittura che fa male, questo è certo. Scava e logora, scava e logora, fino allo sfinimento. A mano a mano che proseguivo con la lettura ho sviluppato una specie di amore-odio verso questo libro, forse proprio per via dello stile della Anderson o forse perché questo genere di storie non sono adatte a me e ho difficoltà a digerirle perché mi fanno davvero molto male. In ogni caso, è stata una lettura che ho apprezzato perché adoro i libri che permettono di riflettere su questioni importanti e spesso tabù. Però, non lo rileggerei mai perché mi ha davvero fatto soffrire. Non è un libro che puoi lasciare sul comodino una volta chiuso, non è possibile. La storia ti segue e ti occupa la mente, pensi e ripensi alla povera Lia, non riesci a fare a meno di preoccuparti e addolorarti per tutte quelle ragazze che nella realtà sono ossessionate dal loro corpo, le domande (più che altro senza risposte) si affollano nel cervello e ti accompagnano fino alla fine del libro. I disturbi alimentari sono descritti in maniera realistica e priva di fronzoli e sembra di entrare veramente nella testa di una ragazza malata, un tunnel da cui non c’è uscita. Non ho potuto fare a meno di affezionarmi a Lia, ragazza bisognosa di aiuto e d’amore e di sicurezza, e ho tifato ardentemente per la sua guarigione. Sarei voluta andare da lei e aiutarla, farle capire che la sua ossessione per il cibo non avrebbe risolto nulla, e che doveva uscirne, nessuno avrebbe potuto farlo al suo posto. Mi sono piaciuti tutti i personaggi, soprattutto Elija (almeno fino ad un certo punto), ma ho veramente odiato Cassie con tutta me stessa; non so perché ma la sua presenza/assenza mi faceva infuriare e la sua personalità mi ha dato molto fastidio. “Wintergirls” è un romanzo che merita di essere letto perché è il manifesto di una terribile realtà sempre attuale, ma dovete sapere che non è un libro facile, anzi tutto il contrario, quindi lo consiglio soprattutto a chi sa di avere la forza di reggere la storia di Lia e a chi vuole saperne di più sui disturbi dell’alimentazione. Monia Iori