A cinque anni di distanza dal bellissimo album acustico Suddenly last summer (prodotto da Andrew Worboys e Rob Taylor), Jimmy Somerville cambia improvvisamente rotta e pubblica a sorpresa Homage, un’incursione coraggiosa, grintosa e sfacciata nella disco-music delle origini. Il titolo sembra anche giocare sottilmente con le parole homo e age, in riferimento alla gaia “decade raimbow” dei mitici Settanta. In copertina una muscolosa statua di Atlante sorregge una sfera stroboscopica da discoteca, e sullo sfondo una città pronta a vivere e a ballare.
Sono trascorsi più di trent’anni ma, bisogna riconoscerglielo, lo Smalltown boy appare ancora in splendida forma, sia fisica che vocale (anzi la voce con gli anni ha guadagnato spessore e sfumature). L’operazione vintage è cercata, voluta, dichiarata e splendidamente perseguita. Gli arrangiamenti in stile (curati dal produttore e amico John Winfield) lungi dal risolversi in mero effetto accessorio conferiscono colore, calore e nuova energia ai brani, una seconda pelle che li veste a pennello. Trionfa la leggerezza, la spensieratezza, ma anche l’audacia creativa (caratteristica di quegli anni). «L’idea è stata mia,» ha spiegato il cantante scozzese «e Winfield non se l’è fatto ripetere due volte, così ci siamo messi subito al lavoro e abbiamo riarrangiato tutte e dodici le tracce seguendo quest’unico filo conduttore. È stato come fare un salto nella mia adolescenza.» L’effetto nostalgia è mitigato da un tappeto sonoro tutto sommato sobrio, mai parodistico, riaggiornato al presente; i coretti seventy e i giri di violino ben si accordano all’inconfondibile falsetto di Jimmy, perfettamente a suo agio in ogni singola traccia (dalle più dinamiche alla ballad di chiusura Learned to talk.
Homage è molto più che un omaggio, suona quasi come una riappropriazione, un recupero, un ripristino. Somerville deve in parte il suo successo e la sua notorietà alla rilettura di classici della dance, – pensiamo alle sue fortunate versioni di Never can say goodbye, You make me feel (migthy real), I feel love e Don’t leave me this way – e questo nuovo lavoro si riallaccia idealmente a quel filone. Altre potenziali hit del disco sono Strong Enough, Freak e la trascinante Travesty. La critica musicale copia-incolla ha bollato con tiepida sufficienza il disco (c’è da credere senza ascoltarlo) come una parentesi trascurabile di una diva incapace di reinventarsi e tristemente imprigionata nei suoi cliché. Nulla di più falso. Dopo le esperienze con i Bronski Beat (1984-1985) e i Communards (1986-1988) Jimmy ha seguito un percorso solista coerente, – l’album del debutto è Read my lips, del 1989, con i successi internazionali di Comment te dire adieu e You make me feel (mighty real) – certo con alti e bassi ma senza mai perdere di vista la qualità delle scelte artistiche, prova ne sono gli ultimi quattro album Manage the Damage (1999), Root Beer (2000), Home Again (2004, contenente la hit Come on) e l’incantevole già citato Suddenly last summer (dove spiccano le splendide prove vocali di It’s love e I just don’t know what to do with myself).
Homage, nonostante il sapore retrò, suona come un nuovo punto di partenza, una spinta propulsiva, e apre un nuovo percorso creativo nella carriera di Jimmy. Homage è disponibile in formato cd, cd-deluxe e doppio vinile blu (i meno esigenti lo troveranno su i-tunes e altre piattaforme musicali).
Lillo Portera
Cover Amedit n° 23 – Giugno 2015 “Il ragazzo dagli occhi di cielo” by Iano
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Questo articolo è stato pubblicato sulla versione cartacea di Amedit n. 23 – Giugno 2015.
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