Megi Ndriollari Donatella Marchionne Caterina Ferraresi Milena Preti Ilaria Mariotti Alessandra Massagrande Victoria Barygina Katia Ceccarelli Antonio Contini Eleonora Rontini Francesca Lombardi
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2) Donatella Marchionne Che cos’è l’amour?
Devo rispondere proprio a questo quesito. Secondo me è tutto quello che ci fa stare bene o male o entrambe semplicemente per un’inezia: basti pensare a quante giornate siamo stati tristi perché abbiamo avuto un’incomprensione con un amico o perché siamo impotenti alla problematica di una persona a noi cara o quanti momenti siamo stati felici solo perché una persona a cui vogliamo bene aveva ricevuto una bella news o osservando il nostro animale domestico. La peculiarità dell’amore è che così potente da sconvolgerci la vita in qualsiasi momento e a qualsiasi età. Ogni volta lo affrontiamo in modo diverso: dopo varie esperienze, a malincuore siamo più cauti e più frenati, per la paura di farci nuovamente male. Forse certe volte preferiamo vivere di rimpianti (ma se …) che viverci veramente quel sentimento. E poi ci ritroviamo con il solito dilemma: inseguire l’ideale o accontentarsi di quella persona che ci fa stare bene? Io, ora come ora, non saprei cosa rispondere perché è come se mi trovassi ad un incrocio dove non so proprio quale strada scegliere.
3) Caterina Ferraresi Una lunga buona vita -Mi vuoi sposare?- chiese lui -Si- disse lei. Fu così che andò. Lei mise un cappellino con le rose, lui una cravatta nuova blu. Questo le venne in mente, mentre intorno la gente le stringeva le mani e sussurrava piano. Era stata una buona vita, ed era stato quasi sempre amore. Lei aveva un cappellino grigio, lui una cravatta nuova nera. -Sempre il primo- pensò lei. Ti è sempre piaciuto arrivare per primo. E poiché sorrideva si meravigliò di sentire una lacrima che le scorreva lungo il viso.
4) Milena Preti STALAG Obrslesia, Stalag VIII B 16 giugno 1944
Adorata Emma, affido questa lettera all’amico Gianni, sperando che riesca a consegnarla. Nell’ultima conta lui ha accettato di far parte delle divisioni R.S.I. e lo faranno rientrare in Italia per combattere al fianco dei tedeschi o almeno così gli hanno detto. Sono rinchiuso in questo stalag da quasi un anno e non so nulla della mia famiglia, né di te. Dal recinto dietro la fabbrica dove costruiamo rotaie, riesco a vedere una piccola chiesa che tanto mi ricorda quella di Cavezzo, dove ti ho promesso davanti alla Madonna che ti avrei sposata. Aspettami, perché non lascerò che la follia di questo posto mi vinca. Ieri sono riuscito a prendere un corvo, tirandogli un sasso. L’ho diviso con altri due compagni, ma uno di loro questa notte è morto. Fatichiamo a riconoscere i nostri corpi, tanto siamo provati dalla fame, dalle morti e dalle atrocità. Negli ultimi mesi con i treni sono arrivati degli ebrei, anche italiani. Alloggiano sotto un tendone e a decine ogni giorno vengono portati via con i camion. Nessuno torna mai. Aspettami, perché io tornerò e avremo la famiglia che abbiamo sognato con tre bambini: due maschi e una femmina, il tuo Ubaldo
5) Ilaria Mariotti In una sera d'inverno
Vorrei che tu venissi da me in una sera d'inverno. Avresti addosso l'odore del freddo e dei fumi della città. Io, vestita di lana nel mio collant verde, ti porgerei una tazza di cioccolata alla cannella per riscaldarti mani e pancia. Vorrei che stretti insieme guardassimo dietro i vetri, appannati a tratti dal ritmo delle nostre parole calde, e inventassimo storie per ogni passante, finestra illuminata o macchina ferma. Ti direi: “Ti ricordi?” invitandoti in un gioco di ricordi di cose mai vissute e tu, compiacente, arricchiresti l'immagine colorandola di buffi particolari. Ma tu non sai gioca-re a “far finta” e detesti il freddo e la cannella. Quella sera d'inverno rimarremmo muti, io guarderei fuori e tu mi chiederesti stanco un'altra sigaretta prima di spegnere la luce. Solo questo e nient'altro. Eppure mi piace dirti queste cose.
6) Alessandra Massagrande Ricordi
Lui era un reporter, io cercavo me stessa disperatamente. Lo stimavo, oggettivo senza perdere il cuore. Maggio, la prima volta. Il letto sfatto, le persiane accostate, io lì, in quella stanza che non mi apparteneva. «Lo vuoi anche tu?» Parole dirette. Farfugliai. Giocai un gioco di cui non conoscevo le regole con chi era fin troppo bravo a infrangerle. Il suo odore misto al mio, ovunque. Luglio, fu la seconda. Ricambiai un bacio. Una risata. Si ride per cose sciocche, a volte. Ore dopo, nella piscina del mio fidanzato, cacciai la testa sottacqua come ad annientare i ricordi. Sì, ero fidanzata, con chi mi teneva nella gabbia del suo perbenismo borghese, bambola da vestire e svestire con i suoi abiti preferiti. Soffocavo. Ogni mia fibra lo respingeva eppure avevo paura di spiegare le ali. L’altro, un uomo incapace di legarsi. «Ti amo, ma hai scelto, sei ancora fidanzata», disse il reporter, «Parto, non ho motivo di restare». Dove? Non importa Lontano, questo conta. Eccomi ora, la mente persa in un altrove. Mi rende alla realtà il tuffo di mio figlio in quella piscina in cui, in un giorno lontano, cercai invano di cancellare i pensieri. E, improvvisa, giunge la consapevolezza, io lo amavo.
7) Victoria Barygina Eternamente. Noi. Nel collo della clepsamia. Né spazio né tempo. I granelli fluiscono apparentemente in un panta rei, tuttavia la freccia del mitico arcere non può essere scoccata… Il verginale corsetto mi abbraccia vigorosamente le membra, il fruscìo muto del lungo strascico che scorre sul pavimento della navata centrale e delle abbondanti maniche di pizzo che sfiorano l’abito, come un mandala, rapisce la mia mente. Sono a Cracovia, i nostri sguardi s’incontrano, le nostre anime entrano in risonanza: questo straniero pizzica le mie limbiche corde. Ti ho appena visto, ma siamo sempre stati. Eccoci a passeggio per la dormiente Krakòw, seduti nella Karlskirche viennese, mano nella mano nella moscovita Krasnaja Ploščad’. La neve fruscia su di noi, la mia San Basilio ci guarda. L’anello cinge il mio dito, ed eccomi nel “bel paese là dove ‘l sì suona”. Firenze ci accoglie, frusciano le fronde a San Miniato al Monte mentre tu genuflesso, mentre io senza parole, un nuovo anello al dito… Solco la navata il fruscio il collo la sabbia Krakòw Wien Moskva Firenze la neve gli sguardi le fronde gli anelli lo strascico… Né spazio né tempo. Nel collo della clepsamia. Noi. Eternamente.
8) Katia Ceccarelli Lunga vita
Nel mondo divampava il "Rocky horror picture show" ma a Roma, nel mio quartiere, le paillettes e le piume che ci facevano sognare erano quelle del giovane e stupefacente Renato Zero.
Andavo alle elementari e mi piaceva leggere Jack London. L'amore per me era quello verso un cane fedele per il quale avrei fatto di tutto, se solo ne avessi avuto uno.
Un pomeriggio venne la mamma di un mio compagno di scuola, Marcello. Era una di quelle che andavano d'accordo con mia madre in tutte le iniziative di protesta dei genitori, allora si protestava in tutti gli ambiti e sotto qualsiasi forma.
Quella volta però venne anche Marcello: "Voleva darti una cosa ma si vergognava"- mi disse la signora. Lui, senza aprire bocca e con gli occhi bassi, mi diede una scatoletta blu con dei ricami "indiani" come andavano tanto di moda.
"Ma non è il mio compleanno!" - Gli feci meravigliata.
"Non fa niente" - mi rispose.
Nella scatola c'era un braccialetto di bastoncini di giada, o pasta di giada, alternati a dischetti dorati con ideogrammi cinesi. "Vogliono dire Lunga vita" - mi spiegò la madre.
"Me lo metti?" - Allungai il braccio verso Marcello che con le mani tremanti chiuse il gancio. - "Ora possiamo andare a giocare in giardino, se vuoi".
Questione di imprinting forse ma se un uomo mi ama deve regalarmi un gioiello e, magari, essere fedele come i cani di Jack London.
9) Antonio Contini Elena e Luca Elena e Luca sono in spiaggia. Elena è bella, bionda, due splendidi occhi azzurri. Luca è moro, occhi neri e fare deciso. E’ tutta la mattina che si studiano, che si guardano, che si cercano. Nessuno però azzarda la prima mossa. Elena guadagna qualche metro. Il gioco di sguardi si fa più intenso. Se fosse una partita a scacchi si capirebbe subito che Elena sta cercando la mossa per dare alla partita una svolta vincente. Ma Luca è guardingo, forse la sua tattica attendista potrebbe rivelarsi azzeccata. Si alza, con due passi copre la piccola distanza che la separava da Luca, gli siede accanto, e gli dice: “ Tu potresti essere l’uomo della mia vita, appena ti ho visto ho sentito qualcosa che non avevo mai provato per nessuno”. Luca pare frastornato, mai nella sua vita era stato affrontato così in maniera diretta. Alcuni attimi, giusto il tempo di riprendersi e via al contrattacco: “ Tu quanti anni hai?” Ed Elena balbettante: “Ne ho sette”. Luca, con tono altezzoso: “Io ne ho otto, scusa ma devo andare a giocare a palline con i miei amici, ciao”. Elena pensa che quell’incontro avrebbe potuto cambiarle la vita. Ma Luca è già lontano. Questa volta l’alchimia non ha funzionato. 10) Elena Rontini Binario 16: qui ha avuto inizio il viaggio del mio cuore. A distanza di tempo mi ricordi ancora come, in mezzo alla folla rumorosa, riuscivi a sentire il ticchettio dei miei tacchi. A distanza di tempo io ricordo ancora le tue parole: “Ti piacerebbe fare il viaggio insieme a me?”: avrei voluto abbracciare ogni singola persona, invece ho preferito abbassare lo sguardo verso le tue mani che, come ali di gabbiano si muovevano agili,per posarsi poi sulle mie braccia tremanti,ancora incredula di averti trovata. Ad un tratto il buio della galleria,ma anche lì i nostri corpi si sono trovati,si sono sfiorati,si sono annusati. Ad ogni fermata ci guardavamo, preannunciando la fine di quel bellissimo sogno,ma già sapevamo entrambi che su quel treno avremmo passato la nostra nuova vita:due corpi,che vivono con un solo cuore, due anime che guardano con solo due occhi,una vita dove entrambi sappiamo che possiamo essere amici, amanti e compagni. Adesso so che sei quello per cui è stato giusto aver lottato, tu che hai piantato un nuovo seme, un seme che ora è diventato un bellissimo girasole, sempre rivolto alla sua luce,alla sua vita,alla sua anima: tu,mio Sole.
11) Francesca Lombardi Il mio principe azzurro
Ci sono cascata ancora mi sono detta quest’estate mentre cuocevo sotto il sol leone e la mia testa bolliva. Era un fuoco di rabbia miscelato con una passione forte, la più impetuosa che ni trovavo a vivere da un po’ di tempo. Il mio cuore batteva all’impazzata ogni qualvolta sentivo pronunciare casualmente quel nome: Riccardo. Una condanna, una sofferenza, un pensiero martellante che mi contorceva lo stomaco. Volevo quell’uomo a tutti i costi e pensare che era un amico di vecchia data che non mi era mai piaciuto, troppo magro, mi dicevo, fumatore accanito il suo alito ne era testimone e mi nauseava. Ruvido nei modi era l’uomo più arrabbiato del mondo. Però mi trovavo a mio agio con lui, ci parlavo di tutto con sincerità senza inibizioni, ero trasparente forse scontata. Poi una sera un bacio caldo, furibondo di passione, un abbraccio e amore. E’ stato così per tre mesi, uniti dalla stessa follia amorosa, dalla stessa fede: il buddismo. Ci capivamo guardandoci negli occhi. Mi diceva sempre che lo sostenevo, energicamente, lo stringevo a me e lo coccolavo, un uomo in cerca di protezione e amore, che non ha riconosciuto e un bel giorno è fuggito sul suo cavallo.