Mercoledì 17 febbraio: un pomeriggio piovigginoso e un post letto tardivamente che mi annuncia la presentazione, a Verona, dell'ultimo libro firmato dal collettivo Wu Ming,
L'invisibile ovunque. Promosso dalla libreria Gulliver e ospitato nel salone della Biblioteca Civica, l'evento si è protratto per due piacevolissime ore, mentre Giovanni Cattabriga-Wu Ming 2 dialogava con Beppe Muraro e con i lettori intervenuti.
Avrei voluto assistere all'incontro dopo la lettura della raccolta appena pubblicata da Einaudi, ma, non avendo trovato il volume durante la mia ultima sortita in libreria (dalla quale ho però riportato
L'invisibile ovunque, attualmente sul comodino) e con così scarso preavviso, non ho potuto permettermi questo lusso. Ciò non ha però pregiudicato la godibilità e l'interesse dell'incontro, che, oltre ad avermi permesso per la prima volta di dare un volto ad una delle penne nascosta dietro lo pseudonimo Wu Ming, ha fornito l'occasione di conoscere il progetto autoriale sotteso a
L'invisibile ovunque e di approfondire alcuni aspetti e curiosità che emergono dalla narrazione.Wu Ming 2 ha spiegato cosa intendesse il collettivo con l'espressione di «Addio al romanzo storico» che ha accompagnato l'uscita de
L'armata dei sonnambuli, motivando la decisione del collettivo di staccarsi dalla tipologia narrativa adottata fino a quel momento e di percorrere nuovi sentieri, sempre, però, con un occhio alla storia e alla sperimentazione.
L'invisibile ovunque, infatti, essendo una raccolta di quattro racconti, è diverso dai precedenti romanzi storici (oltre a
L'armata dei sonnambuli, ricordiamo almeno
Q e
Altai), e diverso è stato il processo di composizione: alla base non c'è un racconto elaborato cooperativamente, ma quattro racconti autonomi che solo in un secondo momento sono stati amalgamati dai quattro autori. Il tema comune è quello della fuga dalla guerra, scelto per la ricorrenza del centenario del primo conflitto mondiale per evidenziare la scarsa attenzione data, proprio nell'ambito delle commemorazioni, ad alcune «zone d'ombra». Il centenario, infatti, non ha prestato voce al disagio dei reduci e dei disertori, alle prepotenze degli alti gradi dell'esercito, alle sorti di migliaia Trentini e Friulani che scelsero di combattere per l'Impero asburgico, insomma, agli aspetti scomodi in un evento di cui prevale ancora, in Italia, una visione gloriosa da
quarta Guerra di Indipendenza, sebbene
letteratura e cinema abbiano tentato di restituire al conflitto la sua portata tragica. Insomma, il collettivo, con il libro e tramite Giovanni nell'incontro di ieri, ha in qualche modo denunciato l'oscuramento della chiave di lettura del primo conflitto mondiale come «Inutile strage».
L'invisibile cui il titolo (desunto dal
Requiem per i morti d'Europa di Yvan Goll) fa cenno è dunque la caratteristica, allo stesso tempo, della guerra, combattuta da uomini che non si vedono e fronteggiata col tentativo di camuffarne i bersagli, e di un sentimento di paura, angoscia e rifiuto che non ha trovato luce e che è rimasto annidato negli animi dei combattenti o dei loro familiari. Invisibile è la guerra, che si insinua anche negli spazi degli affetti e che costituisce un incubo inarrestabile e perdurante anche dopo la sua conclusione. Ma invisibilità è anche la spersonalizzazione prodotta dalla guerra, tipico prodotto della società di massa, e l'invisibilità è una sorta di filo rosso che lega intimamente il libro ai suoi autori, anch'essi celati dietro un nome che allude in realtà alla mancanza di un nome, e che identifica un'esperienza letteraria fluida e variabile.
Nel restituire dignità a quella parte della storia che è stata aggirata, gli scrittori del collettivo ripercorrono dunque la via di una letteratura che si fa storiografia del dettaglio, indagando aspetti singolari delle vicende dei combattenti con la finalità di arrivare a tracciare un quadro molto più ampio, utilizzando un metodo quasi scientifico che porta dal particolare all'universale.Di questo e molto altro si è riflettuto durante il colloquio con Giovanni-Wu Ming 2, senza tralasciare il rapporto del collettivo con le fonti storiche e con la transmedialità che, negli anni, ha visto le pagine letterarie dialogare con le immagini e la musica (anche
L'invisibile ovunque ha una sua
colonna sonora) e una riflessione più ampia sulla letteratura europea scaturita dall'esperienza della prima Guerra mondiale. Un incontro ricco di stimoli e curiosità, che mi rende ancor più curiosa di leggere
L'invisibile ovunque.
«La narrativa usa il particolare per parlare dell'universale: il suo strumento sono le singole vite, ma è chiaro che parla in generale.» (Giovanni-Wu Ming 2)
C.M.Articolo originale di Athenae Noctua. Non è consentito ripubblicare, anche solo in parte, questo articolo senza il consenso del suo autore e senza citare la fonte.