"I am Heathcliff."
Sfidare questo capolavoro richiede dunque un impegno non indifferente e non c'è da stupirsi che la regista britannica Andrea Arnold( Red Road, Fish Tank) si sia lanciata nell'impresa sconfessando del tutto la struttura complessa, stratificata e vertiginosa dell'opera originale: presentato in anteprima alla 68ma Mostra del Cinema di Venezia il suo Wuthering Heights scarnifica il racconto fino al midollo, cancellando ogni traccia delle velleità romantiche e sentimentali tanto favorite dai precedenti adattamenti, per cedere il passo a una parabola negativa dal sapore sanguigno che non si risparmia nel dipingere l'essenza, quasi animalesca, dell'attrazione fatale fra i due protagonisti.
Meglio suggellato dalle prove dei giovani attori esordienti(Shannon Beer e Solomon Glave) che da quelle degli adulti(una lieve Kaya Scodelario e un James Howson più intenso quando privo di battute) il legame fra la ribelle Catherine e il rude Heathcliff, antieroe per la prima volta dalla pelle nera e per questo ancor più estraneo al microcosmo che lo circonda, si nutre di una passione malsana e infetta che lascia leccare via il sangue dalle ferite ma preferisce condannare a morte che dimenticare: le poche linee di dialogo rimaste nella sceneggiatura svaniscono nel silenzio di campi infiniti lasciandoci soli a testimoniare la fusione di due anime insaziabili, viscerale e disturbata nella sua bestialità e pronta a consumarsi con forza, in una scena da brivido, anche contro il corpo senza vita dell'amata.
Delle Cime Tempestose che conosciamo forse è rimasto ben poco, ma lo spirito indomito e selvaggio della storia respira e pulsa ancora senza sosta.