Xavier Jacobelli: “Razzismo? Chiudere le curve è sbagliato. Totti deve andare in Brasile”

Creato il 17 ottobre 2013 da Simo785

a cura di Riccardo Cotumaccio

Xavier è giornalista galante, deciso e – a suo modo – moderno. Il suo punto di vista è chiaro, fermo, ragionato. Non gli sfugge una virgola e non se ne fa sfuggire una. Ascolta e risponde con attenzione, da buon mestierante. Empatico, oserei dire. Quella a Jacobelli – ex direttore di Corriere dello Sport ed oggi a capo di Calciomercato.com – è un’intervista precisa, pulita, sincera. Che toccherà più punti.

Si inizia dalla Roma, dopo 7 giornate capolista a sorpresa della Serie A. Analizzando il gioco, il carattere, la testa: quale fattore ha dato via alla rivoluzione di Rudi Garcia?

In primis proprio l’allenatore, Garcia, che fa giocare i ragazzi secondo le loro caratteristiche, punta su schemi coraggiosi, evita polemiche nello spogliatoio. Ha creato, in sostanza, un clima del tutto opposto a quello della scorsa stagione. Poi troviamo giocatori dall’incredibile qualità: da Strootman a Gervinho (tornato ai fasti del Lille), passando per Totti (fenomeno assoluto), De Rossi e infine Pjanic, che innesca a centrocampo.

Di rado, nella storia, Roma e Napoli si sono ritrovate protagoniste di una sfida scudetto. Crede che i giallorossi possano insinuarsi nella corsa a 2 per il Tricolore tra la squadra di Benitez e la Juventus?

Non è una corsa a 2, bisogna tener conto di Fiorentina ed Inter (che non ha le coppe). Del resto siamo solo alla vigilia dell’ottava giornata. La Roma è da scudetto, è inutile negarlo: 7 vittorie su 7, 20 gol segnati, solo uno subito: non può non puntare allo scudetto. Poi, dire che lo vincerà è affrettato, di certo si batterà per vincerlo.

Juventus: 2 pareggi su 2 in Champions e in Serie A vince a fatica. Dall’arrivo di Conte, questa è la sua “peggior” Signora?

Assolutamente no. Vincerà a fatica ma è una squadra che in serie A ha avuto (nonostante qualche errore arbitrale) 6 successi e un pareggio. Per la Juventus la Champions è indice di grandi difficoltà dal punto di vista psicologico: si affronta il nemico più insidioso vittime di una sorta di sindrome da appagamento. Gli scricchiolii in difesa e Tevez, ogni volta costretto a giocare con un partner diverso, danno sì vita ad una squadra meno irrefrenabile, ma non di certo in crisi.

Il tris subito a San Siro con la Roma ha risvegliato l’Inter dal sogno Mazzarri. È una squadra che può puntare alla Champions o l’organico è ancora da completare?

Qualunque squadra quella sera sarebbe stata sconfitta dalla Roma. L’Inter è partita per tornare in Europa. Dato il nono posto della scorsa stagione (record negativo di sconfitte, 57 gol subiti, fuori da ogni coppa), anche l’Europa League sarebbe obiettivo apprezzabile. Mazzarri, firmando per l’Inter, si è fatto carico di questo, ed oggi sta lavorando molto bene. Recupera giocatori dispersi (Jonathan, Nagatomo, Alvarez), ha perso sì Milito, ma vanta elementi a dir poco interessanti come Kovacic. È una formazione che ha bisogno di tempo, è una stagione di transizione. Si sta cambiando proprietà. Ad oggi si è solo sbagliata la partita con la Roma. Non avendo l’obbligo di giocare le coppe penso che in primavera, come spesso succede, i nerazzurri torneranno in corsa per la vetta della classifica.

El Shaarawy era solo un bluff? Riuscirà a tornare ai livelli dell’anno scorso?

Bluff? El Shaarawy è uno dei più forti del calcio italiano. Purtroppo per lui è stato frenato e bloccato da mille infortuni. Quando c’è una spirale simile è difficile riprendersi subito. Alla sua prima stagione da titolare ha portato da solo – coi suoi 19 gol – il Milan fuori dalla crisi. Ha solo bisogno che la iella vada via.

La FIGC, tramite Giancarlo Abete, ha denunciato “poca attenzione da parte delle società” sulla questione razzismo negli stadi. Chiudere le curve risolve il problema, o va ricercata una soluzione diversa?

No, è un provvedimento sbagliatissimo. La Federcalcio si sveglia un po’ tardi, il fenomeno va avanti da decenni ed è stato più volte trascurato, sottovalutato. Chiudere gli stati è una reazione che non sta in cielo né in terra. Bisogna individuare i responsabili, la questione della discriminazione territoriale è inesistente. È una questione di educazione. Non si può esser così maleducati, bisognerebbe copiare altri modelli. Chi deve sentir non sente: in Inghilterra quando uno si alza e fa cori brutti viene cacciato dallo stadio dagli steward. È un problema di ordine pubblico. Punire le curve non risolve il problema.

Secondo lei, certificata a maggio una condizione fisica ottimale, che motivo avrebbe Totti di rinunciare ai Mondiali? E perché invece dovrebbe accettare il Brasile dopo aver rifiutato il Sudafrica?

Ogni momento storico ha le sue ragioni, le sue cause. Col senno del poi fece bene a rifiutare quel Mondiale (due pareggi e una sconfitta, ultimi nel girone). Se Totti, a maggio, è quello di oggi sì: deve andare ai Mondiali. Stiamo parlando del miglior marcatore vivente in attività in serie A, un signore dai 230 gol in Serie A e 300 in tutte le altre competizioni. Ha 37 anni? Me ne infischio della carta d’identità. Lo stesso discorso vale per Di Natale: questi fenomeni dobbiamo tenerceli cari. Se prima di giugno Prandelli lo trova in queste condizioni va assolutamente convocato. Questi mondiali deve giocarli. 


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