"Ciò che è cambia aspetto ma non viene mai distrutto" scrive Oswald Wirth.
La Morte svolge quindi il ruolo del grande trasformatore, come Shiva che riprende a Visnù la vita donata da Brahma. Nulla viene estinto ma bensì vengono liberate le energie imprigionate in una materia densa, che non sono più in grado di corrispondere alla loro destinazione.
Senza l'intervento della Morte, la vita tutta languirebbe e l'esistenza davvero sembrerebbe all'immagine comune che le persone si fanno della morte.
La nostra esistenza effimera la dobbiamo a lei, essa ci permette di nascere e può condurci ad una nuova rinascita.
Per questa ragione il saggio si avvicina alla morte senza rimpiangere il passato e beneficiando dell'allentamento dei legami delle passioni che tengono imprigionato lo spirito nella materia.