Nella calda serata romana di sabato 5 luglio alla Casa Del Cinema di Villa Borghese, Ginella Vocca, direttrice del Med Film Festival introduce la cerimonia del Premio Alla Carriera: arrivato a quota venti, il Med Film Festival si inserisce nell’ambito dei festeggiamenti per il semestre di Presidenza italiana nell’Unione Europea e offre un programma “profondo e lieve”, una finestra sullo spaccato di vita dei Paesi che si affacciano sul Mediterraneo.
Presente alla serata l’attrice napoletana Iaia Forte, invitata sul palco per conferire al regista Mario Martone il premio alla carriera di questa edizione, rappresentato dal quadro di un artista campano intitolato “Cuore e Sudore”; Ginella Vocca spiega infatti che cuore e sudore sono l’essenza del Med Film Festival, e Martone con la sua disciplina e la sua passione ha indirizzato quanti hanno lavorato con lui verso un’Arte svolta proprio con quella stessa disciplina, con quella passione e con serietà- come spiega Iaia Forte, che considera Martone uno dei suoi maestri.
Sul palco Gianfranco Pannone, regista e curatore della sezione documentari del festival, ringrazia Martone per avergli fatto scoprire Napoli, sua città natale, con altri occhi; e Giona Nazzaro, giornalista e critico cinematografico che riassume i punti essenziali dell’opera martoniana. Attraverso il teatro Martone, che insieme a Toni Servillo frequentava i teatri off e con lui fondò i Teatri Uniti nel 1986, sdogana la città di Napoli dagli stereotipi che fino ad allora l’avevano caratterizzata, per avviarla verso un rinnovamento. Esordisce dietro la macchina da presa nel 1992 con Morte di un matematico napoletano, nel quale racconta gli ultimi momenti di vita dello scienziato partenopeo disincantato e disilluso Renato Caccioppoli, morto suicida.
Giona Nazzaro spiega che l’opera prima traccia un solco nel cinema italiano, definendo un prima e un dopo Martone: tutta la sua produzione non sentirà la nostalgia dei maestri del passato, “il lutto per i padri e le madri”; Martone compie una vera e propria assunzione di responsabilità nei confronti del presente storico e porta avanti, con ostinazione (e discrezione) un progetto linguistico, politico e poetico all’interno del nostro cinema: sono pochi i registi – continua Nazzaro - di cui si possa intuire il “portato” di un ‘intera opera, e non soltanto di un film.
L’opera di Mario Martone si apre continuamente ad un terreno di verifiche, sempre possibili e suscettibili di essere messe in discussione; è questo il privilegio che hanno avuto quanti hanno gravitato nella sua orbita e hanno potuto formare la propria coscienza critica. Martone pone sempre una domanda nei suoi film: “voi, da che parte state?” e lo fa in modo silenzioso, senza la litigiosità che caratterizza oggi le prese di posizione.
Noi Credevamo (2010), proiettato subito dopo la premiazione, film fortemente voluto dallo stesso Martone, intuisce la storia nel suo divenire e ha il grande pregio di affrontare il presente storico, rendendo uno sguardo chiaro e prezioso dei nostri tempi. Noi Credevamo affronta già dal titolo stesso la tragicità del disinganno e della perdita di ideali in cui un gruppo di persone credeva; e oltre alla perdita degli ideali è proprio quel “noi”, quel senso di collettività ad essersi smarrito, oggi come ieri (il film è ambientato durante il periodo risorgimentale).
Il cineasta è grato e felice per il premio che gli viene assegnato e si complimenta con il Festival, che non riduce il cinema ad un “modulo commerciale” ma lo rende un “paesaggio molto ricco” come lo stesso Mediterraneo; nonostante le potenzialità e la ricchezza oggi si sta trasformando in un immenso cimitero –prosegue e sottolinea la centralità della questione, verso la quale dovrebbero concentrarsi gli sforzi di tutti, affinché si possa mettere fine ai morti senza nome che ogni giorno affollano il Mare Nostrum.
Anna Quaranta