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XX MedFilm Festival: “Cairo Drive” di Sherief Elkatsha

Creato il 07 luglio 2014 da Taxi Drivers @TaxiDriversRoma

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C’è tutto l’immobilismo di un paese sull’orlo del collasso, dilaniato dalla corruzione e dall’illegalità che l’era Mubarak ha impresso nell’Egitto moderno; Il Cairo è una città di  20 milioni di persone e 14 milioni di veicoli: automobili, taxi, minivan (le gettonatissime corriere locali che fermano in punti meno battuti dagli altri trasporti pubblici) e tuk tuk (le nostrane Ape Piaggio), un fiume che attraversa giorno e notte la città e rende la vita un inferno, più di quanto già non lo sia.

Il documentario del regista egiziano Sherief Elkatsha, presentato alla XX Edizione del MedFilm Festival si svolge nel periodo appena precedente la “primavera” del febbraio del 2011, per attraversare la fase della deposizione di Mubarak e l’ascesa di Morsi; il regista raccoglie testimonianze interviste e sfoghi di cittadini, automobilisti, guidatori di taxi, tutti in perenne movimento per andare a lavorare e tirare avanti in un Paese che, loro malgrado, non sopportano più ( “What a fucking mess!” dice una donna al volante, “What mess? le chiede il regista, “Egypt”).

Il contrasto tra la voglia di cambiamento e l’inesorabile destino politico del Paese è anticipato dalle parole di uno degli intervistati, quando i fatti di Piazza Tahrir erano ancora distanti: “se Mubarak morisse domani sicuramente succederebbe qualcosa di grosso, la gente è stufa del Paese”; Mubarak è stato cacciato e il Morsi, che gli è succeduto è durato poco più di un anno. L’Egitto, nel frattempo, ha un Presidente provvisorio e  continua a vivere in un equilibrio precario.

E a proposito dell’equilibrio precario, la citazione della scrittrice Maria Golia, che apre il documentario (tratta da “Cairo, City Of Sands”) racchiude l’essenza della città: “Cairo is an essay in entropy…but order is neverthless mantained, if barely” (Cairo è un saggio sull’entropia…ma nonostante tutto l’ordine, a fatica, viene mantenuto).

L’opera di Elkhatscha mantiene un tono a tratti umoristico e leggero, senza andare troppo a fondo delle cause che hanno portato la città e il Paese a vivere in perenne emergenza (forse proprio quello stato di emergenza che Mubarak impose nel 1981 dopo l’assassinio del Presidente Sadat, suo predecessore), come fa ad esempio “Tahrir 2011” (The Bad The Good and The Politician) documentario egiziano di Amin/Ezzat/Salama, uscito pochi mesi dopo la rivoluzione; resta comunque un’amarezza di fondo dettata dall’impossibilità di uscire da un ingorgo che tutti, attraverso il malcostume della corruzione e dell’illegalità, hanno contribuito a creare. E noi Italiani questo lo sappiamo bene.

Anna Quaranta 


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