Non scherziamo, qui non si tratta di un giardino qualunque, di una dacia qualunque, di un albero di ciliegi qualunque, ma del giardino, della dacia e dei ciliegi di Cechov, pezzo da novanta della letteratura mondiale; ricordo ancora l'allestimento fantastico di questa pièce fatta da Strehler al Piccolo Teatro di Milano, tanti anni fa. Siamo a Yalta, dove il grande drammaturgo russo, ammalato da tempo di tubercolosi, ha trascorso buona parte dei suoi ultimi cinque anni di vita. Lo scrittore in persona ha progettato questi luoghi; da padrone di casa leggendario e amante della bella vita qui riceveva ospiti ed amici, di qui
sono passati Rachmaninov, Maxim Gorky,
Leon Tolstoj e tanti altri
Non credo proprio di avere curiosità da "voyeur", trovo insopportabili quelle trasmissioni televisive che ti fanno guardare dal buco della serratura le storie più intime della gente o chi ama fare le scampagnate domenicali sui luoghi delle tragedie, mi piace invece visitare gli interni delle case; l'ambiente, l'atmosfera, gli arredamenti parlano, quello che si è letto solo sui libri trova un suo senso ed una sua giustificazione nel luogo o al contrario colpisce per la sua dissonanza ( penso per esempio a Magritte, al contrasto tra la sua pittura surreale e totalmente fuori dagli schemi ed alla regolarità meticolosa della sua vita da impiegatuccio).
Anche i piani superiori offrono grandi emozioni. Negli appartamenti privati pressoché integri si conservano foto, effetti personali, giochi della famiglia imperiale russa Romanov. Questo edificio è stato infatti progettato come residenza estiva per lo zar russo Nicola II. I Romanov passeranno qui solo quattro stagioni, verranno arrestati dalle truppe bolsceviche nel '17 e un anno dopo seguirà l'esecuzione di tutta la famiglia a Yekaterinburg.
Altro bellissimo posto sulle alture ad est di Yalta sono
i Giardini Botanici Nikitsky, un grande parco voluto dallo zar a inizio '800 che scende fino al mare lungo il fianco della collina, con una curatissima esposizione di flora. Siamo andate a "Nikita" (i locali li chiamano così) prendendo l'autobus 34 superaffollato che si inerpicava a fatica fra una marea di curve, ma è sempre interessante viaggiare con i mezzi locali.