Pubblichiamo questa stimolante lettera, ricca di contenuti interessanti, apparsa sul quotidiano l’Ecoi di Bergamo in data 16.03.2011, a firma di due apparteneti alle Forze dell’Ordine.
Yara, «tra le forze dell’ordine
non c’è alcun coordinamento»
Smarrimento e sconforto. – Quella in cui ci ritroviamo a vivere è una surreale atmosfera di asfissiante smarrimento, talmente pesante da sconfinare nello sconforto. Avvertiamo un livello tale di rabbia e scoramento che non ci possiamo più esimere dal non esprimerlo. Aleggia nell’aria una sorta di senso diffuso di impotenza che si tramuta in consequenziale pessimismo sull’esito delle indagini. Una situazione contraddittoria e deleteria che sentiamo l’esigenza di spiegare, oltre che approfondire.
Una gestione discutibile. Sottolineiamo questo, sgombrare il campo da strumentalizzazioni di sorta o di parte e il sorgere di sterili polemiche prive di spirito costruttivo. Ispirandoci a Martin Luther King, che sosteneva che «le nostre vite cominciano a finire il giorno in cui stiamo zitti di fronte alle cose che contano», nemmeno noi in questo momento possiamo restare in silenzio. Potremo sbagliarci, ma negli ultimi tre mesi abbiamo assistito ad una gestione delle indagini da parte degli inquirenti perlomeno discutibile e oggettivamente farraginosa e, non da ultimo, improduttiva. Senza gettare la croce addosso a nessuno (buona fede ed impegno non sono in discussione), forse la chiave di questo insuccesso investigativo è da ricercarsi nella cronica assenza (storica) di sinergia tra carabinieri e polizia.
Dualismo deleterio. La questione è annosa e di vecchia data, ma si ripropone in maniera antipatica e puntuale, eppure non si riesce a comprendere quando questo Paese capirà (ed ammetterà) quanto sia deleterio il dualismo tra due forze dell’ordine che invece di condividere mezzi, uomini e risorse, finiscono per nascondere alla controparte informazioni ed indizi, con l’unico risultato di non raggiungere mai il traguardo consolandosi che nemmeno i cugini (di un versante o dell’altro) sono riusciti a raggiungerlo. Semplicemente avvilente! Il caso della scomparsa di Yara prima e della scoperta del suo povero corpo deturpato, ha di nuovo portato alla ribalta il problema: il palese conflitto di interessi e attribuzioni tra i vertici dell’Arma dei carabinieri e della polizia di Stato, che determina, con puntualità ossessiva, una chiara, evidente dispersione di forze e di energie, a discapito della scoperta della verità d’indagine. Sconcertante, inoltre, e non possiamo davvero sorvolare sulla questione, la direzione e la conduzione delle indagini affidata alla magistratura che, alla prova dei fatti, si è dimostrata impreparata o per lo meno avventata nel suo incedere, come testimoniato in modo eclatante nella circostanza dell’arresto di un cittadino straniero (determinato da un’errata traduzione di una conversazione telefonica) rintracciato a bordo di una nave fatta rientrare apposta nelle acque territoriali italiane (!). E non da ultimo, come non citare le circostanze (evidenziate ampiamente da numerosi organi di stampa) del nuovo sequestro, a distanza di giorni, dell’area del ritrovamento del cadavere di Yara per l’effettuazione di rilievi scientifici chiaramente ormai «inquinati» dal libero accesso di giornalisti e gente comune dei giorni precedenti. Ad ogni modo, al di là delle questioni prettamente tecniche ed investigative, la drammatica ed assurda vicenda dell’assassinio della piccola Yara ha indelebilmente segnato tutta la società civile e spolverato ogni coscienza, nessuna esclusa. Proprio per questo motivo, la magistratura e le forze dell’ordine avrebbero, anzi «hanno», il dovere di fare il loro dovere nel massimo della trasparenza, assicurando alla giustizia colui (o coloro) che hanno commesso l’omicidio o che ad esso sono connessi. Questa lettera non è uno sfogo ma solo un’ammissione pubblica che se le cose a volte non vanno come dovrebbero, le responsabilità non si possono sempre camuffare. È troppa l’amarezza per l’evoluzione della vicenda, dal punto di vista investigativo, e per quello che, ahinoi, ci ritroviamo a vedere da chi osserva da una visuale privilegiata come la nostra. Troppa, per continuare a comprimerla nel silenzio.
Una vera collaborazione. Non ci resta che guardare avanti e sforzarci di pensare positivo. Quello che in cuor nostro auspichiamo per il futuro è una vera ed autentica collaborazione tra le forze di polizia e una maggiore responsabilità da parte della magistratura, per poter garantire una pretesa e legittima richiesta di giustizia e sicurezza. Inoltre, invochiamo anche maggior rispetto per tutti coloro che «volontariamente» (quindi spontaneamente) hanno contribuito alle ricerche di Yara. Ci riferiamo a tutti i volontari della Protezione civile, preziosi per l’opera prestata sacrificando tempo e risorse personali in nome di un ideale sempre più sbiadito nei cieli della nostra società: la solidarietà. E scusaci Yara, a nome di tutti noi, se sei finita per diventare motivo di un assurdo contendere investigativo. Perdonaci, se puoi.
Due appartenenti alle forze dell’ordine