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Yemen, tra la fragile transizione e la guerra nell’ombra

Creato il 25 luglio 2012 da Geopoliticarivista @GeopoliticaR
Yemen, tra la fragile transizione e la guerra nell’ombra

Mentre l’attenzione internazionale è rivolta tutta verso il problema siriano, vengono dimenticati altri paesi che stanno attraversando una situazione simile ormai da tempo senza vedere miglioramenti concreti. La società yemenita, ormai da qualche tempo nel baratro, non viene presa in considerazione dai mezzi di comunicazione e le notizie che arrivano sono poche e confuse.

Nel novembre 2011 a Ryad è stata avviata la transizione politica appoggiata da GCC, Stati Uniti e Nazioni Unite che ha visto il trasferimento dei poteri dopo trentatré anni del ormai ex Rais ‘Ali Abdullah Saleh, al suo vice ‘Abd Rabbuh Mansur al-Hadi. ‘Abd Rabbuh Mansur al-Hadi è stato scelto con il compito di guidare il paese verso una transizione per i prossimi due anni, ricevendo il consenso non solo della maggioranza e dell’opposizione parlamentare ma anche di una parte dei rivoluzionari e dei militari. Ma quello che sembrava il problema principale del paese, ovvero destituire il presidente Saleh, si è rivelato solo uno dei tanti in una nazione che ha bisogno di aiuto: questa terra, la più povera tra quelle arabe oltre ad essere una delle più povere al mondo, è una società tribale e conservatrice con un numero elevatissimo di analfabeti e disoccupati che vivono con meno di 2 dollari al giorno1. Secondo l’Unicef la situazione è disastrosa e la malnutrizione, complice la guerra, ha invaso tutto il territorio portando il paese, insieme all’Afghanistan, in cima alle classifiche come paese con il più alto livello di malnutrizione, dove centinaia di migliaia di bambini rischiano la morte per fame e altrettanti sono malnutriti1b, nonostante i finanziamenti messi a disposizione da Arabia Saudita e Stati Uniti.

L’inviato speciale dell’ONU per lo Yemen, Jamal Benomar, il 29 maggio scorso ha riferito al Consiglio di Sicurezza che la transizione in Yemen sta avvenendo attraverso una serie di gravi fattori di preoccupazione quali la sicurezza, la crisi umanitaria di grandi proporzioni e conflitti in tutto il territorio non risolti, senza dimenticare la principale minaccia del paese, al-Qaeda2. All’interno di questa cornice, il presidente al-Hadi ha l’obiettivo di organizzare un dialogo nazionale tra la moltitudine di blocchi politici in competizione tra loro, gettando le basi per una nuova costituzione e nuove riforme, compreso l’esercito e le forze di sicurezza, tutto in preparazione di elezioni democratiche multipartitiche da tenersi nel 2014. Compito non facile poiché, all’interno del paese, il movimento secessionista del Sud, le ribellioni dei gruppi zayditi del Nord3, le attività delle cellule terroristiche, le divisioni militari che continuano ad ostacolare il trasferimento del potere politico4, la lotta fra le tribù che vede gli Hashad contro i Baqil, poi gli al-Qahtan e gli al-Obeida contro gli al-Damashqa, fedeli al presidente e sempre stati presenti in tutti i ruoli chiave della sicurezza, stanno logorando il paese trascinando lo Yemen in una guerra civile. Senza dimenticare che l’ombra dell’ex Rais veleggia sempre sullo Stato, vista la sua influenza e controllo su determinate posizioni strategiche come le forze di sicurezza.

D’altro canto, l’espansione dell’AQAP5, al-Qaida nella Penisola Arabica, con il suo braccio locale, Ansar Al-Sharia, operante soprattutto lungo le coste del golfo di Aden, principalmente nel governatorato di Abyan, è diventato il problema principale. L’organizzazione negli ultimi tempi è riuscita a prendere il controllo di molte zone strategiche e a controllare varie regioni; proprio per questo il presidente attuale al-Hadi, negli ultimi mesi, per contrastare l’avanzata, ha schierato sei brigate militari nel sud, ben oltre 10.000 unità militari che hanno ricevuto anche l’appoggio di forze americane e dei droni, per cercare di riprendere il controllo delle zone perdute. Anche se durante giugno sono state riportate delle vittorie importanti che hanno permesso di riacquisire il controllo di alcune zone, riportando ottimismo e fiducia, al-Qaeda può tranquillamente spostarsi e ricollocarsi nel territorio organizzando nuove tattiche e offensive.

L’inviato speciale delle Nazioni Unite Benomar ricorda al Consiglio di Sicurezza ONU quanto ormai sia alto il livello di scontro nel paese, citando gli attentati suicida avvenuti proprio in questo periodo nella capitale Sana’a durante una parata militare uccidendo novanta soldati e ferendone trecento6 o all’uscita di una caserma uccidendo le reclute7. Questi tentativi da parte dell’organizzazione evidenziano che il problema è diffuso in tutto il paese ed è molto difficile da estirpare senza un aiuto esterno; l’intensificarsi delle attività contro obiettivi internazionali e regionali rischiano di far crollare l’accordo firmato a novembre in Arabia Saudita e la fragile transizione politica appoggiata da Stati Uniti, GCC e ONU. Inoltre ultimamente, secondo fonti del ministero yemenita, si sono intensificati i controlli poiché c’è grande paura per l’infiltrazione di estremisti e terroristi provenienti dalla Somalia che entrano nel paese insieme agli sfollati che chiedono asilo per causa umanitaria. Ecco perché per la prima volta il 27 giugno scorso, senza tanti giri di parole, il Ministro degli Esteri yemenita Abu Bakr al-Kurbi ha ammesso che lo Yemen ha richiesto esplicitamente l’intervento dei droni americani per “alcuni casi specifici” e colpire determinati punti strategici di al-Qaeda8.

Vista l’importanza strategica del paese, che si affaccia non solo sull’Oceano Indiano ma anche sul Mar Rosso, e posizionato davanti al Corno d’Africa, gli Stati Uniti e l’Arabia Saudita cercano di intervenire nell’ombra per non attirare troppo l’attenzione e salvaguardare, non solo le tonnellate di petrolio che attraversano quelle acque ogni giorno per essere dislocate in tutto il mondo, ma anche altri interessi come ad esempio le basi militari schierate intorno alla regione yemenita. La Casa Bianca ha dichiarato che l’affiliazione di al-Qaeda in Yemen è la principale minaccia internazionale esistente per l’America e che va combattuta per eliminarla: ecco perché l’Esercito statunitense e la CIA stanno coordinando una campagna distinta ma collegata dove vengono impiegate forze speciali, missili cruise sparati dalle navi e utilizzati i droni9. Secondo il Los Angeles Times un contingente di almeno venti truppe per operazioni speciali staziona all’interno del paese usando intercettazioni, immagini satellitari, video droni e altri mezzi tecnici per individuare i militanti e colpirli10. Gran parte del coordinamento delle operazioni militari nello Yemen avviene in Gibuti a Camp Lemonier, base militare americana, dove sono presenti 8 caccia militari F-15 e i droni, che vengono tenuti sempre pronti per il decollo, non lontano dal territorio yemenita, ovvero alle Seychelles e in Etiopia.

Il ruolo diretto militare dell’amministrazione Obama in Yemen è più ampio di quanto riportato in precedenza e si possa pensare, e rappresenta un profondo coinvolgimento nel conflitto crescente della nazione che rischia il tracollo e l’erompere dell’ennesimo conflitto. Tuttavia saranno molte le sfide che dovrà affrontare il governo nascente del paese nel ripristinare la stabilità e la sicurezza in Yemen e la cosa certa è che da solo non riuscirà a estirpare questa “malattia” ormai diffusa su tutto il territorio11.


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