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Yesterday, i film del (mio) passato (N°8): recensione "Jumanji"

Creato il 17 agosto 2015 da Giuseppe Armellini
Yesterday, i film del (mio) passato (N°8): recensione Un cult probabilmente immortale. Non pretende niente, non si erge a chissacosa ma ha la leggerezza e la profondità delle opere fatte col cuore.
Quando l'Alan bambino "post Jumanji" corre verso il padre, quel padre tornato in casa dopo soli 5 minuti ignaro del fatto che suo figlio invece, in quei 5 minuti, aveva passato quasi una vita intera, ecco, quando corre dal padre e lo abbraccia mi sono emozionato. Non solo per la trovata di scrittura che, abusata o no, bisogna comunque usare bene, ma perchè, sottotraccia, quel momento è davvero portentoso.
Quante volte noi ci rendiamo conto soltanto dopo anni, soltanto attraverso racconti altrui, soltanto "poi", quando l'altro non c'è più, dell'amore che questa persona provava per noi?
Purtroppo moltissime volte.
E nessuno di noi ha la fortuna di Alan, quella di capire le cose solo 26 anni dopo e poi poter tornare indietro, 26 anni prima, e vivere tutto diversamente.
E' una scena minima questa, e probabilmente nemmeno quella con dentro la tematica principale, ma che bella però.
Jumanji è un film invecchiato benissimo, probabilmente immortale, uno dei migliori di questo filone avventuroso per ragazzi. All'epoca i suoi effetti speciali si dimostrarono straordinari e ancora adesso, bisogna ammetterlo, reggono alla grande.
Leoni, scimmie, ragni giganti, un'intera mandria di altri animali, piante rampicanti, la giungla, tutta l'Africa dentro una casa. Il trucco c'è e si vede, ma la realizzazione è comunque da storia del genere.
Questo è un film travolgente, intelligente, divertente, a tratti sottilmente profondo e con un sacco di cuore dentro.
Yesterday, i film del (mio) passato (N°8): recensione
Ambientato in 3 diverse temporalità (addirittura 4 con l'epilogo) Jumanji offre una sceneggiatura fresca, piena di trovate, non banale. La prima ora è praticamente perfetta nel dosare i momenti drammatici, quelli divertenti, quelli "paurosi" e i primi assaggi d'avventura. Poi, probabilmente, almeno per una buona mezz'ora la parte avventurosa prevale un pò troppo, il film di trovate (finale a parte) non ne ha più, diventando "solo" un bellissimo film di genere pieno d'azione, animali in fuga e calamità naturali.
Inutile raccontare la trama, quel gioco è nella storia, un piccolo pezzettino di cuore ce l'ha rubato a tutti.
E che bello vedere la Dunst bambina, e che piacere ritrovare Robin, adesso che non c'è più, Robin con quel sorriso contagioso da nonno buono (anche se aveva solo 40 anni), attore poliderico, stimatissimo, probabilmente anche fortunato nell'aver incontrato così tanti ruoli indimenticabili.
Il bello di questo film sta nel non essere mai pesante, anche nei suo momenti più retorici. C'è una levità costante che lo rende abbastanza inattaccabile, anche perchè sempre inattaccabile è chi pretende poco (dando molto).
Yesterday, i film del (mio) passato (N°8): recensione
E non è nemmeno da sottovalutare la tematica della solitudine, quella coatta da eremita di Williams e quella da reclusa sociale, per presunta pazzia, della Hunt. E pensare che Alan abbia vissuto 26 anni in una giungla da solo (rimanendo però nella testa quasi un bambino, tanto che a volte il film ricorda moltissimo il Da Grande pozzettiano e il remake Big con Tom Hanks) solo perchè lei non ha continuato a tirar dadi (in 2 minuti avrebbe fatto un 5  un 8 di certo) è una trovata di sceneggiatura che poteva stare alla base di qualsiasi horror o thriller psicologico, davvero devastante se ci pensate.
Semmai c'è da contestargli una certa prevedibilità, uno schema che ad un certo punto diventa abbastanza fisso. Anche se, devo ammetterlo, non avrei mai pensato che la fine del gioco potesse creare quel paradosso temporale che lo porta poi a quegli emozionanti 10 minuti finali.
Credo che qualsiasi bambino almeno una volta nella vita debba vedere questo film.

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