Yoko Ono al MoMA: la grande donna dietro John Lennon

Creato il 21 maggio 2015 da Marianocervone @marianocervone
Per molti è (ingiustamente) soltanto la vedova di John Lennon, nonché causa di scioglimento dei Beatles, ma Yoko Ono è innanzitutto una delle più grandi artiste concettuali del nostro secolo. Ce lo ricorda il MoMA di New York con un’ampia retrospettiva sui lavori dell’artista nipponica, Yoko Ono: One Woman Show 1960-1971, rassegna che sin dal titolo vuole celebrare la fluidità delle diverse discipline attraverso le quali la Ono si esprime. Opera-simbolo di questa mostra, sei tazzine rotte ed incollate, rievocando anche quella che è una vera e propria filosofia giapponese del kintsugi, l’arte di riparare le cose e dar loro nuovo valore nonostante le crepe o il difetto. Sei tazze rotte, con altrettante frasi emblematiche, e una sola intatta: «Non si romperà mai perché sarà sotto la tua protezione». Poesia e arte che confluiscono in uno spazio dove installazioni, concetti, fotografie fluttuano come variopinti kimoni. Appartenente ad una ricca ed aristocratica famiglia di Tokyo, Yoko comincia a sperimentare con l’avanguardia con degli scatti fotografici a 112 Chambers Street, che aprono la mostra. Centoventicinque pezzi, che si suddividono tra foto, installazioni, performance, tra cui il celebre film underground “#4”, che debuttò a Londra nel 1965 con 300 fondoschiena nudi di anonimi britannici, uno ogni quindici secondi per 76 minuti di pellicola. Alcune opere invitano all’interattività dello spettatore, come in voga nella concezione artistica degli anni ’70, come Painting to be stepped on, evitato da visitatori timidi, mentre altri, decisamente più audaci, osano camminandoci sopra, e ancora una scacchiera composta da soli pezzi bianchi, o To See the Sky, una scala a chiocciola in acciaio che avvicina al cielo attraverso il lucernario del museo: quando ci si avvicina alla cima inizia ad oscillare dando al visitatore un senso di precarietà che avrà termine soltanto quando si tocca nuovamente la terraferma. Sì, perché l’interazione è probabilmente alla base dell’opera e della concezione artistica di Yoko Ono. Forse senza la sua Cut Piece, taglia un pezzo, del 1964 in cui i visitatori erano invitati a spogliarla tagliandone gli abiti a brandelli con le forbici, forse oggi non ci sarebbero artiste del calibro di Marina Abramovich, che ha fatto del proprio corpo, dell’interazione con lo spettatore l’essenza stessa della sua manifestazione artistica. E infine il MoMA rievocherà una celebre rassegna in una galleria d’arte di Londra del 1966, esponendo una mela verde su di un plexiglass, quando John Lennon entrando le diede un morso: quello fu il loro primo incontro. Questa volta, invece, resterà lì fino a marcire. Questa rassegna è la conferma che dietro un grande uomo c’è sempre una grande donna, e la prova che dietro un grande John Lennon non poteva che esserci una straordinaria Yoko Ono. Per maggiori informazioni ecco il link ufficiale.

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