Ci potete provare, io ci provo. Ci credo anche. Non lo impongo agli altri perché non voglio che qualcuno faccia qualcosa solamente perché glielo dico io. Sopratutto perché sacrificare una porzione della propria qualitá della vita per ottenere qualcosa che di ritorno non é tangibile … non é cosa che viene compresa da tutti.
Ci sono anche diversi approcci. C’é chi si interessa spasmodicamente al rispetto dell’ambiente risparmiando ovunque possibile, chi non rinuncia a nulla della propria qualitá della vita ma si impegna a non “sprecare” niente di quello che produce, chi spreca a destra e manca perché sostiene che il proprio impatto ambientale su scala globale é pari a zero (e qui si potrebbe inserire lo stesso discorso del “tanto se non vado a votare non é che vince qualcun altro”).
Tuttavia, lasciatemelo dire: ti puoi impegnare tanto o poco, ma a volte cadono davvero le braccia indipendentemente da quello che fai. Specie quando tu sei lí da Starbucks a sorseggiareil tuo fairtrade coffee con il tuo organic muffin e ti strofini la bocca con il tuo recycled napkin e ti siedi a sfogliare l’Economist (recycled paper?) che ti racconta per bene di come la piattaforma petrolifera esplosa al largo di New Orleans la scorsa settimana stia rilasciando mille barili di petrolio grezzo al giorno in mare aperto e di come gli americani si siano immediatamente preoccupati per le splendide spiagge del Louisiana. Sono anche morte 126 persone eh. Ma la gente si é immediatamente preoccupata per le spiagge del Louisiana.
Eh beh, questione di prospettiva. Infatti volendo guardare la cosa dal lato della coscienza umana per lo meno quest’incidente, seppure causato dall’uomo per via indiretta, non é stato intenzionale.
Non é che possiamo metterci a paragonarlo con i vari attacchi militari alle stazioni di estrazione petrolifera in Iraq nel 1991, in Russia nell’Agosto del 2000, che hanno rilasciato rispettivamente 2,5 e 5 milioni di barili di petrolio nell’ambiente, tutto provocato da matrice umana ed intenzionale, eh no.
Queste poi sono ancora bazzeccole: Il primato del piú grande disastro ambientale su base “petrolifera” resta saldamente in mano all’Iraq, che con il suo esercito dal Gennaio 1991 a Marzo 1991 distrusse intenzionalmente tanks e stazioni petrolifere al largo del Kuwait rilasciando qualcosa come 500 milioni di barili di petrolio in mare. (Credo che la lampadina del mio bagno si stia facendo improvvisamente piccola piccola).
Ma, come appena detto, stiamo parlando soltanto di danno ambientale. E soltanto di petrolio.
Sempre questa mattina un altro giornale, The Independent, illustra piú che chiaramente quanta poca speranza ci sia per l’ambiente, quando l’uomo di oggi ancora non riesce concepire l’idea di rispetto verso il proprio simile.
Mi riferisco a quello che da ormai decenni sta andando avanti in Nigeria sotto la schifosa indifferenza e il compiacimento dell’intero mondo: La Shell, nota azienda esportatrice di gas e petrolio, si dá brutalmente all’attivitá del “gas flaring“, ossia dá fuoco ai gas naturali “di scarto” ottenuti dall’estrazione del petrolio. Tutto avviene a cielo aperto, si bruciano gas naturali producendo danni di impatto immenso per l’ambiente, sopratutto per quello immediatamente circostante. Le tossine prodotte dalla combustione appestano l’aria e contribuiscono ad un’ aspettativa di vita che si aggira attorno ai 43 anni, ad una mortalitá infantile altissima: il 12% dei bambini non arriva ad un anno. Cancri e tumori sono all’ordine del giorno. Tutto sotto il silenzio dei governi locali che si intascano tangenti milionarie in conti svizzeri e li spendono poi magari qua dalle mie parti nei quartieri di Belgravia e Chelsea tra un club privato ed un Hotel 5 stelle.
La Shell potrebbe realizzare un sistema di smaltimento dei gas di scarto, potrebbe addirittura trattarli e venderli, ma semplicemente non ne vale la pena perché andrebbero trasportati fin dalle nostre parti, il prezzo non sarebbe competitivo: é molto piú economico bruciarli a cielo aperto ad affidarsi agli impianti di trattamento piú vicini a noi.
Ovviamente il gas flaring é illegale dal 1984, ma chi puó fermare un accordo tra governi corrotti ed aziende senza scrupoli? Pensate che un nuovissimo impianto aperto dalla Shell stima ora di portare sui cieli della Nigeria almeno altre 100 belle fiamme colorate. Quante vite reclameranno queste fiamme? Ma vogliamo rimanere sul piano cinicamente ambientale ed ignorare le vite dei nigeriani? Secondo The Independent il gas bruciato corrisponde ai consumi di un paese grande come la Germania (Parliamo di sprechi…).
Poi domandiamoci chi puó cambiare le cose: Chi si trova all’inizio della catena che muore di fame? Chi sta nel centro che é miliardario e senza scrupoli? Sicuramente no. Ecco perché a volte nel mezzo dei piccoli tentativi quotidiani di ridurre i consumi personali ci troviamo con le braccia a terra: Provate a rinunciare all’auto. Se ci riuscite.