“ Youtube rewind, ritorno al passato: Anna Magnani Donna o Personaggio?”

Creato il 08 maggio 2014 da Egosistema

Non più tardi di qualche giorno fa, mi sono immersa nel caotico scorrere dei mille contributi video della piattaforma di Youtube, inesauribili playlist d’immagini e presentazioni video di messe in scena di qualsiasi cosa si volesse vedere. Youtube offre molto, offre tutto, ti dà la possibilità di ascoltare musica, rivedere interviste perse in televisione, ma la sua più grande qualità è di fungere come vero archivio universale e internazionale di informazioni e documenti visivi, regalando piccole rarità di altri tempi. Come ogni Youtubers mi sono avvicendata nell’infinita combinazione di video e mi sono arrestata su una serie di clip datate. Il bianco e nero tinteggiava l’intero quadro visivo e mi sono sintonizzata  su questa donna, sul profilo enigmatico e segnato del suo viso teso e sfuggente come il suo sguardo. I miei occhi si sono soffermati a osservarla, le mie orecchie ad ascoltare la sua voce colorata da un carattere ascendente e discendente scandito dalle sue parole. La donna, l’artista in questione è Anna Magnani, in uno stralcio televisivo di pochi minuti,in primo piano lei e la sua verità di donna amara e disarmata, a tratti quasi serena. Una donna che ha tutto e che tutto sembra non donarle niente, le sue parole tuonano forti, le sue parole mi arrivano in testa, mi attraversano, mi mettono sull’attenti ma non a disagio. Prendendo spunto da quell’intervista intendo riportare il passaggio che più mi ha colpito e fatto riflettere, in cui si evince il personaggio Anna più che la persona Anna:

“….in questo momento purtroppo l’artista Anna Magnani ha sommerso la donna Anna Magnani, perciò non è che in veste d’attrice che io posso parlare, lei mi chiede se come donna io sono felice?sì come donna sono anche felice ma è una felicità che non riguarda la donna, Anna Magnani, riguarda l’attrice perciò c’è uno strano conflitto fra me donna fra me attrice, non capisco più niente…”

 

E’ facile intuire tale conflitto espandersi nel film di Visconti “Siamo donne”, in cui è davvero sottile la linea che separa Anna donna da Anna attrice, quasi invalicabile e strettamente confondibile con un’unica prospettiva di vita. Nell’episodio è presente una riflessione profonda e nascosta, una mediazione tra il rapporto cinema/teatro, tra la rappresentazione/vita e non si capisce, come lei stessa dice, dove comincia “Anna attrice” e dove “Anna donna”. Non è più la sognatrice di “Bellissima”, diretta sempre da Visconti nel 1951, non è più Maddalena che vede i film e che sogna di esserne la protagonista o che la realtà della pellicola sia quella effettiva. Il film analizza l’evoluzione antropologica del proletariato che spinge verso ambizioni piccolo-borghese, Maddalena è sogno e fantasia, riportata alla realtà dal marito Spartaco ma che ancora investe i suoi sogni irrealizzati sulla figlioletta. Dunque, Anna è un personaggio enigmatico, quasi crepuscolare che però sprigiona una forza sanguigna nei ruoli di popolana o di donna provata dalla vita. Sono molti i ruoli in cui la Magnani fa i conti con la sua vita, con i suoi impulsi e i suoi rammarichi come nella “Rosa tatuata” del 1955 che le valse nel 1956 l’Oscar e che lei non ritirò mai, si dicono per paura di volare o malignando per antidivismo. Qui Serafina, la protagonista, vive nel ricordo di marinaio con la rosa tatuata, da lei amato una volta e mai più rivisto. La donna vive una sorta d’infelicità permanente che la fa essere iper-protettiva con la figlia invaghita di un giovane marinaio. Significativa, per quanto mi riguarda, la scena i cui lei vestita alla buona, rimarcando la quotidianità familiare e le povere risorse economiche, con aria distratta resta seduta alla macchina per cucire mentre la figlia entra in casa con il giovane. Un passaggio toccante, forse indice di un passaggio di rarefazione emotiva che si annida in quella stanza come nella sua anima, una grande Anna che davvero sembra così espiare i suoi rammarichi fino alla rassegnazione. Il medesimo sentimento di una madre che piange il figlio, come la sua storia in “Mamma Roma”, film drammatico sceneggiato e diretto da Pierpaolo Pasolini che sostiene, dopo aver pensato a questa storia di aver pensato immediatamente alla Magnani come protagonista insostituibile del personaggio del film. Il ruolo scritto per lei, sembra spettarle di diritto. Anna è come Roma, calda, passionale e impetuosa ma con l’amaro in bocca, con le ferite di una città che si sta riprendendo.

Se per esigenze di copione la Magnani ha spesso incarnato lo spirito ferito di un’epoca e le sofferenze della “povera gente”, la Magnani artista ha saputo esprimersi nella sua totalità. Davvero un’artista completa che sul palco non si risparmia mai, che sia il set di un film, le assi di qualche teatro o la sola sala da cabaret di rivista. Che dire della Magnani cantante, che dire della sua voce velata e quasi opaca in alcune intonazioni che però trova magia comunicativa anche nelle canzoni. La passione del canto nasce nei primi anni ’20 quando esordì nei teatri come cantante di night-club e recitando poi in spettacoli di rivista a fianco dei fratelli De Rege e Totò, con il quale fece anche un film “Risate di Gioia”di Monicelli nel 1961. Del film appena citato, è famosa l’esilarante canzone a due voci, in cui il principe della risata si rivolge all’attrice romana chiamandola scherzosamente “…Jeppi,Jeppi…”, la Magnani che sfoggia un colore di capelli biondissimo sembra a suo agio nei panni di un personaggio comico e forse per certi versi caricaturale. Qui sembra allontanarsi da personaggi del calibro di “Roma città aperta”in cui corre con tutta la sua forza dietro la camionetta nazista che sta deportando il suo fidanzato, tragica la sua fine con il nome del suo amore in bocca, un colpo al cuore, la sua corsa smorzata dalla sferrata di mitraglietta e con quel “Francesco!…Francesco!…” che sfuma nell’aria, la camionetta si allontana e il figlio le si avvicina. Particolarità tecnica, proprio nella scena in cui la Magnani muore, è individuabile l’utilizzo di uno stesso fotogramma per rendere la corsa più lunga. La ripetizione del fotogramma è impercettibile nel senso che non disturba l’azione. Anna Magnani è stata, ovviamente anche una donna/personaggio innamorata. L’amore per la Magnani, come possiamo ricordare dal pezzo d’intervista sopraccitato non è circondato dalla felicità. Ci torna alla mente la sua storia di vita, di un figlio avuto da un attore, Massimo Serato, che non riconosce e che lei cresce sola. In seguito, giunge la delusione avuta da Rossellini ma dal loro sodalizio nacque “Roma città aperta”(1945), capolavoro che fece dell’attrice la protagonista e il simbolo del nascente neorealismo, conferendole inoltre notorietà internazionale. Questo sconforto l’ha resa diffidente nei confronti di questo sentimento e in un film sembra riferirsi in termini di sottomissione,la pellicola in questione è “L’amore” (1948), diretta da Rossellini. Film in due episodi mostra un ritratto struggente e azzarderei,in alcuni tratti, patetico di una donna ormai “impazzita” d’amore per un uomo che non le giace più accanto.Una donna che ansima e singhiozza al telefono, implorando all’ex amante di non dimenticarla, di non portare la sua nova donna nel l’albergo in cui lei lo aveva amato la prima volta. Stringe la cornetta del telefono  impietrita, con le lacrime che le solcano il viso sempre più segnato e le dita che si intrecciano al filo del telefono quasi a volersi intrecciare nuovamente nei capelli di lui. Gestualità finalizzate a rammentare un amore spento, finito che però sembra rivivere, per lei, in questi pochi istanti in cui ascolta ancora, forse per l’ultima volta, la voce del suo uomo. La Magnani è sopra le righe, mostra un personaggio  debole e fuori da ogni ritegno, non ha paura dei suoi sentimenti tanto da rivendicarli a pieno fiato alla cornetta. E’ anche qui un sovvertire l’identità, difficile riconoscere se è ancora Anna personaggio o Anna donna che piange al telefono. L’episodio incentrato sulla telefonata è organizzato secondo primi piani non costrittivi, perché è soprattutto l’attrice che interessa al regista, è il pathos, il dolore del personaggio che deve venir fuori.

Il vero amore felice e fedele sembra proprio essere il cinema. Anna e la celluloide, un connubio perfetto, il semplice e complesso meccanismo del cinema che la immortala nei ventiquattro fotogrammi al secondo che scorrono ai nostri occhi, il mondo racchiuso in un’inquadratura che per sempre ci conserva Anna nel tempo. Se tale sodalizio avesse avuto le parti rovesciate, chissà se avrebbe avuto lo stesso impatto. E’ lecito pensare alla Magnani come artista che se ne sta dietro la macchina da presa?…E se Anna fosse stata regista?…me lo chiedo e l’ho anche letto da qualche parte, la Magnani avrebbe voluto fare anche la regista, abbandonare le vesti recitative che tanto le hanno dato e indossare i panni della regista per inquadrare quella realtà che fino adesso aveva solo interpretato. I suoi  film sarebbero stati, a mio avviso, concepiti secondo un senso di continuità attraverso dei piani sequenza lunghi, motivati e pieni di virtuosismi. Questo essenzialmente perché lei voleva che i suoi personaggi potessero respirare ampiamente e non essere costretti in inquadrature frammentarie e sottoposte a un montaggio selettivo. I suoi film da regista avrebbero sicuramente rispecchiato questo suo conflitto interiore, avrebbero sicuramente trovato una soluzione, forse no ma non avrebbero abbandonato l’impeto che l’ha resa grande attrice, seguendo gli insegnamenti di grandi registi che seppero valorizzare l’accorata veemenza e la popolana schiettezza di una delle attrici più amate dal pubblico internazionale.

Anna è, dunque, una donna che cela dentro di sé un’attrice di straordinario temperamento, profondamente passionale e dotata di una naturale vena drammatica.

“…..c’è uno strano conflitto fra me donna fra me attrice,non capisco più niente…”


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