Pensi all'Afghanistan e ti viene in mente la guerra e le tensioni che da troppi anni martoriano una terra lontana. Poi vai al Salone del Gusto, scegli di partecipare ad un incontro dal titolo interessante e scopri l'ovvio binomio Afghanistan-zafferano. La storia è pressapoco questa. Il 1° reggimento artiglieria da montagna della Brigata Alpina Taurinense, che ha operato in Afghanistan da maggio a ottobre di questo anno, precisamente nella regione di Herat, ha utilizzato parte dei fondi a propria disposizione in un progetto volto alla disincentivazione della coltivazione dell'oppio. L'oppio, alla cui diffusione il paese asiatico contribuisce con il 93% della produzione (!!!) non solo si riversa nel resto del mondo sotto forma di stupefacenti, ma rappresenta anche un'importantissima risorsa per il finanziamento delle attività terroristiche.
Da sinistra, il tenente Silvia Guberti e il colonnello Emmanuele Aresu
Da qui l'idea di fornire ai contadini interessati i mezzi per impiantare colture diverse ma altamente remunerative. "Lo zafferano rende al contadino 3 volte l'oppio, cioè almeno 9 mila euro l'ettaro - spiega il colonnello Emmanuele Aresu, ex capo del Provincial Reconstruction team di Herat da poco rientrato in patria - Noi abbiamo utilizzando fondi italiani e statunitensi (circa 300 mila euro in tutto) per fornire ai coltivatori i bulbi e le strutture per partire con la produzione. I risultati sono incoraggianti, visto che quest'anno avremo la prima azienda di Herat autorizzata ad esportare zafferano in Europa". Non tutto però è filato liscio, perchè lo zafferano fa gola ai talebani che hanno visto scendere la superficie dei campi coltivati a oppio nella provincia di Herat dai 2500 ettari del 2005 ai meno di 500 odierni: "Due camion di bulbi destinati alle regioni più periferiche sono stati attaccati - racconta Aresu - i loro autisti uccisi e il carico dato alle fiamme, ma con gli elicotteri dell'Esercito siamo riusciti a raggiungere anche i villaggi più sperduti.Un chilo di zafferano afghano ha raggiunto il Salone del Gusto, dove, venduto in bustine da 1 e 10 grammi, è andato esaurito nei primi 2 giorni di manifestazione. I proventi andranno alla Ghoryan's Women Saffron Association, un'associazione femminile sostenuta dall'agenzia statunitense USAID che impiega 480 donne nella produzione e nella lavorazione dello zafferano. Ma la qualità del prodotto saprà reggere agli standard del mercato globale? A fugare ogni dubbio ha pensato Piero Sardo, presidente della Fondazione per la Biodiversità di Slow Food: "Lo zafferano afghano è di straordinaria qualità - ha detto - anche per merito della perfetta adattabilità della pianta al terreno ed al clima del luogo. Quando i tempi saranno maturi daremo una mano alle piccole aziende che vorranno esportarlo verso l'Occidente. L'agricoltura di qualità può salvare l'Afghanistan".
Un momento della lavorazione dello zafferano nell'associazione femminile di Ghoryan