Sky su Internet sembra un cambio di identità forte. Un punto di non ritorno. Qual è l’obiettivo dell’intesa?
«Per noi fa parte di una strategia più ampia: per quasi 11 anni abbiamo operato attraverso il satellite che rimane la forma di distribuzione del segnale televisivo più efficiente per fare offerte multicanale in alta definizione. Ma non è l’unica. Già oggi siamo una piattaforma ibrida: siamo online, su satellite e sul digitale terrestre. Ma per molte case in Italia ci sono problemi di accesso».
La trasmissione televisiva ha una sua sacralità per l’utente. La telefonata può saltare. Ma se saltasse il segnale durante un goal decisivo sarebbe un disastro. Vuole dire che vi attendete una qualità pari a quella che potete fornire con il satellite anche sul Web?
«La nostra strategia è uscire dal recinto del satellite che, pur essendo straordinario, per sua natura, soprattutto in un paese con alta intensità abitativa, è limitato potenzialmente. Anzi l’offerta su Internet avrà qualche opportunità in più sull’on demand. Fino ad oggi on è mai esistita un’offerta simile perché avevamo bisogno di una rete veloce e protetta. Ma ora il lavoro di Telecom Italia ci permetterà di garantirà».
Non temete che il web possa cannibalizzare la parabola costringendovi magari a sostenere il costo dell’affitto del satellite per pochi?
«Noi non siamo un’azienda satellitare: siamo una media company capace di produrre e aggregare i contenuti tv che i nostri clienti vogliono. Il satellite rimane ad oggi molto efficace. In tante parti d’Italia Internet veloce non arriverà. Il satellite non morirà mai e oggi non c’è nessun motivo per chi ha Sky di cambiare tipo di abbonamento. Anche se il 100% della crescita futura arrivasse via cavo noi non avremmo problemi. Il punto importante è che Sky, da ora in avanti, ha l’obiettivo di raggiungere le famiglie con tutti i modi rilevanti. In questo recinto ci hanno un po’ chiuso le autorità e i governi con la retorica del monopolista del satellite: come se la trasmissione satellitare fosse un mercato. Ora abbiamo annunciato un’offerta Over the top come Sky online e l’accordo con Telecom con il quale pensiamo di poter accedere quanto meno a un milione e mezzo di case che oggi non possono avere la parabola».
Sono numeri che avete già stimato con precisione?
«Prenda una città come Siena o Venezia e tutta una serie di palazzi storici nei centri delle città italiane che hanno delle limitazioni soprattutto per chi come noi vuole portare più di un cavo. Sappiamo che sono almeno 1,5 milioni di famiglie. Quindi il ragionamento che abbiamo fatto è: sia che si arrivi dall’alto con il satellite o dal basso con la fibra per noi non cambia nulla. A patto che sia un’esperienza comparabile con quella che abbiamo nel satellite. La realtà è che serve una porzione di banda riservata per poterlo fere. Già molte case possono fare streaming di buona qualità. Il problema è il multicanale e il multicast con tanti utenti - pensiamo al calcio - che guardano la stessa cosa».
Perché solo con Telecom? Non avrebbe avuto senso fere l’accordo con tutti gli operatori?
«L’accordo non è esclusivo. Però Telecom ha mostrato una grande determinazione nella spinta di un prodotto di questo genere e, inoltre, ha una capacità dal punto di vista commerciale molto elevata. Riteniamo che attraverso una partnership con loro ci possa essere una maggiore opportunità di entrare in case dove oggi non siamo».
Il modello di business non cambia? Resterete legati agi abbonamenti?
«Sì, ma non solo. Il 92% del nostro fatturato arriva dagli abbonamenti. Ma, per esempio, Sky online nasce senza abbonamento. Noi crediamo che chi vada online difficilmente cerchi un contenuto di archivio. Più probabilmente è chi si scarica il «Trono di spade» illegalmente. Allora glielo diamo contemporaneamente all’uscita negli Usa, o quasi, nella speranza che preferisca farlo legalmente. Per questo abbiamo meno titoli di Netflix o Infinity».
L’eventuale arrivo in Italia di Netflix, rumor in circolazione, non cambierà il vostro posizionamento?
«Credo che difficilmente un operatore come Netflix entrerà in Italia perché la loro posizione è forte dove non esiste un’offerta gratuita così significativa. Negli Usa l’abbonamento basic per la tv non è lontano dai 70 dollari. Allora l’arrivo di un’offerta a 9,99 dollari cambia il panorama. Ma di fronte a 90 canali gratuiti faccio fatica a distinguermi. In Italia abbiamo avuto un sviluppo anomalo ottenendo un eccesso di offerta gratuita. L’Italia ha molti più canali in chiaro di qualunque altro Paese Ue e se questo è un bene per il consumatore rende insostenibile lo sviluppo dell’offerta tranne per chi ha tanti canali. La pubblicità si è ridotta e si ridurrà la qualità. Credo che a premiare non sia la quantità ma la qualità perché abbiamo tutti meno tempo da dedicare alle scelte. Le do un aneddoto: in Gran Bretagna MySky si chiama SkyPlus e “to skypius” è diventato un verbo che significa registrare. Questo perché gli anglosassoni amano pianificare. Per noi è diventato più importante il tasto “restart” perché siamo un popolo non certo famoso per la puntualità».
Articolo di Massimo Sideri
per "Il Corriere della Sera"
Edizione dell'11/04/2014 - Pagina 45