Zero in condotta, anche per i professori

Creato il 06 febbraio 2012 da Albertocapece

Licia Satirico per il Simplicissimus

Prosegue imperturbabile, anche nel senso dell’indifferenza agli esiti delle perturbazioni atmosferiche in corso, la campagna d’immagine pro-precariato promossa dal governo. Sappiamo già della monotonia montiana e della creativa teoria di Elsa Fornero sulla flessibilità buona e su quella cattiva, che ha applicato alla perdita del lavoro le stesse caratteristiche metaboliche del colesterolo. Stavolta tocca al ministro Cancellieri, che ai microfoni di SkyTG 24 si è prodotta in un’esegesi parentale del desiderio collettivo di stabilità: «noi italiani siamo fermi al posto fisso nella stessa città di fianco a mamma e papà».

L’esternazione della ministra integra una nuova ondata forneriana di delegittimazione dell’articolo 18: le tutele vanno spalmate su tutti (con una cazzuola?) e oggi non si può promettere un posto fisso che non si può dare. Per aiutarci psicologicamente ad affrontare la nuova realtà di precarizzazione diffusa, Mario Monti e le sue vestali ci illustrano i pregi del dinamismo, della semplificazione, dell’emancipazione, della crescita.
Non si capisce che idea abbiano degli italiani i tecnici che ci governano: edipicamente legati al posto fisso dalla tenace volontà di restare accanto ai genitori, sfigatamente lontani dal lavoro in caso di laurea ventottenne, anacronisticamente legati a un’esistenza noiosa lontana dal brivido della sfida. Ne emerge il ritratto di una popolazione di minus habentes, incapace di gestire presente e futuro lontano da chi l’ha procreata. Vengono insultati di colpo i giovani costretti dal precariato a vivere nella stessa casa dei genitori, gli statali che hanno dovuto lasciare la famiglia per lavorare e pure quelli che accanto alla famiglia – welfare sostitutivo di un paese senza tutele, spalmate e non – sono rimasti.

Ma c’è molto più di questo: le parole della Cancellieri non possono essere liquidate come un momento di intelligenza intermittente. Indignano perché confondono famiglia e familismo, tutele e privilegi, esigenze e velleità. Si attribuisce in modo indiscriminato alla collettività del “posto fisso” il familismo amorale teorizzato da Banfield, fondato sull’incapacità di distinguere l’interesse individuale da quello pubblico in un’impropria sovrapposizione di piani: una distorsione che l’Italia berlusconiana ha conosciuto molto bene, ai cui dissesti non siamo ancora insensibili. Stavolta il messaggio trasmesso è grave, perché i monotoni non sono solo noiosi: sono parassiti sociali, che antepongono il benessere personale a quello comune.

Nulla di nuovo sotto il sole: è lo stesso messaggio trasmesso da quel Renato Brunetta che assegnava incarichi e consulenze alla famiglia Martone. Solo che la Cancellieri non è una precaria né un’avventuriera: è l’emblema del “posto fisso”, come la Fornero non è immune dal virus della cooperazione tra consanguinei, dato che per sua figlia la docenza universitaria non è stata “un’illusione”. È così che i nostri fustigatori, quelli che ci impongono sacrifici per il nostro bene, incarnano quegli stessi difetti genetici che ci attribuiscono, massimizzando in vario modo i vantaggi materiali della famiglia: Banfield ne sarebbe entusiasta. I redentori sono affetti dal male dei redimibili, e tuttavia non rinunciano ad agire nel “nostro” interesse.

Nessuno ci ha ancora spiegato perché il “nostro” interesse consista nella miniaturizzazione dei diritti. Nella vana attesa di un chiarimento, nessuno ha il diritto di insinuare che la perdita delle garanzie sia la conseguenza indispensabile della nostra immaturità collettiva: così si smantellano le basi elementari della solidarietà sociale affermando che a questa solidarietà noi italiani, egoisti, familisti e privi di ethos comunitario, siamo comunque estranei.

Questo governo ha messo al bando i buonismi, ma forse ha incluso nella degenerazione della bontà anche il buon gusto, il bon ton, il silenzio. Stiamo assistendo ogni giorno a cadute di stile, rettifiche, tentativi di contestualizzazione. Echeggia ancora quel “sono stato frainteso” che accompagnava le esternazioni dell’improcessabile ex premier. Forse tra breve anche la Cancellieri invocherà l’eccesso di fretta nell’ermeneutica del suo lapidario messaggio. E l’unica mamma che ci verrà in mente sarà quella, sempre incinta, dei cretini.


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