Zerocalcare a Kobane

Creato il 18 gennaio 2015 da Chemako @chemako71

Ancora Kobane. Dopo una settimana la rivista Internazionale riproponeall'attenzione dei suoi lettori la città curda della regione siriana del Rojava. Lo fa usando lo stesso linguaggio di sette giorni fa, il fumetto. Ma se nel numero precedente Isik ci aveva spedito una cartolina da Kobane composta da due tavole, ora Zerocalcare ci regala un reportage di quarantadue pagine, frutto della sua esperienza vissuta nel Rojava insieme alla Staffetta Romana per Kobane, ovvero gente dei centri sociali che si reca sul posto per fornire un supporto umanitario e per portare a casa un'informazione corretta.

Il graphic journalism che ci offre Zerocalcare è unico, perché il resoconto dei fatti è intriso delle forti emozioni vissute. A Mehser, un villaggio turco a pochi chilometri dal confine su cui si affaccia Kobane, Zerocalcare entra in contatto con una realtà che i grandi media non raccontano. Uomini e donne organizzati in una struttura sociale partecipata, democratica e governata dal basso, dalla gente che si autogestisce in tutti gli aspetti della vita quotidiana. Vita che di ordinario e normale ha ormai ben poco, visto che la guerra contro l'Isis è ormai la quotidianità. Zerocalcare mi piace perché si mostra sempre come è, senza filtri, con tutte le sue paure, con il suo senso di inadeguatezza di fronte alla forza e determinazione dimostrata dai curdi, soprattutto dalle donne. Ma c'è anche tutta la sua curiosità di capire, la sua volontà di aiutare, la sua partecipazione offerta attraverso gli strumenti che ha a disposizione, c'è tutto il suo cuore lì a Kobane. Zerocalcare ti fa sorridere, ti fa capire, ti fa commuovere. Fa parlare le persone che incontra e le parole sono come pietre. Mi hanno colpito in particolare quelle pronunciate da Newroz Kobane, una delle ragazze responsabili del campo profughi:
"Noi siamo musulmane. A noi nessuno può venirci a dare lezioni di Islam. Sono quelli dell'Isis a non essere musulmani. Noi rispettiamo tutti. Noi seppelliamo i morti. Anche i loro. Loro tagliano teste, mani, piedi. Uccidono bambini. Sono bestie senza coscienza. Che religione ha gente così?"

Basterebbero queste parole per far tacere tutti gli attuali sciacalli che soffiano sul fuoco di quello che è successo a Parigi, cercando di demonizzare una religione e tutti i suoi fedeli. Bisognerebbe portarli nel Rojava a verificare sul posto come invece dei musulmani (e non solo) stanno realizzando una rivoluzione in cui tutti sono eguali, le ricchezze sono distribuite, la natura è rispettata e diverse religioni ed etnie convivono pacificamente. O almeno cercano di farlo. Perché dall'altra parte c'è l'Isis che distrugge ogni cosa con la violenza. Di qua i resistenti curdi mal tollerati da tutti, la Turchia in primis, e di là i combattenti dell'Isis, bombardati con sospetta imprecisione dagli americani. Ma gli sciacalli, e i benpensanti che li seguono, si tengono ben lontani da posti come questo. E temo che non leggano nemmeno questo reportage di Zerocalcare. Perché basterebbe la lettura di un breve racconto a fumetti, proposto da un giornale, per cominciare a porsi delle domande. In fondo ha ragione il direttore di Internazionale Giovanni De Mauro che scrive nell'editoriale:

"I giornali servono a informarsi e a farsi un'opinione, ma contribuiscono anche a definire l'identità di chi li legge."
Leggere, informarsi e cercare di capire è un esercizio di libertà: aiuta a rendersi autonomi dagli altri, dalle opinioni altrui che, a volte, sono superficiali o interessate. O entrambe le cose insieme.  

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