Vabbè, "Recensione"...in sti casi come fai?
Come fanno gli altri, ci piazzano un voto, un capolavoro! e morta li ?
Ecco, beh, del capolavoro di Zerocalcare stiamo certamente parlando, sicuro.
La Profezia dell'Armadillo (a cui prima spettava il titolo, almeno per chi scrive) cede il posto
Ma come lo descrivo, recensisco, senza sembrare un paraculo ?
Ampio respiro? Accessibilità certamente più universale?
Boh, tutto vero eh, ma boh.
Anteprima
La cosa che mi preme sottolineare, più che altro, è che Calcare ha trovato la chiusa:
se altre volte, arrivato alla fine, mi sembrava di sentire un vago senso d'incompletezza nelle sue storie lunghe, quasi non si fosse detto tutto (vedi Dodici), in Dimentica il mio nome tutto è splendidamente portato a compimento.
In modi altissimi.
Si ride tanto, si sorride di più.
Per la malinconia mai del tutto assente nei lavori di Michele Rech, e anche perché c'è quel senso di avventura (biograficamente reale e di fantasia) che ti riporta un po' a un Salgari. Che però s'è sniffato Katsuhiro Otomo e un qualcosa di francese.
Tutto questo perché, forse, di tutti i fumetti che il punk di Rebibbia ha scritto, Dimentica il mio nome è quello che sembra più un libro (e non solo per l'edizione rigida)
Anche perché, pure se lo finite in meno di un'ora (ed è tanto bello che il rischio si pone) vi viene subito voglia di rileggervelo. E riguardarvelo, studiarvelo un po'.
Sarà che a furia di farsi le 13 ore di dediche Zero è maturato, sarà che in questo caso era anche più coinvolto del suo solito
Ma che bella storia, mamma mia.