Zoe-Story /Giallo Tanzania

Creato il 22 novembre 2014 da Marianna06

Da parecchio ormai  Zoe  risiede in Tanzania , dove ha lavorato dapprima come infermiera inizialmente e poi, negli anni successivi,  come capo-sala per l’ospedale cittadino.

Un bel giorno è partita senza preavviso da Colonia, la sua città natale, e ha optato per una sistemazione professionale in Africa.

Non c’era nulla, infatti, che potesse più trattenerla dalle sue parti.

Nemmeno uno straccio di storia sentimentale “seria”.

Amici, quelli appunto del suo giro abituale, le avevano suggerito di correre quell’avventura.

E avevano anche aggiunto che quasi certamente non se ne sarebbe pentita.

Suo papà era morto all’improvviso d’infarto, una mattina d’inverno, un inverno molto rigido di alcuni anni addietro, proprio mentre si recava al lavoro in fabbrica. E questo quando lei frequentava ancora la scuola per infermiere professionali della sua città e le mancava appena un anno per conseguire il diploma.

Un cancro al seno, non molto tempo dopo, le aveva portato via pure sua  mamma, una donnina ancora  giovanile.

Il fratello Helmut, di qualche anno più grande di lei,  tipico scapolone, era in giro per il mondo come fotografo free-lance di  motociclismo dilettantistico.

E su di lui non si poteva contare.

Era una di quelle personalità irrequiete,che definiresti, senza tema di smentita, inafferrabile a trecentosessanta gradi.

Dopo gli entusiasmi iniziali le cose a Dar es Salaam  per Zoe  non erano state affatto semplici.

E per l’inserimento in ospedale (le gelosie inevitabili dei colleghi di lavoro…) e per la ricerca di un alloggio decente.

E si erano aggiunte anche critiche  sul lavoro e sulla sua vita privata.

La verità vera era che piaceva a Zoe divertirsi a fine giornata di lavoro.

E, perciò, non era difficile (trattandosi di una donna giovane e piacente e per giunta di una straniera senza legami) incontrarla nei locali notturni in compagnie maschili.

Inoltre, come ogni buon tedesco che si rispetti, amava e ama la birra e, all’occasione, anche qualcosa di più forte.

Pertanto capitava ai suoi detrattori  troppe volte di osservarla disinibita a causa di qualche bicchiere di troppo.

Tutto comunque aveva avuto termine quando era spuntata la protezione di Julius, il direttore dell’ospedale.

E alla tedesca davvero non era parso vero di poter godere di quella protezione dentro e fuori dal lavoro.

Per altro bisogna anche precisare che il suo lavoro lei  lo svolgeva egregiamente.

E i pazienti gliene rendevano atto di continuo ed era difficile che si lamentassero.

Julius, per gradi, giorno dopo giorno, da buon marpione qual era ed è, l’aveva coinvolta in una relazione sentimentale e Zoe non s’era rifiutata, pur sapendo che l’uomo era sposato e che non avrebbe mai lasciato la sua famiglia per lei.

Regali costosi, serate piacevolissime, carezze tenere, parole mielate e sesso sfrenato. Gli ingredienti c’erano tutti perché Zoe, inevitabilmente, divenisse la “donna-oggetto” di Julius.

E lei, per di più,caparbiamente faceva finta di non capire. Mentiva a se stessa anche quando era da sola.

Un giorno , però, accadde che Julius le chiedesse un favore. Un grosso favore… le disse.

E lei non poté  rifiutare.

E cioè Zoe doveva procurare dei cadaveri per l’ospedale, necessari alle lezioni di anatomia, che un anatomopatologo cinese,  tale dottor Wung,personaggio illustre, da poco arrivato in città, doveva tenere agli studenti del corso di medicina in ospedale.

E da qui è cosa nota tutto il resto dell’accaduto.

Zoe, diligente, comincia a fare da intermediaria con le famiglie indigenti, che con il lavoro ha avuto modo di conoscere. E cresce naturalmente nella considerazione tanto  di Julius che del dottor Wung per i servigi resi alla cosiddetta “causa” tra virgolette.

Ormai è indispensabile ai due uomini.

Solo che Julius la usa tout court, e non è difficile immaginare come e quando,  mentre il dottor Wung  finge, all’apparenza, di apprezzarla molto ma sarebbe prontissimo a scaricarla nell’immediato, se qualcosa dovesse andare storto.

E Zoe se ne accorge subito quando sui “media”, senza che nessuno se lo sarebbe mai aspettato, viene strillata ai quattro venti la brutta storiaccia dei resti umani finiti in discarica.

E  padre Alex, il missionario, che è un autentico segugio, non ha intenzione di lasciar correre. Intende indagare presto e, possibilmente, molto bene.

Per fortuna per la donna, finita in trappola, c’è l’appoggio consolatorio dell’amico Henning,  lo scrittore, che diviene per l’occasione la spalla su cui piangere senza troppi problemi.  

I due, infatti, si conoscono  bene.

Hanno vissuto assieme, prima della comparsa di Julius, una breve storia. Una storia soprattutto di sesso.

E poi, adesso, tra capo e collo, come accade con il classico coup de foudre, c’è per la tedesca pure la fascinazione ambigua per questo Kurt,commissario di polizia svedese, l’uomo chiamato da Henning per dare una mano a padre Alex e aiutare lo scrittore stesso, con dovizia di particolari, a completare il suo ultimo libro.

Una fascinazione che, ahimé, la confonde parecchio  in quanto le è abbastanza chiaro che non sono sufficienti, per un uomo come Kurt, le sue arti ammaliatrici.

Quelle che con altri hanno quasi sempre funzionato. E che la facevano sentire dominante rispetto al partner del momento.

                                       (continua…)

                                 a cura di  Marianna Micheluzzi (Ukundimana)

                 ndr.) In alto a corredo del testo uno splendido "Modigliani"


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