E' difficile comprendere come sia potuto accadere che Michail Michailovič Zoščenko abbia concluso la sua vita morendo di una morte naturale nel suo appartamento sul canale Griboedov a Leningrado, anziché in un campo della Kolyma. Forse è uno dei tanti assurdi e inspiegabili casi dell'epoca staliniana.I racconti di Zoščenko sono forse fra le cose più stridenti, ironiche e irriverenti scritte sulla vita sotto il regime sovietico negli anni staliniani. Sono racconti brevi, fulminanti, divertentissimi, ambientati fra la povera gente, fra i semplici, fra quelli che si affaccendavano per sopravvivere.Sono scritti in uno stile semplicissimo, limpido, che fa largo uso dello skaz, il metodo narrativo del dialogo in prima persona, usato in questo caso da Zoščenko non nella forma della riflessione e della profondità, ma semmai per avvicinare il lettore alla storia, per tendergli la mano e costruirgli intorno un'atmosfera scanzonata e familiare.Ci sono perle di umorismo e di aspro realismo dentro le Novelle Moscovite di Zoščenko. C'è il mondo dei semplici, raccontato per la prima volta senza alcun sofisma, senza alcuna volontà di piegarsi all'ideologia, per uno che si professava con orgoglio senza ideologia, se non quella di non odiare nessuno.Nel 1946 con il rapporto Ždanov approvato dal Comitato Centrale Zoščenko e Anna Achmatova vennero messi al bando, espulsi dall'Unione degli Scrittori.Ždanov accusa Zoščenko di aver scelto, come un volgare piccolo borghese, come tema della sua attività letteraria la ricerca dei lati più abbietti e meschini dell'esistenza, mettendo a nudo la sua volgare e bassa animuccia, per mostrare a tutti quale mascalzone egli sia.Zoščenko dopo quella messa al bando sopravvisse facendo traduzioni, e quanto appare straordinario anche questo "privilegio" se pensiamo che al destino girovago e senza lavoro di altri come Mandel'stam. Dopo la morte di Stalin Zoščenko fu riammesso all'Unione degli Scrittori, e potè lavorare in alcuni giornali.Disse di sé: "Scrittore. Questa sembra l'ultima professione della mia vita. E mi dispiace di essermi fermato su questo mestiere. E' davvero un cattivo mestiere, il diavolo se lo porti! Il peggiore della dozzina che ho fatto."
E' difficile comprendere come sia potuto accadere che Michail Michailovič Zoščenko abbia concluso la sua vita morendo di una morte naturale nel suo appartamento sul canale Griboedov a Leningrado, anziché in un campo della Kolyma. Forse è uno dei tanti assurdi e inspiegabili casi dell'epoca staliniana.I racconti di Zoščenko sono forse fra le cose più stridenti, ironiche e irriverenti scritte sulla vita sotto il regime sovietico negli anni staliniani. Sono racconti brevi, fulminanti, divertentissimi, ambientati fra la povera gente, fra i semplici, fra quelli che si affaccendavano per sopravvivere.Sono scritti in uno stile semplicissimo, limpido, che fa largo uso dello skaz, il metodo narrativo del dialogo in prima persona, usato in questo caso da Zoščenko non nella forma della riflessione e della profondità, ma semmai per avvicinare il lettore alla storia, per tendergli la mano e costruirgli intorno un'atmosfera scanzonata e familiare.Ci sono perle di umorismo e di aspro realismo dentro le Novelle Moscovite di Zoščenko. C'è il mondo dei semplici, raccontato per la prima volta senza alcun sofisma, senza alcuna volontà di piegarsi all'ideologia, per uno che si professava con orgoglio senza ideologia, se non quella di non odiare nessuno.Nel 1946 con il rapporto Ždanov approvato dal Comitato Centrale Zoščenko e Anna Achmatova vennero messi al bando, espulsi dall'Unione degli Scrittori.Ždanov accusa Zoščenko di aver scelto, come un volgare piccolo borghese, come tema della sua attività letteraria la ricerca dei lati più abbietti e meschini dell'esistenza, mettendo a nudo la sua volgare e bassa animuccia, per mostrare a tutti quale mascalzone egli sia.Zoščenko dopo quella messa al bando sopravvisse facendo traduzioni, e quanto appare straordinario anche questo "privilegio" se pensiamo che al destino girovago e senza lavoro di altri come Mandel'stam. Dopo la morte di Stalin Zoščenko fu riammesso all'Unione degli Scrittori, e potè lavorare in alcuni giornali.Disse di sé: "Scrittore. Questa sembra l'ultima professione della mia vita. E mi dispiace di essermi fermato su questo mestiere. E' davvero un cattivo mestiere, il diavolo se lo porti! Il peggiore della dozzina che ho fatto."
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