Zuccozuccò

Da Naimablu

Zucca rossa 1999, Maurizio Bottoni


Ho deciso! Cucinerò il risotto con la zucca! Perché? È arancione (prima risposta balzata alla mente con un triplo avvitamento dal cucchiaio alla pentola con il brodo). Cavoli, che salto. No, no, no, non devo confondermi: il cavolo non ci vuole. Che cavolo dici? Zitto, il cavolo non c’entra niente. Piango! È la cipolla, ho dimenticato di mordere un micropezzetto di micropane. Me lo ha detto nonna che si fa così. Nonna prepara il pane e le pizze che vuoi che ne sappia del cavolo e della zucca? Ha mai fatto la pizza alla zucca? Che cavolo dico! Nonna il 26 novembre compie novant’anni. Lo so che non c’entra un cavolo con il risotto, ma lo dovevo dire, non foss’altro che è da giugno che vuole festeggiare “Perché poi se non c’arrivo?” e, così, si festeggia domenica. Hai detto cavolo. Ho detto cavolo, allora? Allora il cavolo ci vuole. No, ci vuole la zucca, poi, la cipolla, ma solo perché il risotto è commovente e anche il brodo. Alt! Mi fermo, faccio un passo indietro, un giro sovversivo in senso antiorario su me stessa, respiro e, quando nessuno è in grado di capire cosa farò, batto il cucchiaio di legno sulla pentola. Io O-D-I-O il brodo! Il brodo tutt’attaccato. Il brodo nel risotto alla zucca recita la parte dell’uomo invisibile. Dici la verità? Non me lo dire. Ti credo. Brodo sia! Adesso, dovrei agitare il cucchiaio, come una bacchetta magica, far nevicare un po’ di parmigiano. Ci risiamo. Sì, dai, risiamoci. Come si fa? Silenzio. Serio. Sto facendo una magia: “Zuccozuccò che buono sto risò”! Dico che dovresti venire a cena, porta i fazzoletti e aggiungi un posto a tavola per il brodo: è amico tuo, io non ne voglio sapere niente.

Auguri nonna V.