Zuppa “Breaking Cat”

Da Valeriadisagio

Zuppa di pomodorini, zucchini e porro.

Questa è una ricetta che insegna a fare una cosa (una zuppa – per essere precisi), ma insegna anche un pochetto a vivere. Ebbene sì. Questa è una ricetta che può andare bene ad una zitella acida piena di gatti, così come per una cenetta romantica con fini seduttivi. Gli ingredienti sono gli stessi, ma è il modo in cui li si combina che rendono la pietanza in questione, qualcosa di fico o triste. E quindi non è vero quella cosa secondo cui cambiando l’ordine degli addendi il risultato non cambia. Il risultato cambia eccome. Ed ora vi spiego perché…

Cat Couple di Junko Mizuno

C’è tristezza e tristezza. Ed ogni tanto fa piacere coccolarsi nella propria miseria. Lo chiamano comfort food e sono quelle robe che fanno bene al cuore e alla salute. Perché anche le patatine fritte fanno bene all’umore, ma ahimé fanno male ad altro e quindi ci si sente sempre un pochetto in colpa. Le zuppe invece, fanno bene e sono buone. E per quanto si possa essere sole, depresse e piene di gatti obesi, fare una zuppa e poi mangiarla, alla fine scalda il cuore e non intasa le nostre arterie di grasso grassoso.

Ma come la tristezza che può anche essere confortevole, pure la depressione può essere matrice di rinnovamento. Dicono che non c’è rinnovamento senza crisi e che più in basso si scende, tanto più forte sarà la spinta propulsiva che ci rimette in pista. Dicono.

Le zuppe per esempio, messe giù in un certo modo, passate e decorate, possono essere promosse a vellutate ed essere servite in trattorie borghesi che rivalutano le pietanze della tradizione e ristoranti ultra-fighetti che ti nobilitano la pasta e fagioli. O la casseula, per dire.

Quindi prendete dello scalogno, uno spicchio d’aglio e un cipollotto o del porro.

Affettate tutto e schiacciate l’aglio con lo schiaccia-aglio.

Prendete una manciata di pomodorini. Tagliateli a metà, salateli e rovesciateli affinché perdano parte della loro acqua.

Fate il soffritto con il magico trio (scalogno, cipollotto e aglio) in olio di oliva.

Sbucciate una patata e liberatevi dei germogli, ignorando il fatto che mangiare quella patata vi condannerà a cinque minuti di mal di pancia e un tenue attacco di diarrea.

Sì, perché le patate coi germogli c’hanno la solanina che è una roba brutta brutta per noi, ma bella per la patata, dal momento in cui la solanina è un alcaloide glicosidico tossico, prodotto da alcune solanacee. È presente in ogni parte della pianta, comprese foglie, frutti e radici, in quanto è una difesa della pianta contro funghi e insetti. È tossica anche in modeste quantità.

Molti ortaggi hanno la solanina. Soprattutto le patate, ma è in quantità non dannose all’uomo a meno che non ci siano i germogli. Ecco, fate finta di niente, togliete i germogli (preparatevi mentalmente al fatto che molto probabilmente starete male), tagliate a dadini e buttate nel pentolino insieme al soffritto.

Buttateci dentro i pomodori e le zucchine grigliate che vi erano avanzate all’ora di pranzo (o zucchine fresche tagliate a rondelle se non avete avanzi da riutilizzare).  Rimescolate un po’ e fate insaporire, poi versate dell’acqua. Salate e pepate. Se volete mettete del dado, ma sapete cosa penso in merito al dado.

Fate andare fino a quando non si spappola tutto. Aggiungete abbondante basilico e passate tutto col minipimer/passaverdure.

E qui c’è il bivio. Siete a casa da soli, il cielo è plumbeo e avete scaricato tutta la quinta serie di Breaking Bad e siete pronti a spararvi una manciata di episodi coi gatti obesi che vi dormono addosso?

Bene, aggiungete un pugno di spaghetti spezzettati in pezzetti di circa un centimetro. Non dovete far altro che prendere gli spaghetti a gruppi di qualche dozzina e rompere le estremità, pezzetto dopo pezzetto, fino a farla assomigliare a della pastina. Buttateli nella passata di verdure e fate andare cinque-sette minuti.

Se invece siete in compagnia e avete voglia di fare le cose fini e da gourmet, affettate alla julienne parecchio porro. Passatelo nella pastella (1 parte di farina, 1 parte d’acqua frizzante – o birra -, 1 uovo, sale) e friggeteli in olio per friggere. Il massimo è quello di oliva, ma visto il costo e il sapore molto intenso, consiglio di usare quello di arachidi.

Consiglio inoltre, di usare un pentolino piccolo ed alto. E, mi raccomando, ripetete ad alta voce le sacre regole della frittura ogni volta che vi guardate allo specchio. Perché il fritto è sacro e bisogna rispettarlo. Friggere è come cucinare la metanfetamina. Se non lo fate bene rischiate di bbrutto. Basta vedere il primo episodio di Braking Bad per imparare la lezione! La frittura è una questione di chimica. E con la chimica non si scherza.

Più olio si usa, meglio è. Perché una maggiore quantità d’olio raggiungerà temperature (e le manterrà) molto alte e friggerà più rapidamente l’alimento in questione, senza essere assorbito dallo stesso. Una temperatura prossima ai 150° sarebbe l’ideale, ma se non avete il termometro alimentare, basta fare una prova buttando una goccia di pastella e verificare che crepiti. Mai, e ribadisco, MAI mettere il cibo tutto insieme in una volta sola. La temperatura degli alimenti andranno ad abbassare rovinosamente la temperatura dell’olio, facendo sì che succeda la roba brutta di cui sopra (cibi, sozzi e saturi d’olio e uber-pesantissimi). Quindi abbattete il mito secondo cui meno olio si usa e meno pesante sarà il fritto, poiché funziona proprio all’opposto.

Una volta fritte le striscioline di porro, dispondetele su un pezzo di carta da cucina per liberarvi dell’olio in eccesso e disponete come tronchi di un falò in spiaggia, al centro del piatto da portata in cui avevate versato precedentemente la vellutata.

Filo d’olio, manciata di pepe e sgrattugiata di formaggio se non siete vegani.

Buon appetito. Evviva i gatti obesi ed evviva Breaking Bad.

p.s. l’immagine di testa è di Den Parukedonos (Walter di Breaking Bad), con Pusheen The Cat come sfondo. Li ho mixati io.


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