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26. Te ne sei mai accorto?

Creato il 08 ottobre 2011 da Fabry2010
26. Te ne sei mai accorto?

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Mi misero a capo del boicottaggio e la cosa, all’inizio, mi turbò.
Entrano nell’autobus, con una certa fretta: sono bianchi, in abito da ufficio, capelli corti e curati.
Avevo un bel sorriso, qualche uomo mi guardava, sì, anche più di qualcuno.
Come avrei fatto a gestire la folla, i sentimenti, la rabbia della gente?
Una donna cammina con l’ombrello e la borsa della spesa, la città è un universo di finestre, occhi che spiano dagli scuri, stanze vuote, uffici pieni di persone – hai mai pensato che il luogo dove vivi è un incrocio di sguardi, da dentro, da fuori, è tutto un curiosare, uno studiarsi, un respingersi e desiderarsi?
Poi, ero appena arrivato: qualcuno malignò che gli altri non volessero rischiare, che l’esito era incerto, per questo mi gettarono come una cavia in prima fila.
Ancora oggi, quando siedo sull’autobus, e magari alle mie spalle c’è un uomo bianco col vestito buono, non posso fare a meno di pensare al mal di piedi, alla faccia di James Blake che mi dice di sgombrare.
Gli alberi sono verdi come sempre, ma se ne trovano di rossi e neri, non ho mai capito a che specie appartengano.
Il metodo era la prima cosa a cui pensare: che stile di lotta avremmo scelto? La violenza non avrebbe retto all’urto della reazione militare, ma anche popolare, all’odio che ci circondava.
Sento ancora le mani dell’agente che mi prende le impronte digitali, vedo il suo volto concentrato, i capelli impomatati, con la riga al centro.
La strada sale lentamente verso la chiesa chiara, anche le aiuole comprendono che lì si cerca un ordine, un senso al caos che preme e potrebbe dilagare dappertutto.
Mi ritrovai nel mezzo di una marea umana che avrebbe potuto prendere la forma più impensata – la notte è piena di mostri, soprattutto la notte che ti scende dentro, nei momenti in cui devi decidere e non sai che fare.
Prendono le impronte perché non ce ne sono due uguali in tutto il mondo, penso, perché siamo unici e la nostra dignità ha un valore incalcolabile, è per questo, agente, che si fa così?
Macché, non è una chiesa, forse è un municipio, un posto dove, comunque, si propone un ordine, perché il caos incalza dappertutto, puoi sentirne il fiato, il respiro affannoso, la sua faccia che occupa tutto lo spazio e il tempo della notte.
Dovevo parlare a quella folla immensa, cosa mi sarei inventato, come avrei fatto a lanciarli nella lotta e nello stesso tempo a evitare che si spargesse sangue, che l’impresa morisse appena nata?
Mi prendeva le dita a una a una e le bagnava nell’inchiostro, non immaginava che la storia potesse passare attraverso le ultime falangi, le creste e i solchi di una donna nera che aveva avuto il coraggio di dire no a quel povero diavolo bianco di James Blake.
L’ordine è anche l’automobile che procede lenta sulla Dexter Avenue, tra caseggiati chiari e una chiesa dai mattoni rossi e i finestroni colorati – perché le finestre di una chiesa sono le uniche dove non sospetti che ci sia qualcuno che ti spia? Perché sono troppo alte? O perché l’occhio di Dio –  ti hanno detto – è benevolo, e ti segue a distanza, con l’ansia di una madre?
Sentii un brivido percorrermi la schiena mentre salivo sopra il palco: c’è un momento in cui sei come sospeso, come se tutte le parole del mondo venissero a cercarti, a farsi belle per essere scelte tra le altre: prendimi, faccio battere i cuori, oppure: con me li convinci di sicuro.
Agente, stai prendendo le impronte della storia, ma come puoi capirlo col cravattino blu e i capelli impomatati?
E’ il cielo la finestra più grande, dove tutti guardano e sono guardati a loro volta, ma nessuno può dire se la verità stia di qua o dall’altra parte, o se appare all’improvviso quando impugni le due superfici con le dita e riesci, per un attimo, a farle combaciare.
Dissi che dovevamo amarli, in ogni caso, anche se ci avessero picchiati, anche se ci avessero uccisi. Le parole venivano da sole: si presentavano senza complimenti e io lasciavo fare. Quando parli, Martin, sembra che stia cantando: te ne sei mai accorto?



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