Magazine Cinema
4.1 Futurismo italiano
Dopo il manifesto del futurismo (1909) di Marinetti, in Italia questo movimento spopolò. Il cinema era visto come l’arte futurista per eccellenza, in quanto priva di una tradizione. Però i futuristi volevano opporsi al cinema narrativo per dar vita a qualcosa di nuovo, impressionista e dinamico, usando colori, movimento e montaggio per elaborare un linguaggio metaforico. Bisogna dire in realtà che stranamente il futurismo viene poco applicato, nella pratica, nel campo del cinema; forse perchè in quell’epoca va di moda il “diva-film”, pellicole stravaganti ed eccessive aventi come protagoniste donne sensuali artefici o vittime di passioni sfrenate, e che diede vita a primigenie forme di divismo; fra i titoli più famosi Thais (1916) e Il fuoco (dello stesso anno).
Il movimento futurista italiano, comunque, influenzerà moltissime successive avanguardie cinematografiche, fra cui quelle russe, francesi, tedesche.
4.2 Il futurismo russo
Il futurismo russo nasce in corrispondenza della rivoluzione del 1918 e la caduta dello zar. Nel mondo dell’arte c’è grande fermento: Brecht elabora la teoria dello straniamento, Majakovskij, poeta futurista, esalta l’arte cinematografica (pur criticando le pellicole dal solo scopo commerciale). In Russia i registi più importanti dell’epoca elaborano forme di “cinema-festa”, che suscitino cioè una partecipazione attiva parte dello spettatore:
-Dziga Vertov
Lancia nel 1925 la teoria del “cine-occhio”: ogni cosa, se osservata con l’occhio del cinema, diventa nuova e straordinaria, grazie al montaggio. Inventa così un montaggio poetico e straniante, evidente nel film L’uomo con la macchina da presa (1929), usando il mondo per mostrare il cinema e non viceversa.
-Kulesov
Inventore dell’effetto omonimo (lo stesso primo piano di un soggetto accostato a immagini diverse crea nello spettatore sensazioni/emozioni diverse) dimostra come nei film il senso sia prodotto dal montaggio, non dalle singole inquadrature.
-Pudovkin
Lancia la teoria dello “specifico filmico”, secondo cui l’elemento contraddistintivo del cinema è proprio il montaggio.
-Dovzenko
A contrario degli altri autori del periodo, non accoglie l’entusiasmo di stampo futurista per le macchine, anzi rifacendosi ai poemi omerici e agli autori classici come Esiodo dirige dei film poetico-documentaristici sulla vita quotidiana della gente comune; il suo film più famoso è La terra (1930).
-Ejenstejn
Lancia la teoria del “montaggio delle attrazioni” (1924), che mette subito in pratica nel film Sciopero (1924): montaggio brevissimo, scene strane, dure, violente, inquadrature che scombinano la narrazione. In base alla “teoria degli stimoli” il montaggio deve stimolare l’immaginazione dello spettatore, e non spiegare tutto linearmente per filo e per segno. Fa quindi un ampio ricorso a primi piani, dettagli, azioni parziali, e viene meno anche la linearità temporale.
Elabora anche la “teoria del cine-pugno”: il film deve colpire lo spettatore, dargli un effetto di shock. L’applicazione di tutte queste teorie si può vedere nel celebre La corazzata Potemkin (1925), specie nella sempre citata sequenza della scalinata di Odessa. Ejenstejn farà anche largo uso della profondità di campo, specie in Ivan il terribile (1944).
Dopo l’avvento del sonoro, scriverà con Pudovkin il “manifesto dell’asincronismo” (1928), dichiarandosi a favore di un utilizzo del suono non sincronizzato con le immagini (ecco da chi ha imparato Enrico Ghezzi).
Questa grande stagione del cinema sovietico subirà una battuta d’arresto sul finire degli anni Trenta, quando sotto il regime stalinista si trasformerà in mero strumento di propaganda.
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