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A love story. Capitolo 7: Come Marquez insegna

Creato il 02 ottobre 2012 da Naimasco78

“Fermina” le disse, “ho atteso questa occasione per oltre mezzo secolo, e adesso voglio ripeterle ancora una volta il giuramento della mia fedeltà eterna e il mio amore perenne.”

Gabriel Garcia Marquez, L’amore ai tempi del colera

A love story. Capitolo 7: Come Marquez insegna
Dopo il sushi del venerdì e il brunch della domenica, adesso è il momento dell’ Apericena, connubio prenotturno ludico-mangereccio volto a unire contemporaneamente due momenti della giornata: l’aperitivo e la cena, in un unico appuntamento che solitamente si svolge tra le 18.30 e le 22.30 segnato dalla presenza di drink annacquati molto poco dissetanti e da stuzzichini ipercalorici, dove per “stuzzichini” comunque si comprende sia la ciotolina di olive, sia la teglia di pasta al forno. Ho visto locali servire fagioli e salsiccia in umido, assieme agli spritz. Ma andiamo avanti. Si chiama quindi apericena in quanto il motto è sempre e comunque “basta che se magna e se beve”, col vantaggio che con soli 7-8 euro hai risolto il problema della cena e anche del dopocena, non ti sei impigrito a casa tornato dal lavoro dopo la doccia ma non hai nemmeno fatto le ore piccole. Insomma, l’apericena è la soluzione perfetta sia per chi ha difficoltà nell’aprire il portafogli, sia per chi lavora tutto il giorno come un mulo e la sera non ha quasi mai voglia di uscire, ma preferisce mangiare cibi surgelati sul divano e addormentarsi con la sigla di apertura de L’Infedele di Gad Lerner. Ovviamente, amo frequentare l’apericena perchè è un’ottimo momento per origliare e sbirciare nelle vite degli altri, gli altri che arrivano all’apericena stanchi e stressati, vessati dal capo, provati fisicamente e psicologicamente e quindi propensi all’alcol. In vino veritas e l’apericena è il modo migliore per farsi raccontare particolari unici di storie d’amore che poi io andrò immediatamente a raccontare nel mio blog. Questa è filantropia, chiamatela come volete ma è così.

Conosco A. da quasi vent’anni e di confidenze me ne ha fatte, con o senza apericena di mezzo. Dieci anni fa circa, A. vede B. e ha un qualcosa che potrebbe somigliare ad un colpo di fulmine: vorrebbe subito chiederle un appuntamento, ma purtroppo B. è impegnata da un po’ di tempo con un tale amico tra l’altro di A. Croce sopra, si direbbe, anche perchè non si conoscevano, non si erano mai visti, quindi non potevano sapere, al momento, se sarebbe potuto nascere qualcosa. I romantici direbbero ovviamente che era già amore, ma come possiamo dirlo noi, noi che viviamo nel mondo del fast and furious e che assistiamo quotidianamente alla distruzione di relazioni apparentemente inossidabili? Comunque, non ci sono stati pianti, disperazioni, digiuni o nulla di simile a quei sintomi inconfondibili che il grande Marquez chiama “gli stessi del colera”. Gli anni passano quindi, quasi dieci e ad A. viene riferito che B. aveva rotto col tizio e che quindi come si suol dire “era tornata sulla piazza”. Non ci pensa un secondo. A. chiede il suo numero e la invita ad uscire. Sono passati quasi due anni da quella volta: ora A. e B. stanno insieme e sono in procinto di andare a convivere. Si potrebbe riassumere il tutto con pochissime parole: una fortunata combinazione di eventi. Ma se questo non fosse successo, se B. fosse rimasta con l’altro, come sarebbero andate le cose? Quello che noi chiamiamo destino, è ciò che ci permette di incontrare la persona giusta al momento giusto? Ma la persona giusta, se gli eventi ci si mettono contro, la si può incontrare comunque?

A love story. Capitolo 7: Come Marquez insegna
Vi faccio un altro esempio. M. e L. si conoscono da tantissimi anni; M. è innamoratissima di L. e tenta in vari modi di corteggiarlo, ma L. pare proprio non essere interessato ad M. Sembrerebbe un semplicissimo caso di cotta adolescenziale a senso unico, questa. Se non fosse che gli anni passano, M. conosce altre persone che sembrano averle fatto dimenticare L.: decide di andare a convivere in un’altra città, molto lontana, lontana da L. Sembravano ormai aver preso strade diverse, ma L. e M. si ritrovano casualmente assieme ad altri amici in vacanza in Sardegna e lì, proprio lì, nasce l’amore. M. e L. ora sono sposati e stanno per avere un bambino.

Se la persona è quella giusta, il momento potrebbe essere sbagliato. Potremmo quindi non accorgercene subito, ma allora come si fa? Pare ci venga data una seconda chance, a questo punto. Marquez parlerebbe di attesa, che per lui può essere addirittura di mezzo secolo, ma che si aspetti o meno, che ci si faccia i fatti propri nel frattempo, che si vada a vivere dall’altro capo del mondo, il finale è sempre lo stesso: se è destino che ci si incontri o che ci si rincontri, prima o poi accade. Una mia compagna di classe delle superiori è tornata con il suo ex di quando avevano 14 anni, dopo vent’anni…Non si tratta di aspettare, alla fine. E non parlatemi dei soliti Big e Carrie perchè loro non fanno testo, anche se sono un perfetto esempio del concetto “il destino ci ha fatti incontrare, e cascasse il mondo prima o poi staremo assieme”. Aspettare non è sano, genera aspettative, appunto. Fermina si era immaginata chissà quale Adone ma poi quando ha visto Florentino, la delusione l’ha fatta scappare.

Il segreto è cogliere l’attimo, come sempre. Conservare l’incontro, magari non pensarci più per anni. Ma se qualcosa vi dice, anche se il tempo trascorso è tanto, veramente tanto, che ne vale ancora la pena, conoscere e frequentare quella persona che anche solo per pochi secondi aveva attraverato la vostra vita nel momento sbagliato, ascoltatelo. Potreste pentirvene, pentirvi di non aver vissuto, di non aver condiviso. E non c’è nulla di più brutto del rimpiangere un qualcosa che per vari motivi, non si ha avuto la possibilità di conoscere. Carrie alla fine ci ha creduto. Fatelo anche voi.


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