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A presto, ciao!

Da Nuvolesparsetraledita

A presto, ciao!

All’alba il cielo è grigio; nuvole cineree lo trascorrono, lo chiudono. Appena appena, verso est, si indovina un’ombra rosata: è il sole, è il giorno nuovo. Tre di novembre duemilaquidici, un anno che sta per finire, autunno inoltrato, nebbia. Il primo ghiaccio sottile sui vetri delle auto parcheggiate all’aperto, stringersi nella giacca un po’ leggera – non l’avevi considerato, non te l’aspettavi, questo brivido di freddo inatteso che ti mozza il respiro –  e ti pieghi, ti fai piccola per sopportarlo. I carpini ingialliscono, sul selciato le foglie aumentano; cadono altre foglie, si arrossano sui rami, infuocate fredde  ormai.

Lalolle adesso ha un altro cielo sopra di sè, l’hai lasciata domenica pomeriggio, hai raccolto fra le tue braccia le sue spalle scarne, hai carezzato i suoi capelli lunghi ricci colore d’autunno, le hai sorriso. Poi, l’auto che correva veloce verso il nord; il tramonto su Roma – tristezza infinita è crescere e cambiare per chi resta – il cielo azzurro, il mare – felicità venata di paura per chi sta provando le sue ali –  l’autostrada che si dipanava sotto le ruote, la distanza segnata da una lunga serie di sassi colorati –  le risate i ricordi i pianti – la lontananza che cresceva.

Durante  il giorno il cielo non è schiarito; nuvole azzurre lo coprono chiudendo quell’ombra rosata che all’alba sembrava  allargarsi da est. Appena appena, verso ovest,  un’ombra rossastra: è il sole, da qualche parte,  che tramonta. Tre di novembre duemilaquindici, un anno che sta per finire, autunno inoltrato, buio. Fa freddo, stasera, ti stringi nelle spalle, prepari una bevanda calda, accarezzi il gatto. La notte è qui, ormai, bussa con le sue zampette alle finestre; Lalolle al telefono ti rassicura: ha mangiato, è pronta a riposare, domani uscirà presto: c’è da fare quando il mondo è tutto da scoprire, se la vita è ancora da disegnare.

A presto, ciao!

                                                                                                             Le immagini sono di Muriel Mesini, da qui
I figli sono come gli aquiloni

I figli sono come gli aquiloni,
passi la vita a cercare di farli alzare da terra.
Corri e corri con loro
fino a restare tutti e due senza fiato…
Come gli aquiloni, essi finiscono a terra…
e tu rappezzi e conforti, aggiusti e insegni.
Li vedi sollevarsi nel vento e li rassicuri
che presto impareranno a volare.

Infine sono in aria:
gli ci vuole più spago e tu seguiti a darne.
E a ogni metro di corda
che sfugge dalla tua mano
il cuore ti si riempie di gioia
e di tristezza insieme.

Giorno dopo giorno
l’aquilone si allontana sempre più
e tu senti che non passerà molto tempo
prima che quella bella creatura
spezzi il filo che vi unisce e si innalzi,
come è giusto che sia, libera e sola.

Allora soltanto saprai
di avere assolto il tuo compito.

Erna Bombeck
Archiviato in:DIARIO, riflessioni Tagged: aquiloni, autunno, Erna Bombeck, figli, Muriel Mesini, novembre

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