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Agriturismo di plastica

Creato il 19 agosto 2013 da Symbel

Maialino allo spiedoHo sempre provato una certa diffidenza nei confronti dei racconti fantasmagorici di pantagrueliche mangiate in agriturismo.
Dico la verità, ho anche molta diffidenza nei confronti della ristorazione in generale, sono nato e vivo in Sardegna da sempre, la mia famiglia abitualmente frequenta gli arrosti, in casa dei miei genitori il barbecue raramente resta inutilizzato per più di sei giorni per ospitare carne, pesce, verdure e tutto quello che può essere trafitto da uno spiedo o dorato su una griglia quindi, perché andare a mangiare le stesse cose fuori casa spendendo (ma non sempre) di più?
Domanda retorica, lo so.
Per comodità. Per stare in compagnia. Per stare all’aria aperta. Per cambiare.
E allora cambiamo e andiamo a mangiare in un agriturismo in zona di villeggiatura estiva.
L’impressione mia è che gli agriturismi in Sardegna, perdonate la generalizzazione, ma è ad uso di un post su un blog altrimenti mi dilungo troppo, siano fatti a immagine e somiglianza dell’agriturismo che ha in testa il turista “continentale” che viene sull’isola.
Innanzitutto il nome, non dirò il nome di quello che ha riempito il mio stomaco per non fare pubblicità, ma è sicuramente scelto ad arte.
Supponiamo che il nome sia quello di una pianta della macchia mediterranea, supponiamo.
Supponiamo che il luogo sia “incantevole”, o così almeno secondo TripAdvisor, vista mare seppur con un potente binocolo.
Supponiamo che ad accoglierti ci sia un mega camino con un mega spiedo rivestito di maialetti sfrigolanti sopra la brace.
Supponiamo che l’arbusto che da il nome all’agriturismo sia sovraesposto e visibilmente piantato ad arte su un prato verde all’inglese(!) e non spontaneo.
Supponiamo che chi serve a tavola sia vestito in modo informale per sembrare rustico e che all’ingresso ci sia parcheggiato un trattore nuovo di zecca che nemmeno in un autolavaggio.
Sono lontani i tempi di luoghi simili quasi a spelonche, con i turisti fatti sedere su pietre o scomodi blocchetti e, in un certo senso forse è meglio così
Chi serviva ai tavoli era di una gentilezza da farti cariare i denti, rispondeva a qualsiasi considerazione o richiesta con un mieloso “grazie a te!”. Imbarazzante. Mi veniva voglia di buttare lì un insulto a caso per sentire se avrebbero risposto allo stesso modo e sono certo che sarebbe avvenuto.
Inutile dire che nel prato all’aperto ero circondato da turisti in brodo di giuggiole per il “porceddu” come lo pronunciano loro, per i formaggi, il vino e i dolci e il mirto e così via di stereotipi alimentari sardi. Ad un certo punto mi è venuta la tentazione di dire a voce alta: “questo lo puoi vendere come piatto straordinario al milanese, ma non a me che di questi dolci ne mangio appena usciti dal forno…” ma sarebbe stato un errore e mi sono vergognato solo a pensarci.
Lo so, lo so che non tutti gli agriturismi in Sardegna sono così però ci sono anche questi e sono molti, sempre di più.
Arriviamo al dunque, che è quello che poi conta: come ho mangiato? Bene, ottimo, per un prezzo tutto sommato onesto, penso che gli darò quattro stelle su TripAdvisor però non ci tornerò.



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