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Al Cinema (7): recensione "Mozes, Il Pesce e la Colomba"

Creato il 17 febbraio 2016 da Giuseppe Armellini
Cinema (7): recensione
Per certi versi il Big Fish ungherese.
Un giovane ragazzo e il suo tentativo di ricucire il rapporto col padre.
Anche se tutto questo avviene solo dopo che quest'ultimo è morto e lo segue come un fantasma.
Tra l'Andersson svedese (ma a colori, non grigio) e l'Anderson (Wes) americano, un piccolo film a tratti delizioso, tenero, grottesco e mai retorico.
Son passati appena due minuti dall'inizio, mi giro verso Rocco e gli dico "cavolo, ma questo è Andersson (quello del Piccione) a colori!"
Son passati 80 minuti, quasi tutto il film, e Rocco mi dice "Assomiglia ai film del regista del Piccione"
"Ma è quello che ti ho detto all'inizio!"
"Sì, lo so, te lo confermavo"
Abbiamo un altro Late Answer's Man?
E sì, quell'idea che mi è balzata in testa all'inizio poi si è confermata anche durante il film. A dir la verità non è che si sia straconfermata eh, ma nemmeno disattesa.
Perchè c'erano sti strani personaggi, questa mestizia, quest'atmosfera surreale, questi interni piccoli e tristi, queste facce strane.
Insomma, roba alla Andersson.
Però piena di colori, ma piena piena eh. Tanto che è come se all'Andersson svedese togliessimo una "s" e ci avvicinassimo ad un altro Anderson, Wes.
Siccome probabilmente era la giornata del bucio de culo (fortuna) delle intuizioni ho pensato subito che sto piccolissimo film ungherese assomigliasse per molti versi ad un altro film, il (vero) capolavoro di Tim Burton, Big Fish.
E quando nel finale mi sono ritrovato la stessa identica scena, un pesce ributtato in mare, per un attimo mi si è fermato il cuore, lo ammetto.
Cinema (7): recensione
In realtà Mozes è un film molto originale, a tratti delizioso, quasi sempre molto divertente ma con una sottotraccia di profondo dolore.
Mozes è un adolescente con problemi mentali. In realtà, secondo me, lui sta benissimo, è solo che si è ritrovato un padre padrone che lo ha letteralmente schiacciato, lui e i suoi precetti etici e religiosi.
La madre lo ama e vorrebbe pure dimostrarlo ma anche lei (personaggio splendido) si è ritrovata schiacciata dalla figura del marito e da quella della sorella di lui, la zia di Mozes insomma.
Quest'ultimo, la zia dico, è un altro grandissimo personaggio, pacchiano, esagerato, grottesco come la signora imbellettata di Pirandello.
Un personaggio felliniano per dirla con Rocco.
Sta di fatto che Mozes torna dal manicomio. Passa del tempo col padre ma il rapporto non riesce minimamente a ricucirsi. Poi il padre muore (magnifica scena in ralenti, con quella metafora dei cocci della statua e quelli in casa a richiamare il cuore "rotto").
Il problema è che Mozes, dopo la morte, il padre continua a vederlo, in carne e ossa eh, ma sotto forma di fantasma.
Cinema (7): recensione
E avremo così per tutto il film questa strana coppia.
Il padre probabilmente, anche se nel film non viene mai data una risposta, rimane tra i vivi perchè in qualche modo deve riuscire rimediare a quello che era, per una sorta di senso di colpa da emendare.
Vedendolo dalla parte di Mozes invece potremmo immaginare quella del padre come una figura troppo importante, una figura di cui il ragazzo non riesce a liberarsi.
In realtà in queste nuove vesti è Mozes a "comandare" il padre, a dirgli come comportarsi e cosa fare.
Quasi una specie di riscatto che si unisce però ad un desiderio di affetto reciproco mai provato in vita.
Il film, come dicevo, è a tratti delizioso, girato benissimo, con degli attori formidabili (lui, Mozes, gli vuoi bene dopo 5 secondi, alla sua sorellina pure) e pieno di inquadrature degne di un occhio ispiratissimo.
Se ci sono parecchie cose che non convincono (su tutte la figura del meccanico-santone, la presenza troppo reiterata e a volte fastidiosa del padre fantasma e un finale dove incredibilmente sembra che si sia dimenticato di chiudere il busillis principale del film, la figura del fantasma appunto) è anche vero che questi sono i film che adoro.
Io li chiamo malincomici, per unire le due sensazioni.
Quello che però convince di più è il racconto di formazione che riguarda Mozes.
Mozes sembra debolissimo quando in realtà riesce col sorriso a superare sempre tutto.
Mozes conoscerà l'autostima, la stima altrui, l'amore, il sesso, la forza di andare avanti, la potenza di un abbraccio. Mozes conoscerà la vita tutta, malgrado non gliene vada bene una.
Forse, come in Big Fish, quel pesce simboleggiava il padre e rimettendolo in acqua si libererà per sempre di quella figura al tempo stesso così importante ma castrante.
Tenero, divertente, surreale, mai retorico, sempre leggero anche quando scava in profondità, questo è un piccolo film da vedere.
Cinema (7): recensione
Ma c'è una scena, una scena di soli 3 secondi che mi è sembrata meravigliosa.
Siamo alla recita (e tutta la sequenza è formidabile).
La bimba bulletta viene chiusa nell'armadio (e anche qua abbiamo la dimostrazione di quanto Mozes stia acquistando autostima e forza).
Mozes va dalla sorellina, una piccola bambina adottata vessata da tutti, a scuola come in famiglia (madre a parte che, si vede, amerebbe tutti ma non ha la forza di dimostrarlo).
Mozes ke mette al volo un paio d'ali, la bimba deve entrare in scena vestita da angelo.
E io in quei tre secondi in cui il "fratello" maggiore (un ragazzo che ha avuto mille difficoltà), mette un paio d'ali alla sorellina (che ne sta passando quante lui) dopo averla difesa dai bulli, l'ho trovata una metafora di una forza e bellezza abbacinante.
Due giovani vite a cui tutti stanno tarpando le ali non possono che trovare la forza di mettersele l'un l'altro.
Che tra angeli ci si riconosce.

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