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Aldo Vallone e l’Unità d’Italia

Creato il 20 novembre 2014 da Cultura Salentina

Aldo Vallone e l’Unità d’Italia

20 novembre 2014 di Augusto Benemeglio

Squarci di memorie salentine

© Pasquale Urso: Gallipoli (Incisione)

© Pasquale Urso: Gallipoli (Incisione)

Estate: fine degli anni ’80, terrazza dell’Anmi di Gallipoli. Io guardavo il professore Aldo Vallone , che alzava la tazzina del caffè , con quella sua mano candida, con quella sua aria che fa e disfa le cose , con quella sua voce ch’era piena di voci e di echi. In lui ,pensavo, c’erano tutte le pagine della letteratura, della storia, della geologia, i planetari e gli edifici invisibili.

“Il linguaggio dell’uomo – disse – è un granello appena, ma bruciante sulla palma dello spazio. E l’uomo del sud, in particolare non matura , o quando matura è già vecchio. Eppure l’uomo del Sud è Omero, Eschilo, Euripide, ha sillabe ancestrali incandescenti, ha maree lune voci in fondo alle scale; ha trombe sonore , radici che spezzano il silenzio della storia, o rami che alzano case di suoni, e la notte si appoggia a lui per dormire. Dai dadi bianchi delle case di Bodini non escono numeri da giocare al lotto, ma uomini con il loro carico di speranze e un destino quasi sempre drammatico, tragico”.

Anch’io – professore – ho sempre pensato che il salentino è attraversato come da un pensiero azzurro e nero, inscindibili. Come noi ora , guarda verso il mare , che si solleva fino al grido più bianco, quel mare che quando si risveglia è come un gemito rabbioso che ti conficca le unghie nella nuca, ti squarcia strappandoti gli occhi, e sgretola le torri di sabbia. Verrebbe da dire, come quello scrittore sardo, Angioni, ma a che serve tanta acqua azzurra?. Mi guarda un po’ perplesso. Forse il nostro Sud non ha mai avuto una vera patria, non ha mai veramente fatto parte dello Stato Italiano, è così , professore?

Già, è proprio così. Ma tu lo sai che disse Cavour a Luigi Carlo Farini al momento di assumere il governo del Mezzogiorno come luogotenente generale? : “Ma caro amico, che paesi sono mai questi! Che barbarie! Altro che Italia! Questa è Affrica: i beduini a riscontro di questi caffoni sono fior di virtù civile!” Da queste considerazioni è nata l’Italia Unita, capisci? Unita da che cosa? Dallo scontro , da questa contrapposizione razzistica tra Nord e Sud, due Italie abitate da due stirpi diverse destinate a non incontrarsi mai. Con la scusa del brigantaggio, centomila soldati calarono al Sud dal Piemonte, uccisero centomila contadini, neanche un decimo di essi erano briganti, e neanche un centesimo sanfedisti e filoborbonici. Erano soltanto affamati. Ma i generali Lamarmora e Cialdini non lo sapevano. O meglio non gliene fregava niente. La durissima guerra contro il presunto brigantaggio fece più vittime delle guerre d’Indipendenza. Ma questo pochi lo sanno, o nessuno.   Ed è su questi sedimenti che sono fiorite nel tempo teorie e pregiudizi fino alle opinioni del professor Miglio, maestro e parlamentare della Lega di Bossi e compagni. Ma noi non schiviamo le spade, questo ti voglio dire, amico mio. Non avere paura di questa notte infinita, che – lo sappiamo – è identica allo strazio dei nostri avi. Diamoci le ferite che dobbiamo e alziamo il tiro fino alle stelle. Non tiriamoci indietro. Mai, in nessuna circostanza.

Per un attimo mi venne in mente il “Cristo” di Levi: “Mi è grato riandare con la memoria a quel mondo chiuso , serrato nel dolore e negli usi, negato allo Stato e alla Storia…Qui Cristo non è mai arrivato e neanche la speranza”.

Già. Eppure se Levi avesse potuto conoscere uno come Pierro , che ha riscoperto una lingua antica come il tursitano, capace di aprire le porte , con la sua poesia , che aveva il mite respiro che t’incanta (“Vorrei tornare per sempre dove ci scorre/ come fra dirupi l’acqua, la vita mia”) , sarebbe stato un bel sodalizio. I Lucani poi erano alleati di Taranto , dove governò Archita, discepolo di Pitagora che in queste contrade elesse il numero a misura di tutto il creato, e questo quando i popoli del nord erano ancora avvolti nel tunnel del primitivismo e della più assoluta barbarie. Dalla preistoria del Trullo , dal dolmen alla pagliara salentina, sempre domina il rigore della linea e del compasso, in quello stile geometrico dei primi vasi apuli. Anche nei tempi più vicini a noi abbiamo avuto i Giannone, i Castromediano, i Salvemini, i De Viti de Marco ,i De Giorgi ,i Perotti, i Carano Donvito ,i Fiore, gente di studio e di lotta che scendeva nelle piazze a fianco dei braccianti che la sera vendevano muscoli a giornata . Sono loro che ci hanno dato carattere , che ci hanno insegnato a essere popolo , a essere liberi contro imperatori re vicerè baroni , sono questi i nostri eroi che non ebbero paura di affrontare galere esili e forche. Ma non ci è servito a niente. Oggi le radici del Sud continuano ancora a bere il buio e il fiele dell’Italia del Nord , mangiano la luce accecante dei cieli , guardano gli alberi che sono incandescenti, e la vegetazione è fatta di lampi, geometrie, echi: l’uomo del Sud è quello che continua a scrivere poemi inutili e sale lungo i ponti dell’arcobaleno per straniarsi, dimenticare, obliare se stesso e il mondo , come sale il giorno sulla palma dello spazio.

Roma, 24 ottobre 2014


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