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alessia e mcihela orlando: FEDERICA GAZZANI-CANTO AFRICANO E IL SUO MONDO SENZA VELI

Creato il 26 agosto 2010 da Gurufranc

alessia e mcihela orlando: FEDERICA GAZZANI-CANTO AFRICANO E IL SUO MONDO SENZA VELI

alessia e mcihela orlando: FEDERICA GAZZANI-CANTO AFRICANO E IL SUO MONDO SENZA VELI

IL MONDO INTERIORE DI FEDERICA GAZZANI

Federica Gazzani: messa a nudo; senza alcuna resistenza, ci dice tutto di se, tutto ciò che la letteratura talvolta cela dietro le parole e le invenzionidi un Autore. Ci pare evidente la sua umanità, la sincera voglia di dire di se, ovvero dire di questa umanità, che spesso si nasconde dietro immagini patinate, dietro una irraggiungibile  e inutilmente inseguita bellezza. Ci pare anche evidente che ogni tipo di bellezza, sia essa interiore che fisica, non possa essere incorruttibile. Al di là del tempo, che attenta in ogni caso la carnalità come le pieghe del cervello, votate ai turbamenti delle dimenticanze, è l'eterogenea esistenza delle culture che in fondo in fondo generano un panorama così ampio e soprendente in cui ciò che qui è brutto lì è, invece, bello. La cultura  che si fa culto, pratica, emancipazione, dove  la differenza è ricchezza. Non è forse vero e accettabile, lo dicono i nostri cugini francesi, che la differenza è una ricchezza? ("Vive la difference" è la loro espressione; la amiamo alla follia). Questa è una globalizzazione che amiamo: Federica ci insegna che il mondo è: questo esistere va solo considerato come dato ineludibile che, questo no, non può essere corrotto. Ci parla anche del suo sud: dell'anima. Ed è bella, Federica, quando ci dice di se, delle zone oscure che l'hanno abitata (a chi non accade?), della sua  depressione conbattuta con la scrittura. Ci dice anche dei suoi viaggi, della spola Svizzera-Italia, della madre ottantenne, del nipote che ha avuto un grave incidente, delle lacrime che talvolta spuntano a Natale, delle risate da imitazione, dei suoi desideri. Ne abbiamo anche noi uno: riuscire a trovare una immagine che la rappresenti. Verificheremo se ci siamo riuscite.
 

INTERVISTA

 

 

D. IL DRAMMA. Sei spalle al muro; hai rinunciato a essere bendata; davanti al plotone di esecuzione: doppia fila di soldati; in una tutti inginocchiati, nell'altra in piedi. Uno solo ha il proiettile a salve. L'ultimo pensiero…

 

R. … va al cielo, all'entità superiore dai molti nomi affinché sia clemente: con me per una morte veloce e indolore, con i soldati per una mira dal colpo perfetto. E proverei paura e sgomento, mitigati dalla convinzione di tornare su questa terra per una nuova vita e un nuovo percorso evolutivo... "un ultimo sguardo al futuro".

 

 

D. E l'ultimo desiderio? Lo abbiamo scelto tra un pasto speciale, una sigaretta, una penna e un foglio o che altro ancora?

 

R. Nessun dubbio: la sigaretta! E che sia della mia marca preferita!

Risposta un po' scontata per una fumatrice accanita che da anni cerca inutilmente di smettere, ma se a quel tempo (che immagino moooolto remoto) dovessi avercela fatta, allora carta e penna per ricordare il mio affetto a tutte le persone alle quali non l'ho ripetuto abbastanza spesso. Se poi potessi avere un PC, allora vorrei scrivere l'ultimo, fantastico ed entusiasmante romanzo sulle riflessioni di una condannata a morte, naturalmente lunghisssssssimo.

 

 

D. Se avessi scelto la penna e il foglio: a chi vogliamo scrivere? Perché? E cosa dirgli?

 

R. Ecco. Mi avete fregata perché ho appena risposto!

Però posso aggiungere che se non potessi avere il PC ma la concessione di un secondo foglio invece di uno solo, ci annoterei le indicazioni testamentarie.

 

 

D. Sei stata salvata dal provvido intervento di due gemelle che, lancia in resta, adesso ti portano in salvo. Sei sullo stesso cavallo con una delle due. Cosa le dici?

 

R. "Chi sei?" ma la domanda mi rimane in gola perché nella figura appesantita - solo un po' -  delle amazzoni gemelle, riconosco due mie carissime amiche con le quali ho vissuto fuori casa dai quindici ai diciassette anni. Una era piccolina e bionda l'altra alta e mora, ora, lancia in resta, hanno entrambe rosse e lunghe chiome al vento, e una bravura nel cavalcare del tutto sorprendente.

Mi sa che iniziamo a raccontarci le rispettive vite dal momento in cui ci siamo perse di vista.

 

 

D. E dove desideri essere portata?

 

R. In Africa, naturalmente. Non importa dove ma in un posto senza conflitti o guerre, su una costa bagnata dall'oceano, tra "la mia gente".

 

 

D. Non è una novità: questo è un nostro scatto. Ci regali l'incipit del tuo prossimo libro lasciandoti condizionare-ispirare da ciò che vedi?

 

R. "Difficile salire, impossibile varcare nuovamente quella soglia.

È stato un attimo, è bastata la distrazione di un clacson dalla strada: lui mi ha raggiunta e con un solo colpo mi ha lacerato la carne. Ne ho lasciato frammenti con i brandelli di jeans sul pavimento, gli uni e gli altri ugualmente intrisi di liquidi organici: il sangue sgorgato a fiotti, l'urina scesa lentamente a riscaldarmi le gambe mio malgrado."

 

 

D. Adesso sei davanti alla maga che è in grado di dirti il tuo futuro, tutto di te nei prossimi cinque anni. Lo vuoi conoscere o già lo conosci?

 

R. Purtroppo lo conosco già e proprio per questo mi piacerebbe essere sorpresa, dalla maga e dal futuro. Mi aspettano continui viaggi  tra la Svizzera e l'Italia per approfittare il più a lungo possibile della compagnia di mia madre ultraottantenne e di un nipote che, come un gladiatore, sta facendo di tutto per riprendersi da un grave intervento.

 

 

D. Nei tuoi programmi potrebbe entrare un libro giallo, horror, di fantascienza…?

 

R. In realtà ho già scritto un giallo che sta partecipando a un importante torneo letterario. È tra i 200 semifinalisti (1500 al via) ma, senza essere disfattista, sono certa che a settembre verrò sbattuta fuori. Non ne posso parlare perché è d'obbligo l'uso di uno pseudonimo e non vorrei rischiare di dare indizi.

Quello che posso dire è che dopo "Canto africano" - il mio romanzo autobiografico d'esordio - ho deciso di mettermi alla prova con un testo completamente di fantasia e che, oltre alla trama, richiedesse anche un intreccio ben costruito.

Durante la scrittura ho comunque avuto la conferma che - scusate se sono retorica ma l'ho toccato con mano! - in ogni storia c'è sempre una parte autobiografica dell'autore, soprattutto per quel che riguarda le emozioni che non potrebbero essere raccontate senza prima essere vissute.

 

 

D. Per farti cambiare idea cosa occorrerebbe fare? Come corromperti?

 

R. Dovreste corrompermi per farmi scrivere un libro di fantascienza: viviamo già nel futuro senza doverlo immaginare diverso. Pensate alle invenzioni di Leonardo, ai romanzi di Jules Verne o alle profezie di Nostradamus... con la promessa di una pubblicazione a grande tiratura, potrei partire da quest'ultimo e creare intorno a una delle sue profezie tutta una meravigliosa storia fantascientifica, ci metterei anche i cerchi nel grano e gli alieni. Ma dovreste garantire una pubblicazione dalla distribuzione capillare su tutto il territorio!

 

 

D. Sappiamo in qualche maniera del tuo concetto di geografia. Ci interessa anche quella dell'anima: quanti sud conosci?

 

R. Purtroppo uno solo: quello più oscuro e doloroso della depressione, che mi ha portato a scrivere "Canto africano". Senza più coordinate, affetti e stimoli vitali, non mi vergogno di confessare che l'unica cosa alla quale sono riuscita ad "aggrapparmi" è stata la scrittura.

Avevo la storia già pronta, quell'avventura vissuta in prima persona che sembrava proprio un romanzo di fantasia, e la paura di perderne per strada i ricordi, gli odori, le emozioni. Così l'ho usata come forma di terapia, per avere non solo qualcosa che distraesse i miei neuroni ammosciati e stanchi, ma anche che risvegliasse il cuore e i suoi derivati.

La pubblicazione, quella è stata una decisione conseguente la vincita dei premi.

 

 

D. CANTO AFRICANO: riteniamo sia anche un titolo indovinato. Lo hai scelto tu? Le alternative quali erano? E il primo che ti era venuto in mente? La fase di editing ha richiesto interventi importanti? Modificheresti qualcosa adesso, dopo i giudizi critici di amici e lettori? Potrebbe esserci un sequel? Cosa hai nel cassetto? Lascerai passare così tanto tempo per raccontarci ancora qualcosa accaduta tanto tempo fa? Se si volesse ricavare dal tuo libro: un film corto; un film lungo; una serie televisiva; un fumetto, chi vorresti fosse per ogni ipotesi il regista? Perché?

 

R. Il primo titolo scelto era "Lezioni di viaggio" perché partivo dal presupposto che Danny, il ragazzo africano con il quale ho intrapreso il viaggio, mi portasse alla conoscenza vera dell'Africa e delle sue tradizioni; poi sono passata a " Mal d'Africa" per l'attaccamento che mi è rimasto a quella terra; infine ho scelto "Canto africano" per diversi significati: vuole essere un inno al continente nero, si parla di musica durante tutto il romanzo, ho inciso due dischi cantando in togolese e camerunese, oltre che in inglese e francese. Mi è sembrato il più azzeccato.

La fase di editing è stata faticosa perché ci ho rimesso le mani talmente tante volte che alla fine ne è risultato un romanzo dallo stile completamente diverso. La caratteristica principale di un autore alle prime armi è la tendenza a scrivere frasi lunghissime ripetendo spesso gli stessi concetti. Vi faccio un esempio: "Lei camminò a lungo sulla strada di quella città mentre pensava a come tornare a casa". A me sembra molto più efficace: "Camminò a lungo con un unico pensiero in testa: tornare a casa!", perché è chiaro che:

-   quella città è già stata anticipata dalla descrizione di uno spostamento

-   si cammina per forza su qualcosa e non per aria

-   il mentre è superfluo perché le azioni di camminare e pensare si svolgono contemporaneamente

Credo di averlo corretto e/o riscritto almeno sette volte prima di esserne parzialmente soddisfatta e alla fine - ahimé! - sono rimasti comunque alcuni refusi. Lo riscriverei da capo, ma credo che quella del non essere mai completamente soddisfatti sia una caratteristica comune a tanti scrittori esordienti.

Nonostante alcuni lettori mi abbiano scritto per sapere il seguito, non ci sarà mai un "Canto africano 2, la vendetta", sarebbe banale e scontato. Ho in mente un altro romanzo autobiografico sulla ricerca della consapevolezza e sulle mie esperienze in India, ma per il momento sono concentrata sul giallo di cui vi ho parlato, e aspetto l'esito del torneo.

Da "Canto africano" si potrebbe facilmente ricavare un film e, per dirla tutta, l'ho presentato a una casa di produzione che lavora con Mohammed Soudani, regista africano trapiantato in Svizzera (purtroppo poco noto in Italia), molto sensibile e bravo a far emergere risvolti sconosciuti della sua terra. In alternativa, mi piace pensare a Salvatores e alla sua capacità di dare spessore all'anima dei protagonisti dei film.

 

D. Ci avviamo all'epilogo. Non piangere, su…Piangi spesso? Ti emozionano il tramonto, la nascita di un bambino, un animale morto?

 

R. Tutti i vostri esempi mi emozionano, in modo diverso uno dall'altro ma non mi portano a piangere. Piango sicuramente davanti alla tv quando una persona viene "riconosciuta" nella sua interezza, con i suoi bisogni e le sue fragilità, oppure quando si ricongiunge con i familiari.

Quanto ho pianto sul finale di "Il piccolo lord" o "L'incompreso"! E ogni anno, quando si avvicina il Natale e tutte le tv ripropongono gli stessi polpettoni lacrimevoli, io ci ricasco nonostante i migliori propositi.

 

 

D Ti fa ridere osservare una persona cadere? E se gli altri ridono lo fai a crepapelle anche tu o resisti?

 

R. Non riesco a ridere di una persona che cade per una questione di empatia, provo piuttosto disagio o imbarazzo a seconda delle situazioni. Quando invece sono circondata da persone che ridono a crepapelle (ma non alle spalle di qualcuno), allora parto in quarta anch'io e arrivo alle lacrime senza riuscire a trattenermi.

 

 

D. Ultima domanda: non si può non farti un regalo; lo facciamo volentieri. Eccoti la Lampada di Aladino. Basta la possibilità di vedere esauditi tre desideri? Su, sfrega…

 

R. Intanto grazie, regalo apprezzatissimo!

Tre desideri sono più che sufficienti e anche banali. Vorrei:

1) la salute per me e i miei familiari

2) la forza e la pazienza per raggiungere una consapevolezza sempre maggiore

3) la capacità di migliorare il mio stile di scrittura fino a smettere di sentirmi solo un'esordiente che racconta storie

 

Le illustrazioni: I - Cavallo del Pisanello; è al Louvre.

II - La Battaglia di Anghiari (Leonardo), copia di Paul Rubens.



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